Quarantacinque secondi d’Eternità: l’Esperienza di pre-morte di Nicole Dron
di Nicole Dron, traduzione italiana di Sebirblu
La continuazione dell’esistenza dopo la morte fisica è un argomento molto discusso e controverso. Tuttavia, la maggioranza delle persone crede nella sopravvivenza dell’anima e che oltre il corpo fisico e la vita materiale, possa esserci altro.
Ovviamente la scienza ufficiale e alcune religioni, tendono a escludere questa possibilità, volendo far credere (per convenienza o ignoranza) che il corpo fisico sia solo una macchina biologica e nulla di più. L’esperienza vissuta dalla francese Nicol Dron, (una delle tante testimonianze al riguardo) dimostra invece esattamente il contrario, ossia che l’Anima umana o lo Spirito, sopravvive alla morte del corpo fisico, confermando di fatto una meravigliosa e semplice verità, e aprendo nuovi incredibili orizzonti di consapevolezza nell’essere umano.
Nicole Dron è stata una delle prime persone a raccontare la sua esperienza di pre morte. Nel 1978, superando i propri timori e affrontando lo scherno e la derisione iniziale della gente, decise di raccontare pubblicamente la propria storia alla televisione e alla radio e di tenere delle conferenze.
La storia di Nicole Dron:
Mi è stato concesso di vivere, più di 40 anni fa, un’avventura particolare che ha ampliato la mia concezione del mondo e ribaltato tutti i valori della mia vita. È stata un’esperienza intensa e memorabile che ha toccato ogni aspetto del mio Essere, dandomi la certezza che la morte non esiste.
Non la dimenticherò mai perché essa è dentro di me, e mi rammenta la pienezza, lo splendore e la pace immensa di uno stato che supera qualsiasi descrizione, comparata al quale la ricerca delle ricchezze materiali, della rinomanza, del potere e della gloria, appare risibile e miserabile. Spero dunque che questa mia vicenda possa asciugare ogni lacrima e demistificare la morte, affinché inneggi alla Vita.
Tutto avvenne nel 1968 quando avevo 26 anni. Tre settimane dopo la nascita del mio secondo figlio, ebbi una grave emorragia. Fui ricoverata in ospedale e operata d’urgenza. Nel corso dell’intervento (isterectomia, o ablazione dell’utero) ci fu una seconda violenta emorragia. Il mio cuore smise di battere, mi fu detto, per circa 45 secondi, con elettrocardiogramma piatto. Durante quei 45 secondi vissi un istante di eternità!
Ricordo prima di tutto di essermi trovata all’altezza del soffitto. Ero là con tutti i miei pensieri, le mie emozioni, le mie impressioni, con tutto ciò che costituisce il mio essere profondo. Presi coscienza di essere in grado di vedere contemporaneamente da tutti i lati, ma soprattutto provavo un sentimento nuovo e incredibile: quello di esistere fuori dal mio corpo fisico. Vi assicuro che sentirsi vivere al di fuori di sé stessi è una cosa sconvolgente. Presi coscienza che ero l’inquilina del mio corpo, che era steso sul tavolo della sala operatoria. Lo guardai e non lo trovai bello. Ero cadaverica, avevo dei tubi che mi uscivano dal naso e dalla bocca, non ero assolutamente in forma. Cosa che però non aveva più alcuna importanza, perché quel corpo non ero io, non era che il mio veicolo.
Sentii il chirurgo esclamare: “Mi sfugge dalle mani”. Queste parole mi furono confermate un mese dopo dall’infermiera che aveva assistito all’operazione. Non rimasi a lungo in quella sala operatoria, perché pensai a mio marito e a mio suocero che erano in attesa nella sala d’aspetto. Pensando a loro, istantaneamente mi ci trovai accanto. Presi coscienza del fatto di poter attraversare i muri. Tutto mi sembrava naturale, solo in seguito mi sono chiesta come fosse stato possibile! Come avevo potuto attraversare i muri e ritrovarmi in quella sala d’aspetto, dal momento che non sapevo nemmeno dove fosse ubicata? Constatai che in quella sala d’attesa non c’erano sedie, cosa che mio marito mi confermò in seguito. Vedevo mio marito e suo padre che andavano su e giù per la stanza, e io cercavo di manifestarmi a loro, ma invano.
