Quando la Ragione sbaglia
di Luca Fortunato
Tipiche del Riduzionismo sono le fallacie argomentative, particolari errori del ragionamento. Ce ne sono tante e diverse, note e meno note, e di diversa tipologia.
Lasciando al lettore la briga e il divertimento di approfondire il tema interessantissimo, ne riporto, di seguito 4, di fallacie argomentative. Sono quelle che più spesso, più di altre, ricorrono – esplicite o implicite – nelle cronache. Anche di questi giorni e in vari ambiti (Politica, Economia, Lavoro, Società, Media ecc.). E a cui l’Olismo, anche l’Olismo, può certamente contribuire a porre rimedio.
1. Appello all’autorità (Argumentum ab auctoritate): si accetta una tesi o qualunque altra cosa solo per il prestigio o per il rispetto di colui che la sostiene. Lo ha detto il ministro, lo sostiene il presidente, lo dice il direttore, lo sostiene l’onorevole, lo dice il capo gruppo, lo afferma il consigliere, lo dice il professore, lo ha detto il sindaco, lo sostiene la commissione, lo afferma il consiglio, lo ha detto il vertice singolo X, lo ha detto il vertice collettivo Y ecc. E allora? Il ministro, il presidente, il direttore, l’onorevole, il capo gruppo, il consigliere, il professore, il sindaco, la commissione, il consiglio ecc. come tutti possono sostenere tesi giuste o sbagliate. Occorre verificarle e vagliarle. Sempre e comunque.
L’essere un’autorità non implica di per sé l’avere ragione! Anche perché non dobbiamo mai dimenticare che una tesi potrà anche avere 10, 100, 1000 prove a suo favore, ma ne basta solamente 1 di prova contraria per farla cadere del tutto. Del resto, è proprio sfruttando l’autorità che spesso si cerca di far passare contenuti, tesi e quant’altro comodi al Potere ma lontani dalla realtà dei fatti. Del resto, le cariche come quelle su esemplificate sono per lo più ruoli di tipo funzionale-formale-organizzativo e non di tipo contenutistico-sostanziale. Da cittadino mi chiedo se abusi in tal senso possono configurarsi anche come reati.
2. Argumentum ad hominem: ci si riferisce non alle tesi e ai loro contenuti ma alle caratteristiche personali di chi le sostiene. Attaccando le sue caratteristiche personali si cerca di screditare le sue tesi e i loro contenuti. Si attaccano, ad esempio, l’età, il carattere, lo status familiare, l’etnia, lo status sociale ed economico, l’aspetto, il vestiario, il comportamento, l’orientamento sessuale, il credo politico, il credo religioso, la professione ecc. Esempio: “Ha solo 20 anni, cosa mai potrà capire del Mondo?” – il fatto che la persona attaccata abbia 20 anni non è detto che non possa avere delle giuste intuizioni sul Mondo (e che magari qualche volpone di 50 anni le rubi e le sfrutti pure….). Altro esempio: “E’ un contadino, cosa mai potrà capire lui di una grande città?” – il fatto che la persona attaccata eserciti il nobile lavoro di coltivare la terra (e di cui beneficiano anche i manager nei palazzi di vetro, perché anch’essi mangiano cibo…) non le può impedire di capire le dinamiche sociali in una grande città.
Oppure, un’altra versione di questo tipo di fallacia argomentativa, consiste nel confutare una tesi attaccando chi la propone, per il fatto che anche lui è nell’errore: “Quell’esperto mi ha detto che per mangiare sano bisogna fare questo, bisogna scegliere questo e non quello, bisogna leggere questo, bisogna acquistare lì e non là. Ma io non gli darò retta… perché ha la pancia! E’ in sovrappeso!” – l’esperto avrà sicuramente i suoi problemi di linea e di metabolismo ma non è detto che i suoi consigli alimentari non siano giusti. Da cittadino mi chiedo, di nuovo, se abusi in tal senso possono configurarsi anche come reati.
3. Falsa pista (Non sequitur): si assume come rapporto di causa-effetto un rapporto che in realtà non è valido o non è necessariamente valido. Esempio: “Se non mi inviti vuol dire che non hai rispetto per me”. – Potrebbe essere, ma non è detto. Ci potrebbero essere altri motivi. Semplice distrazione, ad esempio. Altro esempio: “Gli ecosistemi sono sotto la mannaia dell’Inquinamento. Occorre dunque innovare tecnologicamente i processi produttivi” – l’argomento è fallace perché benché gli ecosistemi siano effettivamente sotto la mannaia dell’Inquinamento, non è detto che per risolvere il problema dell’Inquinamento bisogna necessariamente innovare tecnologicamente i processi produttivi. Potrebbero essere valide anche altre vie: cambiare paradigma economico-sociale, ad esempio. Selezionando, sempre per esempio, cosa produrre ancora (e certamente con tecnologie innovative più pulite) e cosa non produrre proprio più. In funzione, magari, delle reali esigenze della gente in un Mondo che è cambiato (cambiamenti climatici, migrazioni ecc.) e non secondo le reali ma immutate esigenze della finanza, delle banche, dell’economia dei pochi ricchi e potenti, delle morali e degli stili di vita dei pochi ricchi e potenti ecc. ecc. ecc. O no?
4. Generalizzazione indebita: si induce, si arriva ad una conclusione riguardante un’intera classe di oggetti a partire dai dati e dalle informazioni su uno solo o su alcuni dei suoi componenti. Esempio: dieci ragazzi incontrati in quel paese portano i jeans, quindi tutti i ragazzi in quel paese o la maggior parte di essi portano i jeans. Altro esempio: tre imprese di un determinato territorio hanno certe caratteristiche dunque tutte le imprese del determinato territorio o la maggior parte di esse hanno certe caratteristiche. E’ ovvio che sulla base di pochi casi non si possa comprendere l’ampiezza e la complessità dei relativi fenomeni. Eppure quanti commettono un errore del genere? E quante decisioni vengono prese su errate conclusioni del genere?
Celebre, del resto, la metafora del tacchino induttivista del geniale Bertrand Russell a proposito della generalizzazione indebita: “Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell’allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne eseguì altre in una vasta gamma di circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni più disparate. Finché la sua coscienza induttivista non fu soddisfatta ed elaborò un’inferenza induttiva come questa: “Mi danno il cibo alle 9 del mattino”. Questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla Vigilia di Natale quando, invece di venir nutrito, fu ucciso”. In merito a quest’ultima fallacia, divertiti con il disegno qui in basso.
Articolo di Luca Fortunato
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