Luce sulla morte dei Leader Spirituali (Cristo, Osho, Buddha)
di Paolo Franceschetti
Una delle differenze tra un comune mortale e un maestro spirituale è che, in genere, il maestro spirituale ha la percezione della propria morte imminente e del disegno divino di cui fa parte, e vi si sottopone volontariamente. La sua morte è un atto di volontà, che si inserisce in un progetto di vita volto ad elevare l’umanità.
Osho morì assassinato dalla CIA. Per la precisione venne avvelenato col tallio. Il motivo del suo avvelenamento è stato già ampiamente descritto. Quello che non si è spiegato, invece, e che ha imposto una riflessione molto più profonda, è il motivo della scelta del tallio, cioè di una sostanza che l’ha avvelenato molto lentamente, tra atroci sofferenze.
Perché non ucciderlo subito con metodi più rapidi? Se Osho dava fastidio al potere costituito, la cosa più logica sarebbe stata ucciderlo in un falso attentato, come avvenne per Gandhi, Martin Luther King e altri personaggi. Lo stesso Osho non capì mai questa scelta e spesso diceva ai suoi fedeli: “Non capisco perché non mi hanno ucciso rapidamente, perché questa scelta lenta e dolorosa, che peraltro mi permette di continuare a tenere discorsi e di fare il mio lavoro”.
Osho collegava il suo avvelenamento al fatto di possedere 99 Rolls Royce. Diceva infatti: “Gli americani non mi hanno perdonato le 99 Rolls Royce. In una società materialista, in cui tutto è basato sul denaro, non potevano tollerare che io avessi 99 Rolls Royce. Se fossi stato povero, mi avrebbero lasciato fare, non avrei dato alcun fastidio. Per questo, infatti, mi facevo regalare una Rolls Royce per ogni ricco che veniva nella comunità.
Che ci faccio con 99 Rolls Royce? Non ho neanche il tempo di guidarle tutte! Sono una sfida, un simbolo. Sono una delle cose più inutili, ma sono anche il simbolo della ricchezza. Volevo dimostrare che si può essere ricchi e spirituali, e che non c’è contraddizione tra le due cose. E volevo anche mettere un filtro agli idioti: chi si fosse fermato, nel leggere il mio messaggio, alle 99 Rolls Royce, non avrebbe capito neanche il resto, e quindi era una sorta di filtro preventivo che mettevo per le persone incapaci di andare oltre l’apparenza”. La sua analisi era in gran parte corretta, ma c’è di più.
Come muore un maestro spirituale
Una cosa va precisata, fin da subito, per capire il motivo della scelta del tallio. Fin dall’inizio della storia che noi studiamo a scuola, i leader spirituali particolarmente innovativi, quelli cioè che portavano un elemento di forte rottura con la spiritualità del passato, sono stati tutti assassinati. Quello che varia è solo la modalità della morte, più o meno violenta, più o meno rapida.
La morte più violenta e più crudele è stata riservata a Gesù Cristo, torturato, deriso, e crocifisso davanti alla folla. Buddha morì avvelenato durante un pasto. Una morte, quindi, più dolce di quella di Cristo, ma pur sempre “esterna”, cioè procurata dai suoi avversari. Rudolf Steiner morì avvelenato. Jacques de Molay (che in quanto Gran Maestro templare era anche il leader spirituale dei Templari, che, in realtà, erano un ordine di monaci guerrieri, ma soprattutto un ordine spirituale) morì al rogo. Socrate morì avvelenato. Pitagora morì assassinato e la sua scuola fu bruciata. Gandhi, che era un leader politico, ma profondamente spirituale, morì assassinato.
Israel Regardie, il Gran Maestro della Golden Dawn, morì avvelenato, peraltro dopo un pasto, come Buddha e come Steiner. Qualcuno obietterà che inserire Regardie tra Osho, Cristo e Buddha significa fare un minestrone di cose diverse, e che lui non era un maestro spirituale. In realtà Regardie, con la sua scelta di dare alle stampe i rituali della Golden Dawn, può essere annoverato a buon diritto tra coloro che hanno dato un forte impulso all’elevazione spirituale dell’umanità, perché lo studio della magia e dell’esoterismo è importante per tutti i ricercatori spirituali, per capire dal punto di vista “scientifico” il funzionamento del mondo spirituale.
Discorso diverso va fatto per un altro grande leader spirituale, Paramahansa Yogananda. Il maestro morì il 7 marzo del 1952, subito dopo aver tenuto un discorso al banchetto organizzato in onore dell’ambasciatore dell’India negli USA, discorso sulla fratellanza e la pace tra i popoli. Nessuno nel suo caso ha mai parlato di avvelenamento, anche perché lui, fin dal giorno prima, parlava in effetti come se dovesse andarsene, come se sapesse, cioè, che sarebbe morto l’indomani, quasi come se la sua fosse stata una scelta precisa e volontaria.