Non mi vedevano. Non capivo cosa stesse succedendo, provavo una sorta di disperazione per non essere in grado di comunicare con le persone che amavo. Tentando di farmi percepire, posai la mano (quella del corpo più “sottile” nel quale ora mi trovavo) sulla spalla di mio suocero, ma la mia mano attraversò il suo corpo! Al tempo stesso però prendevo coscienza di una facoltà nuova: quella di penetrare tutto ciò che esiste. Non ho mai perduto la nozione di essere “me stessa”, ma avevo l’impressione di occupare più spazio, e mi trovai nel cuore di mio marito. Conoscevo tutti i suoi pensieri e anche l’essenza del suo essere, ciò che egli valeva come essere umano. La stessa cosa avvenne con mio suocero.
I miei suoceri avevano perduto il loro primo figlio quando aveva 25 anni: il ragazzo era annegato nel vano tentativo di salvare un amico. Di conseguenza essi avevano concentrato tutto il loro amore sul loro secondo e ultimo figlio, che a quell’epoca aveva 14 anni. Quando in seguito era divenuto mio marito, io avevo avuto l’impressione di aver portato via il loro figlio, e credevo che essi non mi amassero per me stessa, ma soltanto in base alla mia capacità di renderlo felice. E questo mi faceva soffrire. Tuttavia, ora che potevo leggere nel cuore di mio suocero, mi rendevo conto di tutta la compassione e di tutto l’affetto che egli nutriva per me, ed ero capace di vedere al di là delle mie proiezioni. Subito dopo, mi ritrovai in un abisso di tenebre e di silenzio. Ero sola al mondo, in un nulla infinito e avrei dato qualunque cosa pur di sentire un rumore e vedere qualcosa.
Non so quanto tempo sia durato quello stato. Forse una frazione di secondo? Il tempo non esisteva. Pensai: “Ecco qui ragazza mia, sei morta”. E tuttavia non ero morta perché esistevo. Mi tornò alla memoria una frase che mi era stata insegnata al catechismo quando ero bambina: “Si vive fino alla fine dei tempi, fino alla resurrezione finale”. In quel contesto, l’idea di vivere in quel nulla e in quelle tenebre mi sembrava insopportabile. Qualcosa dentro di me allora invocò aiuto e da lontano vidi una luce.
A partire da quel momento non fui più sola al mondo. Fui proiettata ad una velocità prodigiosa verso quella Luce, e via via che mi avvicinavo la Luce diveniva sempre più grande fino a occupare tutto lo spazio. Le tenebre si rischiararono e avvertii distintamente delle presenze intorno a me, senza peraltro vederle, ma soprattutto sentivo nascermi in cuore una gioia infinita, una gioia mille volte più grande di tutte le gioie che avevo potuto sperimentare su questa terra. E così entrai nella Luce. Là non ci sono più parole…
Questa luce era anche un oceano di amore, ma di un amore puro, che si offre senza chiedere niente, un amore-Sole, e io ero l’amore. Ero immersa in un oceano di amore, amata per quello che ero, lontana da tutte le preoccupazioni e le agitazioni della terra! Non avevo più coscienza del tempo e dello spazio, ma ero consapevole di essere… di essere sempre stata. Avevo compreso di essere una particella di questa luce e di essere eterna. In quella pienezza e in quella pace immensa compresi il senso delle parole: “Io sono”. Era come se, restando me stessa, io divenissi tutto e ritrovassi la mia natura reale. Avevo ritrovato la mia patria. Ero divenuta amore ed ero la vita. Come fare, mio Dio, a condividere quest’esperienza? Se ognuno di noi potesse viverla anche per un solo istante, su questo pianeta non ci sarebbero più miseria, violenza e guerra.
In quella luce vidi venire verso di me un giovane luminoso. Il mio cuore si riempì di gioia perché riconobbi mio fratello. Quando io avevo 11 anni, i miei genitori avevano perduto un bambino di 7 mesi. Io adoravo quel piccino, ero la sua mammina. Dopo la sua morte, i miei genitori ed io, avevamo vissuto quella sofferenza così ben espressa da queste parole di Victor Hugo: “Un solo essere vi manca, e tutto è deserto”. Ma ora lui era davanti a me, vivo! Ed io ero felice, ero tanto felice! Mi trovai tra le sue braccia. Era solido e anch’io lo ero. Comunicavamo col pensiero e i sentimenti, e io gli dissi: “Come sarebbero contenti di vederti papà e mamma!”. Lui mi comunicò che ci aveva sempre seguiti e accompagnati nella nostra vita, e io capii che i legami d’amore non muoiono mai.
