L’incantesimo del mondo
di Tiziano Bellucci
L’umano è un essere posto entro un sortilegio, che gli occulta la vera natura della realtà che lo circonda, al di fuori di sé e dentro di sé.
Tramite l’osservazione sensoriale non gli è data la realtà intera; l’immagine del mondo consegnatagli dai sensi è qualcosa d’incompleto, ed è proprio questa la causa occulta della continua insoddisfazione che lo accompagna sulla Terra: il mancargli la metà della realtà. Non si deve neppure credere che sia la Natura a voler nascondere all’uomo il suo vero Essere: è l’umano ad essere fatto in modo da celare a se stesso l’aspetto reale del mondo. Nessun Trascendente si nasconde: è solo l’uomo che non riesce a scorgerlo.
Il segreto inconosciuto dalla specie umana, è il mistero dell’ignorare che essa non è affatto separata dal mondo: non esiste alcuna distinzione fra Uomo e Universo. Non vi è dualità o molteplicità; ogni ente o essere è una particella, che inconsapevolmente collabora alla vita di un organismo universale di cui è parte integrante.
Per afferrare ciò, occorre indietreggiare alcuni miliardi di anni, per giungere ad una fase in cui si scopre che l’evoluzione della coscienza del cosmo, necessitava dell’acquisizione di una qualità mai posseduta prima in altre precedenti evoluzioni: afferrarsi con una auto-percezione. Essendo una in sé, e non avendo niente al di fuori di sé, la Forza agente nell’universo non avrebbe mai potuto sapere di sé. Si potrebbe dire che come caratteristica e prerogativa ideale di questa attuale evoluzione cosmica, lo spirito dell’universo sentì sorgere in sé la necessità di costruirsi un’identità.
Se nel mondo non esistesse nessuna opposizione, quindi se mancasse un quid a crearla, la creazione non farebbe altro che effondersi al proprio esterno, e non incontrando resistenza, non potrebbe mai ritornare in sè per arrivare a domandarsi qualcosa sui suoi scopi o la sua origine. Non vi sarebbe nessuna possibilità di consapevolezza del proprio stato di esistenza.
Mano a mano, lungo i milioni di anni, vennero generate le condizioni affinché potesse comparire, ad un dato momento, una entità che percepisse, da un lato le cose esistenti nel mondo, e che dall’altro potesse farsi domande su che cosa esse siano. C’era bisogno di un essere che contrapponesse le forme ai contenuti. Cosa mai accaduta prima ad una forza universale: avere autocoscienza di sé. Tale entità prescelta per questa missione è l’Uomo.
Il contenuto del mondo non doveva, a tutta prima, offrirsi a lui nella sua vera natura, ovvero nella sua unità, ma in modo artefatto: duplice; la realtà doveva dapprima presentarsi sotto la forma di un’apparenza, come oscuro simbolo esistente nel mondo esterno; poi subito dopo, da forma muta, doveva rivelare il suo interno come contenuto, tramite l’elaborazione pensante.
La realtà universale dovette spezzarsi in due per la coscienza umana: doveva comparire un soggetto e una molteplicità di oggetti. Si doveva avere dapprima una percezione della forma, la quale fungendo da stimolo andasse a stimolare, da parte della mente umana, la ricerca di un concetto corrispondente. Non si sarebbe mai potuta realizzare una coscienza dell’esistenza di un mondo esteriore, che origina di conseguenza l’esistenza di un mondo interiore, senza la separazione illusoria fra oggetto e soggetto.
La distinzione percezione-concetto, o soggetto-oggetto da un lato è indispensabile per il sorgere dell’autocoscienza umana, ma dall’altro lato è l’inganno che causa la perdita della consapevolezza di unitarietà fra uomo e mondo. Sino a che l’uomo si limita a pensare e a percepire nel modo consueto, si sbarra l’accesso alla conoscenza della realtà in cui è posto il suo essere.
