Epigenetica e Neuroscienze… oltre la Genetica
di Giovanna Paoletti
“A mio parere il più grave errore che ho commesso, è non aver dato sufficiente peso all’azione diretta dell’ambiente… indipendentemente dalla selezione naturale. Quando scrissi ‘L’Origine delle Specie’, e per molti anni a seguire, non trovai che scarsissime prove dell’azione diretta dell’ambiente; ora invece sono numerose”. (Darwin,1888)
Parole oltremodo eloquenti quelle proferite dal padre della teoria evolutiva. Concetti profondi di una filosofia che molto ha da insegnare a quanti si avventurano tra gli irti sentieri della scienza: in primis, a non confidare esclusivamente nel metodo induttivo.
Le scoperte più sensazionali, infatti, sono sempre il risultato e la conseguenza di un’intuizione, di un’idea che, quand’anche all’apparenza bizzarra, reca in sé qualcosa di geniale e magico insieme. E di scoperta storica sicuramente possiamo parlare, in riferimento all’individuazione della struttura molecolare degli acidi nucleici, che valse, nell’ormai lontano 1962, il nobel a Crick e Watson.
Il Dna è il segreto della vita. L’ambiziosa pretesa riduzionistica di svelare, grazie al sequenziamento del genoma, la complessità della vita e delle malattie umane, è ormai diffusamente infranta: in ambito oncologico, per esempio, è molto esiguo il numero di patologie a cui, ad una determinata alterazione cromosomica, corrisponde uno specifico quadro nosologico.
Le alterazioni del Dna, pertanto, non contribuiscono da sole a giustificare e spiegare la patogenesi sottesa ad ogni entità nosografica identificata. Deve esistere qualcos’altro. Nel dicembre 2005, un gruppo di 40 ricercatori ha proposto al governo statunitense di completare il progetto europeo denominato “Human Epigenome Project” iniziato nel 2003, ma in realtà il concetto di epigenetica è alquanto più vecchio. Già nel 1942, infatti, Conrad Waddington coniava il termine “epigenetica”, definendola come “la branca della biologia che studia le interazioni causali tra i geni e il loro prodotto, e pone in essere il fenotipo”. Ad oggi, l’epigenetica viene più correttamente definita come “lo studio delle modifiche ereditabili nella funzione del genoma, che si verificano senza cambiamenti della sequenza di Dna”.
Per chiarire ulteriormente il concetto, può essere utile leggere cosa scrive Thomas Jenuwein a riguardo: “la differenza tra genetica ed epigenetica, può essere paragonata alla differenza che passa fra leggere e scrivere un libro”. Una volta scritto il libro, il testo (i geni o le informazioni memorizzate nel dna) sarà identico in tutte le copie distribuite al pubblico. Ogni lettore potrà, tuttavia, interpretare la trama in modo leggermente diverso, provare emozioni diverse e attendersi sviluppi diversi man mano che affronta i vari capitoli. Analogamente, l’epigenetica permette interpretazioni diverse di un modello fisso (il libro o il codice genetico) e può dare luogo a diverse letture, a seconda delle condizioni variabili con cui il modello viene interrogato. Una metafora sfolgorante, pur nella sua semplicità.
In termini molto semplici, il gene si esprime in un modo o in un altro, in salute o in malattia, in rapporto a molteplici fattori, che comprendono tutte le interazioni che il nostro organismo ha con l’ambiente interno ed esterno. L’ambiente esterno include i nostri stili di vita, l’alimentazione, le sostanze con cui veniamo in contatto… ma anche la nostra testa è l’ambiente, e i nostri pensieri, le nostre emozioni.
Quanto conta, quindi, non tanto i nostri geni, bensì, l’espressione dei nostri geni, in funzione delle molteplici stimolazioni, modificazioni e alterazioni indotte dall’ambiente? Quanto conta inoltre, ad esempio, la modifica dei nostri stili di vita, l’alimentazione, l’attività fisica, una terapia piuttosto che un’altra? Ma credo che ancora più importanti nel modificare l’espressione genica, siano i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri sentimenti.
L’epigenetica assume in questi casi, anche una sorta di valenza positiva e liberatoria rispetto al determinismo e alla condanna della genetica. In definitiva, il messaggio che ne deriverebbe è il seguente: non possiamo intervenire sui nostri geni (o almeno non del tutto e non ancora), ma sull’espressione genica, sì.