Come facevo ad esser certa che quell’essere era mio fratello? Evidentemente c’è una grande differenza fra i tratti fisici di un bebè e quelli di un adolescente. E tuttavia io so con assoluta certezza che era lui. Penso che si tratti di un riconoscimento fra anime… Incontrai anche il fratello di mio marito, Jacques, che avevo visto soltanto in fotografia. Fui sorpresa e felice di constatare che mi voleva bene e che mi conosceva. Egli mi mostrò le circostanze del suo decesso e quanto i suoi genitori avessero sofferto, in particolare mia suocera. Mi augurai di non dover mai affrontare nella mia vita una simile prova. Incontrai anche degli esseri che non avevo mai visto sulla terra e che tuttavia conoscevo, e provavo una felicità immensa rivedendoli. Essi leggevano in me come in un libro aperto e io avrei voluto poter mostrar loro solo aspetti positivi di me stessa. Ora so che questi esseri mi accompagnano e mi guidano nella vita.
Tutti questi incontri ebbero luogo in un paesaggio inondato di luce, di bellezza e di pace. Ero in un bellissimo giardino, la natura era magnifica. L’erba era più verde di quella terrena, c’erano altri fiori, altri colori, i suoni stessi si trasformavano in colori. E tutto questo creava un’armonia, un’unità tale che compresi la sacralità della vita. Tutto viveva, un semplice filo d’erba mi rapiva perché vedevo in esso le molecole della vita, vedevo la sua luce interiore. Pensai allora che, al di là della sofferenza umana che proviamo quando muoiono le persone che amiamo, dovremmo gioire sapendo che stanno ritrovando la Vita.
Ho rivissuto la mia vita a rovescio, dai miei 26 anni all’epoca della mia nascita. Accanto a me c’era un Essere di Luce, una creatura che il mio cuore conosceva. Non so descrivere la radiazione e la forza d’amore che emanava. Mi accorsi in seguito che aveva anche molto humour. Udii la sua voce che sembrava venire dal fondo dell’universo, una voce possente e dolce al tempo stesso. Una voce fatta di forza e d’amore che mi domandò: “Come hai amato e che cosa hai fatto per gli altri?”. Compresi immediatamente l’importanza della domanda. Al tempo stesso ebbi la visione di una moltitudine di esseri con le braccia tese al cielo, in atteggiamento implorante. Sapevo che quegli esseri soffrivano e io percepivo tutte le loro sofferenze. Che cosa avevo fatto per loro? Non ero stata cattiva, ma non avevo fatto niente di particolare. La domanda che mi era stata rivolta esigeva, per usare le parole di Emerson, “di fare tutto il bene che esiste nell’individuo”, e io capivo adesso che ciò richiedeva tanto amore. Richiedeva anche una crescita, una trasformazione, che a sua volta avrebbe aiutato gli altri a trasformarsi. Sentii allora che l’umanità è un solo essere le cui membra sono interdipendenti una dall’altra per il loro progresso e la loro sopravvivenza.
Mi ridestai a una responsabilità nuova. La comprensione di tutto ciò, semplice in apparenza, continua ad approfondirsi nel tempo. Tutta la mia vita era là, con tutte le gioie, le aspettative, le speranze e le sofferenze che ne avevano fatto parte. Ritrovai le mie emozioni di bambina, riscoprii certi episodi dimenticati, rividi tutte le motivazioni degli anni che avevo vissuto: non è possibile nascondere niente, tutto è scritto nel grande libro della vita. Era sconvolgente, perché durante quel bilancio io ero al tempo stesso colei che riviveva ogni situazione con tutte le emozioni che l’accompagnavano ed ero anche l’altra parte di me stessa, quella che non provava emozioni e che era soltanto saggezza, conoscenza, amore e giustizia. Era questa pura Luce, quest’altra parte di me stessa, che valutava la mia vita e rendeva chiara ogni cosa.
Compresi tutti i miei meccanismi psicologici, ne vidi i funzionamenti, vidi i miei limiti, le mie carenze e tante altre cose più sottili che non sono ancora riuscita a tradurre in parole. Presi coscienza del bene e del male che avevo fatto, e delle ripercussioni che i miei atti e i miei pensieri avevano avuto in me stessa e nelle persone che mi stavano vicine. Mi resi conto di ciò che provavano coloro ai quali avevo fatto del bene e coloro verso i quali mi ero comportata in modo sgradevole. Questa grande coscienza valuta la nostra vita in base a criteri di amore assoluto e saggezza, mentre noi ci rendiamo conto delle nostre manchevolezze, miserie e debolezze. Allora si rimpiange il tempo passato alla ricerca di falsi valori e si rimpiange di non avere veramente vissuto. Questa presa di coscienza si accompagna anche alla compassione per sé stessi perché si scopre che l’ignoranza, la paura, i condizionamenti, le debolezze ci hanno allontanati da ciò che in realtà siamo e da ciò che avremmo potuto realizzare nella vita.
