La sconvolgente verità sul senso delle malattie!
di Antonio Bufalo
Perché abbiamo necessità di somatizzare una malattia? Esiste, forse, una funzione recondita, un senso nascosto, una misteriosa utilità in essa?
Non voglio parlare della cause eziologiche, appannaggio dell’indagine medicina canonica, né della ricerca dei fattori causali “alternativi” (tossiemia, condizioni psico-somatiche, karma, squilibri bioenergetici, ecc.), ma della vera causa, del senso nascosto di ogni patologia, del fondamentale motivo che ci spinge a porci nelle condizioni ottimali per farne l’esperienza. Il dubbio che assillava la mia mente dopo la dolorosa prova del cancro era, infatti: esiste, quindi, una funzione recondita… una misteriosa utilità della malattia? Sì! Accompagnatemi in questa lettura e lo scoprirete con me…
“Il sintomo indica l’esistenza di un problema, un po’ come una spia sul cruscotto di un’automobile. Se, ad esempio, durante un viaggio si accende la spia dell’olio, sappiamo che dobbiamo al più presto rivolgerci ad un meccanico per risolvere il problema. La spia non fa altro che informarci di un problema a noi “invisibile” collocato all’interno del motore, un problema che dobbiamo risolvere al più presto per evitare di procurare danni. La spia che si è accesa ci causa malumore, ma ciò non significa che dobbiamo chiedere al meccanico di eliminare la lampadina che ha fatto accendere la spia! E anche se ciò venisse fatto, il problema a noi invisibile continuerebbe ad agire e dopo poco si manifesterebbe in forma più grave, ad esempio, sotto forma di fumo che segnala l’avvenuta fusione del motore. E’ quindi chiaro che l’obiettivo non è solo quello di spegnere la spia (eliminare il sintomo, la sofferenza), ma è soprattutto quello di risolvere il problema che ne ha provocato l’accensione.
Oggi ci troviamo, invece, nella situazione paradossale, in cui i medici ritengono che il problema sia il sintomo e intervengono quindi in modo brutale cercando di eliminarlo. La causa che ha “acceso” il sintomo, pertanto rimane, tornando a manifestarsi in forme più gravi. Per eliminare il sintomo, i medici più illuminati cercano di individuarne le cause. Così facendo, però, si rischia di entrare in un circolo vizioso senza fine: che cosa ha causato il sintomo, che cosa ha causato la causa che ha causato il sintomo, ecc. Si può andare indietro all’infinito senza arrivare mai alla causa originaria. L’equivoco è dovuto al fatto che la vita è un sistema che tende al futuro e la causa della malattia e dei suoi sintomi va quindi ricercata nel futuro, nel suo processo evolutivo.
Per capire meglio questo punto ritorniamo all’esempio dell’automobile. Quando guidiamo un’automobile, il movimento dell’auto è solo in parte imputabile alla struttura meccanica e all’energia presente nel serbatoio: infatti, se non ci fosse la nostra intenzione di raggiungere una destinazione (futuro) l’auto da sola non si metterebbe in moto. Nella vita possiamo individuare due tipi di cause: le cause sintropiche collocate nel futuro (mete, obiettivi, finalità, intenzioni, motivazioni, progetti, desideri) e le cause entropiche collocate nel passato (gli strumenti che possiamo utilizzare per incamminarci verso le cause collocate nel futuro).
La malattia è sempre il risultato dell’interazione di cause entropiche e di cause sintropiche: essa nasce dalla nostra incapacità di soddisfare le condizioni richieste dall’attrattore (cause collocate nel futuro), ma i sintomi che utilizza sono determinati dal materiale su cui agisce, cioè dal nostro corpo e dalla nostra storia (cause collocate nel passato). La soluzione della malattia non sta però nei sintomi o nel passato della persona, ma nella capacità dell’individuo di ricollegarsi al futuro, alla propria meta”… (Ulisse Di Corpo)
La malattia è sincera
La salute è considerata il nostro bene più prezioso. Cosa significa allora la malattia nella nostra società? Spesso vissuta come una vera e propria tegola in testa, la malattia piomba nella nostra vita come un elemento di disturbo, qualcosa da evitare/combattere/sconfiggere nel minor tempo possibile.