L’umano che compare sulla Terra, si crede sconnesso dal resto del mondo solo in virtù di questa grande illusione, di un artifizio escogitato da Forze superiori, che si attendono da lui qualcosa di ben preciso: qualcosa di più che il conoscere, il rappresentarsi, lo scoprire i fenomeni e le leggi che regolano il cosmo; qualcosa di più che non sia il solo godere delle cose che lo attorniano; qualcosa di più che non sia il ripetere in astratti concetti e teorie scientifiche ciò che tali Forze conoscono bene, essendo artefici della realtà esistente. Quello che viene richiesto all’uomo è di essere il portatore di una nuova forma di coscienza, capace di separarsi e di distinguersi dal Tutto, per poi riunirsi liberamente ad Esso, conservando in quell’atto, la facoltà di sapere di sé.
L’aspirazione o l’anelito del singolo alla veggenza sovrasensibile, non è espressione di un’ambizione puramente egoistica, ma il presentimento di una futura facoltà di percezione, che per via evolutiva naturale, diventerà comune in ogni essere umano. E’ il presentire l’urgere di una forza che ricollegherà l’uomo con il mondo spirituale, la quale vuole diventare operativa, per necessità cosmica diveniente. Chi la avverte già da ora in sé, sperimenta in anticipo, sotto forma di anelito, ciò che nel futuro sarà una facoltà acquisita nei millenni dall’umanità.
“Tale facoltà veggente richiesta all’uomo, è il senso dell’evoluzione cosmica e l’unico modo per realizzare la pace e l’amore sulla terra: solo attraverso una ricongiunzione fra ciò che invisibilmente costituisce il tessuto del mondo sensibile, si attuerà una collaborazione consapevole fra uomo e divinità. Allora cadrà ogni mistero, ogni dramma, ogni sofferenza, ogni incomprensione, ogni delitto. Perché tutto questo esiste solo a causa dell’ignoranza da parte dell’uomo del principio di unità indissolubile di ogni cosa, umano compreso, nello spirito.”
Premesso tutto ciò, si provi ora a considerare come avviene un ordinario processo di conoscenza umana. Nel corso di una osservazione, accade che nella coscienza, il dato (forma dell’oggetto) e l’idea (contenuto qualitativo), appaiono sempre separati: da una parte l’uomo vede fuori l’oggetto, dall’altro sente sorgere dentro di sé il contenuto.
Fuori: oggetto percepito;
Dentro: concetto intuito.
Ciò che accade è un gran bene per la salute umana: se non vi fosse una tale artificiale separazione che rendesse possibile un sentimento di distinzione, di confronto a qualcosa di esterno, ogni uomo diverrebbe un malato schizofrenico. In realtà non vi è né forma né idea, non esiste un oggetto e un soggetto: esiste solo l’Universo che osserva una parte di sé stesso proiettata fuori per incanto. L’universo Uomo.
La realtà unica totale si scinde quindi, per la coscienza umana, in due parti o momenti: percezione e concetto. Essa fa ciò solo per rendersi provvisoriamente conoscibile all’uomo. “Ogni conoscenza è un tentativo microcosmico escogitato dall’Essere macrocosmico, per incontrare sé stesso nell’altro: senza ancora saperlo.”
Con la percezione ci appare così un quid di esterno; è questa che causa la comparsa nel nostro interno del concetto dell’ente osservato. Tramite percezione e concetto, si attua un’intuizione della quale non siamo consapevoli nell’atto in cui si realizza. Intuire (intus-eor: sono dentro a – sono portato dentro a – m’identifico a).
La corporeità fisico-animica scinde in due il processo di intuizione: essa crea una particolare condizione in cui si realizza una “illusoria distinzione” dall’unitaria condizione reale, di un soggetto che guarda un oggetto, mentre prima o dopo la percezione-concetto o intuizione non vi è né l’uno né l’altro, ma solo un essere unico: l’Uni-verso.
Grazie alla separazione si origina l’autocoscienza umana, ma viene perduta una parte della realtà dell’oggetto percepito; si perde il suo contenuto essenziale, come essere vivente. Da pulsante e vivente quale sarebbe, nel suo darsi come conoscenza ordinaria si produce un atto di “caduta” del pensiero vivente: scade in pensiero astratto. Di conseguenza si dice che l’uomo non sa pensare il vivente, e a ragione, perché esso non si può pensare, ma solo esperire.