Eppure ho sempre trovato strana la sua morte, senza un malore, senza una malattia, senza un preavviso, senza una spiegazione. Semplicemente, al termine del suo discorso, alzò gli occhi al cielo e dolcemente si accasciò, andandosene dal mondo nello stesso modo dolce con cui era venuto, tra l’affetto dei suoi cari e l’armonia di una famiglia spirituale tipica dell’India di fine ’800. Ho sempre trovato curiosa la coincidenza per cui la morte sia sopraggiunta proprio dopo un pranzo, come per Steiner, Buddha e altri personaggi. La mia idea è che sia stato avvelenato anche lui, ma che sapesse (come, del resto, Buddha e Steiner, e come lo stesso Gesù) di essere destinato a morire quel giorno. E che per questo nessuno abbia mai nutrito sospetti. Porto sempre con me, nella mia agenda, la foto che fu scattata a Yogananda pochi istanti prima della morte. Ha un sorriso dolce, enigmatico, come se volesse trasmettere qualcosa.
La “Legge del Contrappasso” spirituale
La “legge del contrappasso”, che troviamo descritta magnificamente da Dante nell’Inferno della Divina Commedia, non è una regola solo rosacrociana, come avevo ipotizzato io in altri articoli (avendo notato che la massoneria deviata la utilizzava sempre per infliggere la morte ai suoi nemici). La legge del contrappasso è una regola del mondo occulto in generale.
Dal momento che, da alcuni secoli, perlomeno da quando inizia la nostra storia ufficiale, le forze oscure del mondo occulto prevalgono su quelle spirituali “bianche”, quando emerge un leader spirituale che può elevare l’umanità, questo viene regolarmente assassinato. Il tipo di morte dipende molto dal tipo e dalla gravità del “crimine” di cui il maestro si macchia di volta in volta.
In linea di massima, l’avvelenamento viene scelto perché il maestro spirituale “avvelena” la società con le sue idee e con la conoscenza che egli trasmette (è noto, infatti, quel che si diceva di Socrate, che “corrompeva” i giovani con le sue idee, inducendoli a pensare con la loro testa e ad elevarsi spiritualmente).
Cristo riceve la pena più grave e dolorosa, perché, tra tutti i leader spirituali succedutisi negli ultimi secoli, è quello che porta il messaggio di maggior rottura. Il suo insegnamento non era diretto solo ai poveri e ai mendicanti (come quello di Buddha), ma a chiunque, ricco o povero che fosse. Se per abbracciare interamente e veramente il Buddhismo la via era diventare monaco, per abbracciare interamente e veramente il Cristianesimo, in realtà, si poteva anche essere ricchi o sposati (il sacerdozio e la castità verranno inventati dalla Chiesa Cattolica, che nei secoli tutto ha perseguito, ma non certo il messaggio di Cristo). Il messaggio di Cristo era, quindi, quello più pericoloso per le forze spirituali oscure, il più rivoluzionario, e doveva essere estirpato nel modo più violento.
Buddha porta un messaggio analogo a quello di Cristo (compassione, amore, fratellanza senza distinzioni di sesso o razza, preghiera costante), ma meno rivoluzionario, per due ragioni: la prima, il suo messaggio nasce in seno all’Induismo, con cui ha molti punti in contatto, e la seconda, il fatto di essere stato un principe che si è fatto mendicante ha una portata meno pericolosa. Peraltro, per una scelta spirituale ben precisa, Buddha non parlò mai di “Dio”, il che esclude alla radice la possibilità che un qualsiasi buddhista parli in nome di Dio e si senta giustificato da Dio a commettere i crimini più atroci e a sconfiggere gli avversari, considerandoli ispirati dal demonio, come invece ha fatto la Chiesa e come continua a fare ancora oggi.
La differenza tra Cristo e Buddha, quindi, è nella portata del messaggio (rivoluzionario e di rottura, il messaggio Cristiano, in continuità col passato, quello di Buddha) e nell’esempio che essi portano. Non a caso, proprio per la minore carica eversiva del messaggio, sono poche o quasi nulle le guerre che si sono combattute in nome del Buddhismo. Mentre in nome del Cristianesimo (e delle altre due religioni con lo stesso ceppo, Islam ed Ebraismo) è stato fatto un bagno di sangue che non è ancora cessato (e a questo purtroppo Gesù alludeva, quando disse “sono venuto a portare la spada”).