Vorrei invece aprire uno spiraglio ad una interpretazione della malattia non come sinonimo di male, non quindi in opposizione al bene, ma come polarità del bene ovvero come altra faccia della stessa medaglia. La malattia fa parte della salute come la morte della vita, ci costringe a dirigere il nostro sguardo verso la nostra ombra, verso la nostra realtà interiore, non percepita dalla nostra mente conscia.
La malattia ci mette davanti a noi stessi in modo cosi leale e spregiudicato, che ci risulta molto difficile amarla. Un po’ come fanno i nostri nemici: le loro critiche sono spesso molto più indigeste di quelle che provengono da altri e il motivo è che sono quasi sempre veritiere. Di solito, ciò che crea malessere tocca una corda che risuona in noi, qualcosa di vero e profondo. Se cosi non fosse essa non ci scuoterebbe minimamente.
La malattia diventa, in questo modo, una guida che ci permette di diventare consapevoli dei modi che abbiamo utilizzato per soffocare e fuggire la sofferenza interiore. Finché non prendiamo coscienza delle nostre fughe, finché ci rifiutiamo di cambiare, la malattia, i sintomi e la sofferenza permangono. Finché non comprendiamo il legame che esiste tra malattia, bisogno di significato e bisogno di amore, la malattia continua a manifestarsi e, se blocchiamo i suoi sintomi, questi si ripropongono nuovamente nella forma di una nuova malattia o nella forma di processi degenerativi ancora più gravi.
Qualunque sintomo si manifesti nel nostro corpo, è quindi espressione visibile di una realtà invisibile. Bisogna allora distogliere lo sguardo dal sintomo e concentrare l’attenzione sugli aspetti invisibili. La medicina ufficiale, purtroppo, prende in considerazione solamente gli aspetti visibili e nega gli aspetti invisibili.
Molti si chiederanno, a questo punto, qual è il ruolo di agenti esterni come batteri e virus. Anche se esistono delle indubbie cause fisiche della malattia, ciò non spiega perché alcune persone si ammalano e altre no. Ad esempio, durante le peggiori epidemie, si è sempre osservato che solo una parte delle persone esposte viene effettivamente colpita dalla malattia. I disagi esistenziali, le difficoltà psico-emozionali hanno un effetto debilitante sul nostro sistema immunitario, preparando così il nostro corpo fisico all’invasione di batteri e agenti fisici. Perché la guarigione possa avvenire, l’uomo deve a questo punto smettere di lottare e imparare invece a capire cosa hanno da dirci questi presunti nemici…
La causa-effetto non basta
Normalmente, si tende a considerare la malattia come il risultato di un comportamento alimentare errato, una cattiva abitudine acquisita che ha prodotto i suoi effetti, si tende cioè a stabilire un rapporto di causa-effetto tra la nostra malattia e un fattore esterno. Ma il rapporto causa-effetto non può bastare per spiegare l’insorgere della malattia, per una lunga serie di motivi.
Ecco il più eclatante: “Crediamo che il tempo corra dal passato vero il futuro e non consideriamo che nel punto che noi chiamiamo presente, si incontrato sia il passato che il futuro. Questo rapporto difficilmente immaginabile, può essere reso evidente dalla seguente analogia. Immaginiamo il corso del tempo come una linea diritta, un capo della quale corre in direzione passato, mentre l’altra estremità si chiama futuro. Ora noi sappiamo però dalla geometria che in realtà non esistono linee parallele, perché la curvatura sferica dello spazio fa si che ogni linea diritta, se noi la prolunghiamo all’infinito si chiude in un cerchio (teoria di Riemann). Quindi, in realtà, ogni linea diritta è la sezione di un cerchio… questo vuol dire che noi viviamo sempre in funzione del passato, o che il nostro passato è stato determinato dal nostro futuro”… la causalità si muove in entrambe le direzioni verso ogni punto, proprio come fa il tempo“. (“Malattia e destino” – Thorwald Dethlefsen, Ruediger Dahlke – Ed. Mediterranee)
Il convincimento che esistano rapporti causali è sbagliato, perché si basa sul presupposto della linearità del tempo. La ricerca delle cause delle malattie, è perciò un gran vicolo cieco per la medicina e la psicologia. Le presunte cause delle malattie sono tante quante si vuole, e tutte ugualmente importanti e ugualmente insignificanti. Il metodo proposto rinuncia al modello causale, perché sostiene che la ricerca delle cause nel passato distolga dall’informazione vera e propria. L’individuo rinuncia cioè alla responsabilità personale nei confronti della sua malattia, attraverso la proiezione della colpa sulla causa.