La vera intuizione che compare contraffatta nell’anima come ordinario concetto, sarebbe ciò che è in grado di cogliere la manifestazione di una realtà trascendente, così come la percezione è in grado di cogliere la manifestazione di una realtà materiale. Ma perché ciò possa avvenire non deve essere compiuto un atto duplice, ma unico. Il pensiero non deve venire usato come processo di elaborazione a seguito di un’osservazione, ma come mezzo di percezione. Il pensiero deve smettere di pensare, ma incominciare a guardare, così come l’occhio osserva un colore, che non ha bisogno di essere pensato per darsi come tale. Si può quindi dire: ogni concetto conquistato a mezzo della percezione dei sensi, è in realtà un’intuizione spirituale alterata, recante in sé la metà della realtà.
L’uomo giunge quindi alla conoscenza ordinaria delle cose, solo dopo aver compiuto una inconscia riunione di percezione e concetto. Per giungere ad una conoscenza vera e totale della realtà, si sottintende quindi che occorra superare l’ordinaria facoltà di conoscenza; occorre che da inconscia, si realizzi una consapevole riunione di percezione e concetto: “solo la riunione di percezione e concetto realizza la piena realtà”.
Esiste una possibilità per realizzare tale sospirata e sopracitata “riunione”? La religione, con il suo re-ligo (ricongiungo) ci ha provato per secoli: lo sta ancora facendo. Non si può certo credere che ciò sia possibile attraverso l’ordinaria attività pensante o tramite un religioso approccio. “Il pensare intuitivo è una percezione spirituale afferrata senza organo fisico”; per attuare l’attività pensante di cui qui si tratta, si deve divenire capaci di svincolarsi dall’organo cerebrale.
Non si tratta quindi di un ampliamento della capacità intellettiva umana, ma di un suo superamento. E neppure si tratta della ricerca di un mondo spaziale o temporale oltre le galassie, nel quale si possa trovare tale condizione univoca. Tale mondo è già qui: attende soltanto di essere percepito secondo la sua vera natura. Non si deve partire da un allargamento della coscienza umana, da dalla modifica del suo attuale stato, superandolo in termini di presenza cosciente.
Il superamento dell’usuale pensare e dell’ordinaria conoscenza, viene indicato da tutte le tradizioni esoteriche di tutti i tempi, in tre modi: attraverso la tecnica della concentrazione, della meditazione e della contemplazione; tutte queste tecniche portano all’esperienza del “pensiero libero dai sensi”. Vogliate perdonarci se pedantemente sottolineiamo “pensiero libero dai sensi” per dar modo di non equivocare null’altro che “pensare svincolato dal sistema neuro sensoriale”.
L’umanità deve divenire capace di pensare senza usare il cervello: cosa impossibile per l’umano comune, ma possibile per l’uomo. Si deve sapere che non esistono ancora gli uomini: si tratta di usare la base umana per far nascere da essa il Vero Uomo.
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Estratto da Il Suono della luce di Tiziano Bellucci
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Prof. Tiziano Bellucci, nato a Castelfranco Emilia (Modena- Italia) il 21 maggio 1962, ricercatore e antroposofo.
Autore e compositore di brani di musica moderna, ha gestito per oltre un decennio uno studio di registrazione a Modena in qualità di ingegnere del suono e di arrangiatore musicale per giovani autori. Attualmente è impegnato come insegnante di chitarra e tastiere, a Bologna presso una struttura privata (Villa Serena, via della Barca 1) nella quale è inclusa una scuola di musica ad indirizzo steineriano rivolta soprattutto ai giovani.
È docente presso la scuola di arte-terapia antroposofica “Stella Maris” www.associazionestellamaris.i, come insegnante di antroposofia di R.Steiner. Fa parte della Società antroposofica universale di Dornach (Basilea). È conduttore, relatore di diversi scritti sul sito http://www.esonet.org/articoli-antroposofia
L’Antroposofia è una Scienza fondata da Rudolf Steiner. Rudolf Steiner ha fondato l’antroposofia partendo da solide basi filosofiche costituite dal transcendentismo di Fichte e Schelling, la fenomenologia di Hegel e nelle opere sia poetiche che scientifiche di Goethe. “La conoscenza e le esperienze quotidiane che fa l’uomo nel mondo, possono essere benefiche, reali ed autentiche soltanto se concepite attraverso un pensiero capace di praticare un’unificazione di arte, scienza e spiritualità.”
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