Mi fu poi mostrata la mia vita dopo il mio ritorno sulla terra. Prima però mi venne chiesto se desideravo restare o tornare a vivere. La mia anima voleva restare, ma aveva pensato ai miei due bambini che avevano bisogno della loro mamma. Mi fu detto anche che quando fossi ritornata avrei necessariamente dimenticato molte delle cose che avevo vissuto. Malgrado il mio desiderio di fissare dentro di me tutte quelle conoscenze, so che molte sono svanite: non ho potuto portare con me che qualche briciola, e me ne dispiace. Quando dico “mi fu mostrato”, “mi fu detto”, voglio dire che ricevevo queste informazioni da un essere (per esempio mio fratello) o dalla Grande Luce. Era come se fossi in una classe senza professori. Vidi dunque i miei figli crescere ed ero fiera di loro.
Mi fu poi mostrato che i miei suoceri e mia nonna avrebbero lasciato questa terra quasi nello stesso periodo e che due di loro se ne sarebbero andati a tre settimane di distanza, cosa che mi colpì. Mio suocero e mia nonna ci hanno lasciati 13 anni dopo quest’esperienza, a tre settimane esatte di distanza uno dall’altro, e mia suocera morì l’anno successivo… Avevo rivelato queste informazioni a mio marito e ai miei genitori che ne erano rimasti molto turbati. So di aver saputo molte cose, ma le ho dimenticate. Mi fu detto che Dio era la forza, la vita e il movimento, che la vita esisteva ovunque nell’universo. Seppi che quando si muore non ti viene chiesto a quale religione, filosofia o razza appartieni, ma come hai amato e che cosa ho fatto per gli altri, perché l’unica cosa importante è la “qualità interiore” di un individuo. Mi fu detto anche che tutto ciò che andava nel senso dell’unità era positivo, e che la singola vita rapportata all’eternità corrispondeva a un battito di ciglia della vera Vita che appartiene a ognuno di noi.
Mi fu mostrato anche il futuro dell’umanità. Vidi che la nostra terra sarebbe stata oggetto di grandi capovolgimenti e che noi avremmo attraversato delle grandi prove, delle grandi tribolazioni, perché avevamo una tecnologia avanzata, molta scienza, ma poca fraternità e saggezza. E mi fu mostrato tutto quello che minacciava di avvenire se non avessimo cambiato. Insisto sul “se” perché è determinante. Mi fu detto che eravamo come a un crocevia e che niente era ineluttabile, tutto dipendeva dalla nostra capacità di amare e di agire con saggezza. Avvertii comunque l’urgenza estrema di una grande trasformazione individuale e planetaria dell’umanità, e la necessità di instaurare la pace e la tolleranza in noi e intorno a noi, per vivere in armonia e nel rispetto di tutto ciò che vive. Vidi anche che avevo già vissuto su questa terra.
Mi furono mostrati spezzoni di altre vite e il legame che le collegava tutte. Mi fu detto che si ritorna su questa terra finché non si acquisisce sufficiente amore e saggezza: è tutta questione di evoluzione. Nello stato in cui ero, trovavo tutto molto logico ed evidente. In seguito, quando fui ritornata nel corpo, questo ricordo mi risultò invece piuttosto sconvolgente. Sono però intimamente convinta che questo concetto delle “vite successive” non deve far discutere, nel senso che non è importante far propria una credenza o una convinzione, ma trasformarsi. A livello di assoluto, al di là del tempo e dello spazio, non c’è che la vita, la Grande Vita… Ma nella nostra dimensione, limitata dallo spazio e dal tempo, noi prendiamo coscienza soltanto di un segmento, di una parte di questa vita che scorre tra la nascita e la morte, e pensiamo che questa piccola vita sia tutto quello che c’è da conoscere. Invece non è così.