Il segreto che può cambiare la tua vita!
Solo un approccio olistico, globale, può permettere la trasformazione, a volte miracolosa, della malattia, da fonte di dolore e disagio in potente strumento di consapevolezza e guarigione profonda.
Per farlo, generalmente ogni operatore della salute che si rispetti si orienta alla ricerca delle sue cause da rimuovere: il medico specialista indaga i fattori eziologici che l’hanno innescata (infezione da virus o batteri, trauma, ecc.), il naturopata sulle abitudini che l’hanno predisposta, l’agopuntore sugli squilibri bioenergetici che ne hanno permesso l’instaurarsi e l’evoluzione, e così via.
Tutti, però, cercano i fattori causali nel passato, nella storia pregressa del paziente, nelle situazioni di disordine, entropia, da lui vissute nel periodo antecedente al manifestarsi del sintomo: gli chiedono cosa ha mangiato, come dorme, cosa ha fatto, come si relaziona con gli altri, ecc. In altre parole, si tende sempre a rivolgere lo sguardo indietro nel tempo, nella speranza di individuare il perché della malattia e, intervenendo su di esso, neutralizzarne l’implicita sofferenza.
Nella visione sintropica che vi offro, suggerisco, invece, una nuova “ipotesi di lavoro”, che stimola uno sconcertante quesito: e se i veri fattori causali fossero da ricercare nel futuro anziché nel passato del paziente? … E se fosse un evento sincronico posizionato nel futuro, il motivo nascosto dell’insorgenza della sua malattia?
Vi spiego con un esempio molto personale, il mio. Quando nel 2005 mi fu diagnosticato un cancro che stava invadendo il lato sinistro della mia testa, il mondo mi crollò addosso! “Ma come, dopo vent’anni di alimentazione vegetariana, ritiri spirituali, esercizi di crescita interiore, protocolli di medicina biologica preventiva, un cancro!?”. “Ma come è possibile?… Dove ho sbagliato!?” sono state le immediate, dolorose domande che mi sono posto.
Ovviamente, anche io ho iniziato a ricercarne le cause nel passato, con l’aiuto di grandi esponenti del panorama olistico della salute. Sono emerse allora situazioni traumatiche vissute nell’infanzia, ormai rimosse dalla memoria conscia, episodi conflittuali irrisolti, scelte antiche maturate da una mente sorda alle necessità del cuore: tutti straordinari tasselli del mosaico della mia vita, che mi hanno aiutato a dare un senso a quello che stavo vivendo e mi hanno stimolato ad andare avanti, a guarire. Nonostante ciò, sentivo che ancora mi mancava qualcosa…
Avvertivo la necessità di andare oltre il mio passato, di svelare finalmente il vero, unico perché, io abbia avuto bisogno di vivere quella dolorosa esperienza. Certo, il mio vissuto storico aveva creato i presupposti perché io sperimentassi il cancro, ma come si collocava tutto questo nel più grande piano divino previsto per me e per chi mi stava attorno?