Una morte molto violenta è inflitta anche a Jacques de Molay. I Templari erano infatti Cristiani, ma non Cattolici. Seguivano, cioè, il messaggio e la dottrina esoterica di Cristo, nelle forme tramandate dall’ala Giovannita dei cristiani (quella cui appartenevano Dante Alighieri e i Fedeli d’Amore, e i Rosacroce). Al “peccato” di seguire il vero messaggio cristiano, quello esoterico e poco accessibile alle masse, si aggiungeva quello di aver esteso il proprio dominio temporale dal Portogallo alla Terra Santa, e di aver in comune con il Sufismo islamico, i punti essenziali della propria dottrina. Se i Templari avessero portato a termine il loro progetto, quindi, ci sarebbe stata una vera e propria rivoluzione, non solo dal punto di vista politico e territoriale, ma anche dal punto di vista spirituale. Il fuoco purificatore che avrebbe mondato l’Europa dalla loro eresia e la tortura erano quindi la giusta pena da infliggere.
Osho muore avvelenato col tallio, con una morte lenta e dolorosa, perché – come Socrate – corrompeva i giovani e portava un messaggio rivoluzionario. Osho non predicava la povertà, né si limitava a insegnare solo meditazione. Spiegava il messaggio Cristiano (libro “Vi parlo di Gesù”) e come questo si potesse accordare con l’essere ricchi, imprenditori, politici, o contadini; inoltre, spiegava come fosse possibile conciliare la vita spirituale con il possesso di 99 Rolls Royce. Tra i suoi discepoli c’erano imprenditori ricchissimi, che avevano conciliato la loro vita imprenditoriale con la via spirituale proposta da Osho. E questo, come giustamente diceva, non gli fu perdonato.
Il sistema vuole, infatti, che la maggior parte delle persone seguano una vita materiale, consumistica e priva di senso. Al contrario, chi segue una via spirituale deve essere povero, soffrire, essere infelice (perlomeno nell’immagine che i media ci trasmettono) e possibilmente anche un po’ stupido (chi è molto religioso viene considerato meno evoluto, ignorante, quasi vicino alla superstizione, a confronto all’ateo, colto, sapiente, evoluto, moderno). Se Osho avesse esteso l’esperimento della sua comune americana, ci sarebbe stata una rivoluzione sociale, e questo non poteva essere tollerato.
Steiner fu avvelenato e osteggiato in vita, perché il suo insegnamento era potenzialmente pericoloso per le forze oscure, in quanto era diretto a intellettuali, professionisti e anche nobili, cioè alla classe colta della società, ovvero un settore che, al di fuori della massoneria e delle società segrete, prima di Steiner non aveva accesso a una vera vita spirituale e allo studio dell’esoterismo. A differenza di Osho, che si rivolgeva ai ricchi, ma i cui seguaci erano in prevalenza poco colti, Steiner si rivolgeva all’élite intellettuale. Sono steineriani, oggi, medici, imprenditori agricoli, politici, ma anche funzionari dei servizi segreti, nobili, studenti, avvocati e magistrati.
C’è però una cosa da sottolineare. I grandi maestri spirituali, in genere, sanno in anticipo che saranno avvelenati o uccisi. Steiner – a quanto si racconta – si era accorto di essere stato avvelenato e, in precedenza, aveva subìto già altri attentati, come l’incendio del Goetheanum. Anche Buddha sapeva che sarebbe morto. Si narra, infatti, che mangiò il cibo avvelenato, consigliando agli altri commensali di non consumare nulla; in passato, però, era già sfuggito ad alcuni tentativi di assassinio (ad esempio, a un agguato da parte di suo cugino e rivale Devadatta). Cristo sapeva fin dalla nascita che era destinato a morire crocifisso. Osho, invece, non raggiungendo le vette spirituali e di chiaroveggenza, che erano di Cristo o di Buddha, ha faticato a capire il perché della sua morte, pur essendosi avvicinato molto alla verità. Se la mia ipotesi è vera, anche Yogananda è andato sereno incontro alla morte. Ma Yogananda, in precedenza, aveva evitato diversi altri attacchi e problemi, che alcune forze oscure volevano causargli.
Va detto che anche se il mondo spirituale nero (quel mondo che un cattolico chiamerebbe Satana o indicherebbe come “le forze del male”) può tentare di uccidere l’avversario, spesso riuscendovi, tutto rientra in un disegno spirituale molto più ampio, di cui anche le forze spirituali oscure fanno parte. Nessuno muore, se non è il suo momento e se la sua morte non si inserisce in un preciso disegno.
Una delle differenze tra un comune mortale e un maestro spirituale è che, in genere, il maestro spirituale ha la percezione di questo disegno, e vi si sottopone volontariamente. La sua morte è un atto di volontà, che si inserisce in un progetto di vita volto ad elevare l’umanità.
Articolo di Paolo Franceschetti
Fonte: www.paolofranceschetti.blogspot.it
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