Il Lutto: accettazione della perdita
È necessario aiutare la persona a togliere alla perdita la connotazione di “evento modificabile”, accettando l’irrimediabilità dell’accaduto e percorrendo un cammino che porti alla riorganizzazione di sé e della propria esistenza su nuove basi.
Di cosa parliamo quando parliamo di lutto? La parola lutto indica il dolore dovuto alla morte di una persona cara. Parkes (1980) afferma che il dolore del lutto è naturale come la gioia dell’amore: la sofferenza determinata dal distacco nasce dall’intensità del legame che sentiamo verso la persona che abbiamo perso.
Il dolore del lutto si differenzia da quello dovuto ad altre perdite per l’intensità e la definitività della perdita, alla quale non è possibile rimediare. Il lutto comporta, quindi, la necessità di accettare una perdita. L’accettazione, però, è un processo che, per definizione, implica la tendenza al rifiuto, intendendo con rifiuto il desiderio del soggetto di credere che la perdita non si sia verificata.
Il vissuto del lutto non rappresenta, di per sé, un fenomeno patologico e non implica sempre il ricorso ad un intervento psicoterapeutico; detto questo, si tratta comunque un processo impegnativo, non facile da vivere, a prescindere dagli eventi che hanno determinato la perdita.
È possibile che la persona che ha subito un lutto rimuova il dolore legato alla perdita, congelando l’elaborazione del lutto, o che compaia una sintomatologia depressiva come una delle complicazioni più frequenti; oppure può, semplicemente, nascere uno stato di sofferenza non inquadrabile in uno specifico quadro diagnostico.
Una valutazione va eseguita caso per caso, tenendo conto del contesto di appartenenza della persona e dei fattori culturali; è importante porre l’accento su elementi chiave come la durata e la persistenza della sofferenza, la mancata ripresa delle attività quotidiane dopo che è trascorsa una “certa” quantità di tempo dalla perdita, la presenza di forti emozioni di colpa o di rabbia, la riduzione della vita di relazione.
Il processo di elaborazione del lutto viene, solitamente, suddiviso in quattro fasi. Non si tratta, tuttavia, di una suddivisione rigida, quindi le caratteristiche di una fase possono, di frequente, ripresentarsi anche nelle fasi successive.
Nella prima fase, il soggetto manifesta uno stato di calma apparente, determinata dalla negazione della realtà e dalla soppressione delle emozioni; questo stato può avere fine solo quando la persona che ha subìto la perdita, si sente in una situazione abbastanza sicura da potersi lasciare andare emotivamente.
Nella seconda fase si sperimentano tendenza alla ricerca e, in seguito, rabbia: ricerca fisica dell’oggetto perduto (il soggetto spera che la persona amata e perduta ritorni) e ricerca psicologica (si rimuginano in modo ossessivo gli eventi che hanno condotto al distacco). Si verifica spesso che si speri di poter ritrovare chi si è perso, agendo come se la perdita non fosse mai avvenuta; si tratta di una dinamica finalizzata a negare la realtà, troppo dolorosa da accettare. Durante questa fase può comparire anche un’ideazione suicidaria determinata dalla fantasia di operare un ricongiungimento con la persona morta. In un secondo momento, quando comincia a farsi strada la consapevolezza dell’inevitabilità del distacco, subentra la collera per l’abbandono subito; la rabbia è comunque fondamentale per la ristrutturazione interna della persona che ha subìto la perdita.
La terza fase comporta disorganizzazione: la perdita sottrae, insieme alla persona amata, il legame affettivo cui la persona abbandonata farebbe riferimento in un momento di bisogno. È proprio tale paradosso (per accettare la perdita avrei bisogno del conforto della persona che ho perduto) a provocare lo stato di disorganizzazione, per cui il soggetto si sente svuotato, senza più confini sicuri.
L’ultima fase è caratterizzata da una scarica emotiva catartica, aspetto essenziale di un lutto nella misura in cui diminuisce la possibilità che il soggetto utilizzi manovre difensive. In questo senso, arrivare all’accettazione significa prendere atto di qualcosa che non si può modificare, che non si può far altro che accettare. Le complicazioni del processo di accettazione nascono soprattutto dal trattare la perdita come una questione ancora aperta, suscettibile di cambiamento; alcuni fattori che possono ostacolare l’accettazione e, di conseguenza, l’elaborazione del lutto sono:
a) gravità: tanto più la perdita è significativa, tanto più compromette la realizzazione di obiettivi esistenziali fondamentali per l’individuo;
b) mancanza di sostegno sociale; non avere una rete di aiuto significa non avere persone che possano fornire supporto e sostituirsi, almeno parzialmente, alla persona perduta;
c) indisponibilità degli altri a parlare della perdita;
d) atteggiamenti di censura della manifestazione della sofferenza;
e) aspettative interpersonali e sociali su quelle che dovrebbero essere le reazioni e i comportamenti normali da adottare; un esempio sono gli incitamenti a reagire e a riprendere la vita normale, mettendo in atto una “fuga nell’operosità”.
La manifestazione più frequente della tendenza ad eludere la perdita, è il pensare in modo continuativo all’accaduto, cercando di “trovare una soluzione”; in questo modo si tenta di evitare o posticipare la presa di consapevolezza della non eludibilità della perdita, nell’illusione che esista un’alternativa alla realtà.
È necessario, quindi, aiutare la persona a togliere alla perdita la connotazione di “evento modificabile”, accettando l’irrimediabilità dell’accaduto e percorrendo un cammino che porta alla riorganizzazione di sé e della propria esistenza su nuove basi.
Fonte: http://www.stateofmind.it
Kast, V. (1996). L’esperienza del distacco: lutto, perdita, abbandono come occasione di trasformazione e crescita. Como: Red Edizioni.
Pangrazzi, A., (1991). Il lutto: un viaggio dentro la vita. Torino: Edizioni Camilliane.
Parkes, C. M. (1980). Il lutto. Studi sul cordoglio negli adulti. Milano: Feltrinelli.
Perdighe, C. & Mancini, F. (2010). Il lutto. Dai miti agli interventi di facilitazione dell’accettazione. Psicobiettivo, 30, 127-147.
Di lutto se ne parla poco e spesso male!
Ma soprattutto quando si è vittima di un lutto si scopre ben presto come anche le orecchie tese di amici e parenti abbiano una data di scadenza molto vicina.
Chi soffre per una perdita ha bisogno di ben più tempo di quanto sia pronta ad accordargliene la società, si dovrebbero passare le varie fasi una per giorno, affinché gli altri ci giudichino forti e non ci girino al largo per paura di toccare un argomento così spiacevole.
Ma soprattutto chi è in lutto, oltre al dolore dell’anima, si trova ad affrontare una giungla burocratica di documenti e una serie infinita di scelte da prendere in fretta, proprio in un momento in cui non esiste chiarezza mentale.
La nostra società allontana i sofferenti in ogni senso e così spesso ci si sente dire… fatti forza vai avanti… vedrai che dimenticherai… poi però quando si chiede aiuto facendo domande concrete, tutti scappano a gambe levate.
Forse dovremmo imparare a parlare di più di un tema che prima o poi ci riguarda tutti, impareremmo ad averne meno paura e a capirlo meglio
Grazie per il suo interessante articolo!