Nel 2007, poi, una straordinaria intuizione dell’anima ha illuminato la mia mente, collegando sorprendentemente gli eventi del passato e offrendomi finalmente un quadro esaustivo del senso della mia storia! Ecco svelato il segreto che avrebbe cambiato definitivamente la mia vita: non ho avuto un cancro perché ho commesso degli errori nel mio passato, ma ho commesso dei presunti errori per permettermi di vivere un’esperienza catartica, quella del cancro, che altrimenti a livello cosciente avrei sempre rigettato e rifiutato!
Ho compreso che se la “mia” anima, la realtà più vicina al divino, aveva attirato a me questa esperienza, evidentemente non era perché avesse dimenticato di amarmi o si fosse distratta dai suoi propositi positivi nei miei confronti, ma perché aveva i suoi buoni motivi, funzionali e sintropici alla mia globale evoluzione, posizionati però nel mio futuro!
In quell’istante di “illuminazione”, ho collegato almeno tre momenti che da soli potevano già rappresentare un valido movente a quella sofferenza:
– il primo è accaduto mentre chiacchieravo amabilmente con la bella infermiera che mi accompagnava, disteso in barella, a sottopormi al delicato intervento che di li a poco avrebbe cambiato per sempre la mia immagine, il mio volto: in un preciso istante, di piena consapevolezza, ho avvertito la perfezione della vita, ho “sentito” che le cose vanno come devono andare perché non esiste una migliore alternativa; ho provato la Calma del Cuore e la Fede, la fiducia nella vita! Sentivo di potermi affidare con coraggio agli eventi, perché niente avrebbe potuto diminuire il tesoro della mia Anima!
– Il secondo sorprendente “istante iniziatico”, l’ho vissuto due mesi dopo l’intervento, ospite a casa di un professore universitario di fisica di origini italiane, cui sono enormemente grato, che mi ha tanto aiutato durante il particolare trattamento (bombardamento ai neutroni) cui mi sono sottoposto nell’ospedale di Seattle negli Stati Uniti: avevo in grembo uno dei suoi sette gatti, un gatto molto restio a farsi avvicinare da sconosciuti e che, invece, mi si era liberamente accoccolato sulle gambe. Ad un certo punto, il mio sguardo ha incrociato il suo e si è verificata una magica connessione tra il mio preteso mondo reale e il favoloso mondo dei ricordi ancestrali, cui in quel momento lui mi ha dato accesso: ho intravisto il mondo sciamanico dei nativi sudamericani! La “visione” mi offriva un profondo messaggio: Accetta e Ama tutto e tutti, e vivi senza attaccamento ad essi! Impara a dire Addio ad ogni cosa e a ciascuna creatura con la quale ti relazioni; godine la presenza, ringraziala e benedicila, perché essa è sempre frutto di un incontro sacro, ma sappi accomiatartene serenamente!
– Il terzo momento si è verificato in seguito ad un episodio che inizialmente mi ha tanto ferito: poiché per motivi di salute dopo il cancro avevo enormemente ridotto la mia frequentazione alla scuola spirituale che seguivo da circa vent’anni, fui sollecitato per iscritto a riprendere le attività interrotte. Avvertii quell’ingiunzione come l’immeritata interferenza nel mio delicato mondo personale e la rigettai pesantemente attraverso una lettera aperta inviata a molti responsabili nazionali del movimento, nella quale ufficialmente mi dimettevo dai miei incarichi e prendevo le distanze da una visione della vita che in quel momento percepivo all’improvviso bigotta e insensibile (solo successivamente avrei compreso come quella interpretazione fosse figlia del mio amor proprio ferito nell’orgoglio).
E’ come se mi fossi liberato di un grosso fardello, di pesanti catene che mi impedivano di essere me stesso, di pensare e vivere soltanto ciò che sentivo in cuor mio come idoneo. Ho iniziato a confrontarmi con altre realtà, per me nuove, nell’ambito medico, psicologico, spirituale. Ho scoperto di potermi permettere straordinarie e impensate occasioni di crescita interiore, che fino ad allora mi ero precluso, nella parziale convinzione di non averne bisogno e che, anzi, potessero distogliermi dal mio originale orientamento spirituale.