Il messaggio è chiaro: il dna non è il nostro destino, quindi, possiamo fare qualcosa per cambiare la nostra realtà, al di là di esso. Ed ecco che l’epigenetica si è conquistata in questi anni molti studi. Di pari passo, sempre più lavori scientifici stanno uscendo sui rapporti tra epigenetica e malattie. Ci si aspetta, quindi, che grazie ai chiarimenti sul ruolo dell’epigenetica nelle patologie, venga considerato e studiato l’utilizzo di terapie farmacologiche, nutrizionali o perfino comportamentali, mirate a ristabilire o mantenere il ripristino della salute.
Geni attivati e geni disattivati: l’influenza dell’ambiente
Negli anni ottanta, quando Bruce Lipton, biologo cellulare e autore di best seller internazionali, quali la “Biologia delle Credenze”, scoprì che è la membrana cellulare ad essere il vero cervello della cellula, le sue ricerche di frontiera suggerivano che i segnali propagatori delle emozioni, sono la principale causa nello sviluppo della malattia.
Lipton fu il precursore di una nuova branca della scienza, l’epigenetica, che studia il modo in cui la chimica cellulare attiva e disattiva i nostri geni. Le ricerche in questo campo hanno dimostrato come lo stress, l’alimentazione, le credenze, le tossine e tanti altri fattori attivano in maniera differente la chimica cellulare, che ha sua volta regola l’espressione dei geni.
Secondo Lipton, questa nuova area di studio dimostra come le influenze ambientali siano molto più potenti dei geni nel causare le malattie. Egli riferisce che i più recenti studi sul cancro evidenziano come i fattori genetici influenzano l’occorrenza della malattia solo nel 10% dei casi. In altre parole, l’ambiente è responsabile delle nostre malattie per il 90% dei casi.
Ancora più interessante, è il fatto che le attuali ricerche dimostrano come le nostre strutture proteiche siano più pesantemente attivate da segnali non fisici piuttosto che da segnali chimici. In altre parole, la nostra percezione del mondo ha sulla nostra salute un’influenza molto più profonda e potente di qualsiasi medicina: la scienza di frontiera ci sta dicendo che ognuno di noi possiede innate e straordinarie capacità di autoguarigione.
Il lavoro da compiere ora, è quello di aiutare le persone a cambiare le proprie percezioni, in modo da modificare il proprio stato d’animo e conseguentemente la propria chimica corporea, generando per se stessi salute e guarigione.
In pratica, come possiamo modificare le nostre risposte emotive a ciò che accade, come riscrivere le nostre credenze? La cellula è come un chip che contiene i dati. Le nostre credenze sono immagazzinate nella membrana cellulare e vengono costantemente trasmesse al cervello che le interpreta. La mente risponde a questi messaggi vibrazionali, creando uno stato di coerenza tra le credenze e la realtà: quando le cellule trasmettono alla mente, la mente lavora diligentemente per creare la stessa realtà chimica presente nel corpo. Se nelle credenze e convinzioni ci percepiamo come malati, il cervello coordina le cellule affinché questo pensiero si realizzi. Al contrario, se le cellule trasmettono un segnale di salute e benessere, il cervello lavorerà perché questo accada.
Secondo Lipton, in questo momento, c’è un grande lavoro da compiere: quello di far capire alle persone che modificare i loro pensieri e le loro credenze è molto facile e ci suggerisce di insegnare anche ai nostri bambini, già prima dei sei/sette anni che questo è possibile, che è facile e che, cambiando i nostri pensieri, possiamo guarire i nostri corpi e vivere nella gioia, nella vitalità e nell’amore.
Nei primi sei anni di vita, il cervello umano lavora principalmente utilizzando le onde theta che creano uno stato mentale ipnagogico (ossia tutto ciò che è relativo alla fase di transizione dalla veglia al sonno e viceversa). Aggirandosi tra di noi in questa sorta di stato di trance, i bambini assorbono le convinzioni e le credenze dei genitori direttamente nel proprio subconscio, senza porsi domande e senza essere in grado di discernere.
Ricordarsi che i bambini sono spugne che assorbono ben oltre i nostri comportamenti esteriori, e che si nutrono letteralmente del nostro sentire, della nostra predisposizione nei confronti della vita, può aiutarci ad agire su noi stessi, al fine di formare una generazione nuova e più consapevole per il futuro.
Articolo di Giovanna Paoletti
Fonte: http://www.igorvitale.org/2017/08/10/epigenetica-potere-mente-espressione-dna/
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