Mi fu detto anche che il Cristo sarebbe ritornato sulla terra e che il suo ritorno era imminente. Io però non so più se ad incarnarsi sulla terra sarà un’entità come il Cristo oppure se è questa grande coscienza, questa grande vita che circola in noi come potenzialità, che deve risvegliarsi alla dimensione cristica; so che piansi perché avevo capito che l’unica cosa che poteva salvarci era la sua venuta. Il Cristo, così come l’ho compreso nel corso della mia esperienza (ma non ho certo la pretesa di aver capito tutto il suo mistero), rappresenta tutta la pienezza della vita in tutto ciò che esiste, ed è la coscienza, l’amore e la vita che si manifestano totalmente nell’essere umano e nell’umanità liberata dalle sue miserie umane. Il Cristo non appartiene a nessuna religione perché è nel cuore di ognuno, è la pienezza di Dio nell’uomo.
Ero emozionata perché capivo che ciò che ci avrebbe salvati da noi stessi, evitando guerre, catastrofi e calamità, sarebbe stato il risveglio di questa dimensione Cristica in noi tutti. Ricordo anche di essere andata di piano in piano, di livello in livello. Avevo l’impressione di penetrare profondamente nella mia coscienza, che si manifestava attraverso una lucidità ed una comprensione interiore che crescevano continuamente. Mi ritrovai poi in una città di luce, d’oro e pietre preziose, la gloria delle glorie. Mi sentivo trasportata ed innalzata al livello più alto. Compresi allora più profondamente il senso dei 26 anni che avevo trascorso sulla terra e ciò che avevo fatto di quest’opportunità. Poi mi fu mostrato che avrei avuto molte prove e sofferenze nel tempo che mi restava da vivere sulla terra. Mi sono vista piangere molte volte e chiesi il perché di queste prove.
Mi fu detto allora che le avevo accettate prima di nascere, perché grazie ad esse sarei cresciuta. Pregai allora che mi fossero date tutte le esperienze e le prove necessarie per arrivare allo scopo finale nel corso di una sola vita, perché non volevo tornare di nuovo sulla terra. Capivo che l’inferno era sulla terra, ed ero pronta alle più grandi rinunce e ai più grandi sacrifici pur di non dover ritornare. Mi fu però fatto capire che non era possibile caricarmi più di quanto le mie spalle fossero capaci di sopportare. Potrà apparire stravagante o contro natura desiderare una cosa simile. Grazie a Dio, non sono masochista, amo la vita, ma in quello stato di coscienza sublime non avevo che un solo desiderio: arrivare il più presto possibile allo scopo, cioè riuscire a fondermi con quello splendore. Sulla terra ci si rivolta alle sofferenze e alle malattie. Ma “dall’altra parte” se ne capisce il perché e se ne vedono i risultati, e tutto diviene chiaro. Vidi poi venire verso di me un essere molto bello. Mi è impossibile dire se fosse un uomo o una donna, perché era virile e femminile al tempo stesso. Avevo l’impressione di conoscerlo fin dalla notte dei tempi e volevo fondermi con lui. Gli dissi: “Voglio unirmi per sempre a te …” Ed in quel momento presi coscienza del fatto che quell’essere ero io, ma io alla fine dei tempi, io totalmente realizzata.
Fu quella una grande lezione di umiltà, perché misurai tutto il cammino che mi restava da percorrere per divenire ciò che sono in profondità… Capii che il tempo non era che la distanza che mi separava da me stessa e che solo la mia incapacità di vivere la pienezza di ciò che sono, attirava le esperienze necessarie per acquisire ciò che mi mancava. Mio fratello ed io ci salutammo. Lui mi consigliò di non parlare delle mie esperienze al mio risveglio, e di aspettare 17 anni prima di darne testimonianza, perché prima di quel tempo sarebbero state considerate come un trauma conseguente allo shock operatorio. Non ricordo di essere uscita dal mio corpo, ma ricordo di esserci rientrata passando per la testa e di essermici infilata come in una calza. La pienezza svanì, la libertà si dileguò, finì la sensazione di essere uno e tutto al tempo stesso. Si rientra nel proprio corpo come dentro una scatola. Si dimentica che gli altri fanno parte di noi stessi, sono noi stessi, e ci si fa reciprocamente del male…
Mi fecero risvegliare rapidamente. Al mio risveglio avevo nelle orecchie una musica sublime, una sinfonia infinita, di una dolcezza che mi faceva fondere d’amore. Ho cercato in seguito di ritrovare quella musica ascoltando musica sacra e classica, ma invano. Dietro a quella musica c’era un senso di completezza, una pace infinita, una pienezza, una conoscenza che avrei voluto poter conservare per sempre in me. Ho portato con me una particella d’eternità e la sensazione di aver compreso ogni cosa. Tutto era perfetto…
Quando mi risvegliai, si risvegliò anche il dolore (avevo un lungo taglio all’addome) e tutta l’esperienza divenne meno nitida. Non riuscivo a trattenerla. Non ne ho conservato nella memoria che una parte infinitesimale. Da allora però so che l’amore è il segreto della vita, il segreto di Dio, e so anche che Dio è questa Luce splendida e meravigliosa e insieme l’energia che impregna l’universo. Credo in una religione senza frontiere, quella dell’amore che è nel cuore di ogni essere umano e che, al di là dei dogmi, conduce l’uomo a trasformarsi da bruco in farfalla.