Durante una di queste esperienze ho vissuto un altro “momento catartico”: ero ad un convegno di medicina integrata, quando riscopro un concetto sul quale successivamente avrei a lungo meditato e lavorato: la relatività dei nostri punti di vista! La frase che più mi colpì fu: “le tenebre sono luce che ancora non si è in grado di percepire!” Parafrasando l’incapacità dell’occhio umano di percepire la luce ultravioletta e infrarossa, mi si suggeriva l’idea di riconsiderare ciò che giudichiamo negativamente nella vita (le malattie, alcuni comportamenti, le emozioni negative, ecc.,) da una altra prospettiva, che le rivalutasse come una semplice espressione energetica, tale da donar loro, all’occorrenza, anche una connotazione addirittura positiva! In quell’istante ho rivisto il film della mia vita con l’occhio benevolo e amorevole della “mia” anima: tutto mi sembrava più leggero, luminoso e degno di essere vissuto e accettato!
Senza il cancro non avrei mai vissuto questi tre episodi, preludio di una lunga serie di sorprendenti sincronicità che si sono succedute e che tuttora continuano ad arricchire la mia esistenza! Quindi, per permettermi di vivere questi “momenti di illuminazione”, eventi posti nel futuro della mia vita rispetto all’esperienza del cancro, la “mia” anima ha pensato bene di creare le condizioni ottimali che ne producessero i presupposti! Questo è stato il vero, recondito movente, assolutamente positivo, che l’ha spinta a “farmi accadere”, ad attrarre tutto ciò che ho vissuto, nel bene e nel male!
Questa è la nuova visione della realtà che ora amo condividere, portatrice di uno splendido messaggio: qualsiasi circostanza si viva è utile, funzionale e perfetta per la propria e l’altrui evoluzione individuale e per produrre infinite occasioni di crescita e trasformazione! Fermarsi agli effetti dolorosi di cui sono latori, combatterli, negarli e fuggirli, inevitabilmente blocca il flusso armonioso dell’energia vitale in noi e ci preclude il completamento di un qualche importante ciclo della nostra vita.
Interpretazione dei sintomi
Occorre prendere in considerazione che un sintomo esiste, osservare il momento in cui il sintomo si è manifestato (che può coincidere con una particolare situazione della vita o altro) e i piccoli segnali di allarme quotidiani che lo hanno preceduto.
Perché sono proprio i fatti ritenuti privi di importanza e poco significativi che risultano importanti. E’ importante anche sviluppare un rapporto intimo con il linguaggio e imparare ad ascoltare consapevolmente quello che si dice. La lingua è psicosomatica, possiede una sua intima sapienza, che però si rivela soltanto a chi impara a stare veramente in ascolto.
La nostra epoca tende ad un rapporto sciatto ed arbitrario con la lingua e ha quindi perduto l’accesso al vero significato dei concetti (Ad esempio, lo sapete che la parola ‘psyche’ deriva dal greco: anima, spirito? E’ sconvolgente l’uso errato o approssimativo che si fa oggi di concetti anche importanti).
Occorre inoltre osservare il meglio possibile i nostri sintomi, per individuarne le intenzioni. La malattia attraverso quei sintomi ci sta dando precisi segni e indicazioni, ci sta portando verso nuove rive e solo quando noi seguiremo consapevolmente e liberamente questo richiamo, riusciremo a dare un senso alla comparsa di quella malattia.
Corpo e fisicità
I sintomi guariscono l’uomo, realizzando nel corpo fisico ciò che manca alla coscienza. Prima che un problema si manifesti nel corpo come sintomo, si presenta nella psiche come tema, idea, desiderio o fantasia. Più aperta e disponibile una persona è nei confronti degli impulsi che le vengono dall’inconscio, più pronta è a dare spazio ai propri impulsi, tanto più vivace (e poco ortodossa) sarà la sua vita. Al contrario, più la persona chiuderà dentro di sé, la fonte dalla quale scaturiscono gli impulsi, tanto più, nel tentativo di rendersi insensibile, a livello fisico si manifesterà un sintomo – piccolo innocuo, ma fedele.
Tutti i contenuti della coscienza hanno la loro corrispondenza nel corpo e viceversa. I sintomi sono componenti d’ombra della coscienza, precipitati nella materia ed esplicitati nel corpo. Se un impulso riesce a penetrare le difese della coscienza e a rendere quindi l’uomo consapevole di un conflitto, il processo di elaborazione del conflitto avviene soltanto nella psiche della persona e di regola non si arriva a nessuna infezione (infezione=conflitto).
Se invece l’uomo non si apre al conflitto, in quanto rifiuta ed evita tutto ciò che potrebbe mettere in discussione il mondo artificiale che si è creato, allora il conflitto si manifesta nella materia e deve essere vissuto a livello somatico come infiammazione… La lotta contro le infezioni è la lotta contro i conflitti, trasferita sul piano materiale. Onesti, qui, sono i nomi delle armi che usiamo: antibiotici dal greco anti=contro e bios=vita. L’uomo viene al mondo con un corpo nuovo, ma con una coscienza antica. Il livello di coscienza che porta con se, è espressione di quanto appreso fino a quel momento.
Come ridurre l’Entropia e aumentare la Sintropia
Ma come possiamo rimettere in moto il nostro processo evolutivo e superare la sofferenza? Secondo il modello che stiamo qui esponendo, la sofferenza aumenta con l’aumentare dell’entropia e il benessere aumenta con l’aumentare della sintropia. E’ interessante notare che ogni nostra scelta può portare ad aumentare o diminuire l’entropia o la sintropia, e di conseguenza la sofferenza. La sofferenza, può essere vista come la somma di tutte le nostre piccole scelte quotidiane, che non sono in linea con la nostra evoluzione, con il processo che da milioni-miliardi di anni sta trainando la vita verso forme sempre più complesse. Solo un lavoro su sé stessi può modificare queste dinamiche e farci ritrovare la centratura. Il potere sta nell’adesso, in questo stesso istante puoi decidere di cambiare per sempre la tua vita!
Ridurre l’Entropia
Oggi viviamo in un’epoca in cui si considerano unicamente le cause collocate nel passato; la conoscenza e gli stili di vita che vengono così prodotti sono governati dalla legge dell’entropia che sta portando all’aumento della disorganizzazione, del disordine, dell’inquinamento, dei conflitti e alla distruzione delle basi stesse su cui si fonda la vita. Ogni individuo, contribuisce in maggiore o minore misura a questo processo entropico.
Per rimetterci in carreggiata e diventare così di nuovo protagonisti della nostra evoluzione, è necessario “svegliarci” e iniziare a scegliere quelle alternative che consentono di ridurre l’entropia. A tal fine, è importante riconoscere il contenuto entropico delle singole scelte e imparare a scegliere le alternative a minore entropia. I benefici che si ottengono sono enormi: un maggiore benessere fisico, spirituale e psicologico; una vita in armonia con l’ambiente e con gli altri; la riduzione dei conflitti e delle situazioni di crisi; la riduzione della sofferenza.
Per ridurre l’entropia, spesso risulta determinante “ripulirci” dalle emozioni “negative” passate. Le esperienze negative ed i traumi vissuti in passato, mantengono in vita gli schemi di pensiero negativi. Queste memorie emozionali impresse nella mente (conscia o inconscia) e nelle cellule del nostro corpo, possono però essere pulite utilizzando tecniche adeguate, quali ad esempio l’Omeosinergia, l’EFT, Ho’oponopono, l’uso dei Fiori di Bach, ecc.
A cura di Antonio Bufalo (Pres. A.P.S. Armonya)
Fonte: http://salutesolidale.wixsite.com/armonya/single-post/5682d11f0cf23a10fe38f20d
Mi interesso di psicosomatica da molti anni, ma sempre con un senso di delusione perchè a mio parere da risposte parziali e colpevolizzanti (il che è l’ultima cosa di cui un malato ha bisogno). Ho letto quindi con grandissimo piacere questo articolo che introduce un concetto veramente nuovo, intelligente e credibile. Grazie!