di Nicole Dron – sito web: http://nicoledron.com/
Traduzione italiana di Sebirblu
Fonte: http://sebirblu.blogspot.com
E’ bello volere credere nel mistico, ma non vedo e sento raziocinio in tutto ciò che ha raccontato, Dio c’è…Si Manifesti una volta per tutte!! La fede è gratuita, ma non spontanea, penso a milioni di innocenti morti in queste diaboliche guerre, dov’era Dio???? …..
….GRAZIE…….ALL’AMORE INCONDIZIONATO
Le esperienze cosiddette di “pre morte” non hanno nulla a che fare con la vera morte. Chi le racconta non ha avuto nessun tipo di morte cerebrale che ovviamente è irreversibile e se avviene per davvero non si torna indietro a raccontare. Il cervello privato per pochi secondi di ossigeno crea immagini legate alla cultura di cui è intriso. Un mussulmano vedrà maometto, un cristiano gesù cristo, e così via.
La morte cerebrale (parziale) la vediamo invece in alcune malattie come l’alzhaimer dove la distruzione dei ricordi, della consapevolezza di sé fino all’estinzione dell’io più profondo è progressiva e totale. Alla fine ci si riduce a poco più che vegetali.
Pensare che la definitiva distruzione del cervello creata dalla morte possa in qualche modo restituire una qualche consapevolezza di sé è illusorio.
Certo, si può crederlo forse per sfuggire all’angoscia del nulla, ma è profondamente illogico.
Racconti come questi sono assimilabili alla narrazione dei sogni. Hanno una valenza psicologica e sociologica, ma nulla ci dicono sull’aldilà
Cosa sappiamo della “consapevolezza del se”, chi può dire con certezza se sia legata necessariamente e solamente alla struttura dell’organo umano chiamato cervello, chi può sentirsi sicuro nel dire che non possa esistere una consapevolezza che trascende una radice di umanità e che si rivela nel momento in cui l’individualità terrena viene superata per entrare in una dimensione che non ci è possibile definire con gli argomenti logici e culturali che abbiamo a disposizione? Non possiamo per ora nemmeno definire con soluzioni inconfutabili e definitive la zona di confine che esiste tra l’appartenenza a questo mondo e una parte marginale di una realtà convenzionalmente chiamata oltre! Forse dovremmo accettare, senza tanti sofismi, che non tutto ciò che non è rapportabile a una esperienza coordinata di un cervello limitato e limitante, predisposto d’altro canto per un’umanità forse deviata da ben altro progetto, entri di prepotenza nel campionario dell’impossibile. Ciò che è impossibile per l’uomo è possibile per Dio!
“Non possiamo per ora nemmeno definire con soluzioni inconfutabili e definitive la zona di confine che esiste tra l’appartenenza a questo mondo e una parte marginale di una realtà convenzionalmente chiamata oltre!”.
Non sono d’accordo. Il confine esiste ed è uno solo: la linea del non ritorno. Purtroppo tutti i racconti di “pre morte” sono comunque esperienze di persone “vive” che erano vive nel momento in cui hanno vissuto le loro esperienze.
La morte è un’altra cosa, è un processo distruttivo totale e irreversibile che non può lasciare ricordi come noi non abbiamo ricordo di quando eravamo veramente morti… cioè prima di nascere!
Molto meglio immaginarselo l’aldilà, come nel passato hanno fatto sommi artisti (Dante) oppure nelle loro visioni i grandi profeti oppure ancora nelle loro geniali intuizioni i grandi filosofi.
Non c’azzeccheranno nulla con la realtà ma almeno l’arte, la fede e il raziocinio danno ben altro spessore al loro argomentare.