La Tecnica Psichica per Ipnotizzare le Masse
di Francesco Lamendola
La tecnica psichica per ipnotizzare le masse. Un lavaggio del cervello: come le Élite finanziarie con il martellamento di mass media e Tv hanno trovato il modo per fare leva con successo sugli archetipi dell’incosciente collettivo.
Il problema più imperioso ed urgente che oggi si pone è quello di capire e di spiegare come sia possibile che poche decine di persone, e sia pure padrone assolute dei mezzi d’informazione e, indirettamente o direttamente, anche di gran parte dei governi degli stati, abbiano potuto portare avanti con tanto successo il loro piano strategico per la sottomissione di quasi otto miliardi d’individui.
Piano riuscito al di là delle loro più rosee speranze, visto, ad esempio, che due anni d’imposizioni sanitarie sempre più assurde e vessatorie hanno sortito l’esito, non già di provocare una rivolta generalizzata delle popolazioni, ma un diffuso atteggiamento di acquiescenza e di consenso, attestato dall’ostinazione con cui milioni di persone seguitano a girare per la strada e ad entrare nei locali pubblici indossando la famigerata, inutile e dannosa mascherina, simbolo visibile di sottomissione mentale, anche oltre i termini che la rendevano obbligatoria.
Il che è come se tutte queste persone dicessero al malvagio potere globalista: “Procedete pure con la vostra agenda, noi siamo d’accordo con voi; anzi ci sembra che non siate stati coerenti e non stiate applicando con sufficiente rigore i decreti e i protocolli dettati da ragioni di pubblica utilità e necessità, per cui noi siamo costretti a supplire, con misure di cautela individuali, alla carenza o all’insufficienza di rigore che voi state mostrando nell’imporre alla totalità della popolazione il rispetto delle essenziali norme di sicurezza collettiva”.
Ebbene, crediamo che per spiegare una cosa simile non sia sufficiente ricorrere all’istinto gregario, insito naturalmente nelle persone e specialmente nelle masse, ove scompare o si attenua enormemente il senso di responsabilità individuale; né alla costanza e alla capillarità del bombardamento terroristico a cui è stata sottoposta la società ad opera della stampa e della televisione, oltre che dei governi e delle pubbliche amministrazioni.
Riteniamo che un fenomeno così vistoso e imponente non si possa spiegare in termini puramente negativi; e che, in linea generale, ogni fatto e ogni evento debba essere compreso e spiegato in base ad una causa efficiente e non solo ad un’assenza di fattori contrari. Ora, ci sembra che all’origine di tale fenomeno ci sia qualcosa di simile all’isterismo e all’ipnosi collettiva che venivano innescati nelle folle dai dittatori carismatici del XX secolo, e specialmente da Hitler: fenomeno ormai ammesso da quasi tutti gli storici, ma perlopiù relegato fra le curiosità della psicologia di massa e non adeguatamente sviscerato nelle sue origini e nelle sue dinamiche profonde.
Del resto, si tratta di dinamiche analoghe a quelle che si creano in uno stadio odierno in occasione di un grande evento sportivo, o in presenza di un grande concerto rock, o, ancora, quando si esibiscono, sia direttamente, sia alla televisione, certi divi dello spettacolo che possiedono la capacità di andar dritti all’emozionalità profonda del pubblico, ad esempio cantanti come Madonna, per non dire dei cosiddetti influencer, i quali, attraverso la rete impalpabile ma potentissima dei social, sono in grado di esercitare un influsso evidente e duraturo sui comportamenti, sui gusti, sulle scelte di milioni e milioni di persone, specialmente giovani e adolescenti.
Dobbiamo dunque immaginare che al fondo dell’incosciente collettivo (l’espressione è di R. Alleau) ci sia una zona oscura, potenzialmente ricettiva, che vive di vita riflessa e che si alimenta di tutto ciò che fa leva sugli archetipi e sulle forme mitiche presenti nella coscienza; una specie di serbatoio energetico capace di essere destato e di alimentare emozioni, sentimenti e anche comportamenti concreti assai “forti”, qualora chi ne comprende il meccanismo sappia toccare i tasti giusti.
È chiaro che quando una folla si riunisce a teatro per assistere ad un dramma di Sofocle o ad una commedia di Shakespeare, essa viene “rapita” in una dimensione fantastica creata non solo dall’efficacia delle situazioni rappresentate e dalla bravura degli attori, ma anche dal fatto che la folla vi trova una corrispondenza con certi archetipi e con certe forme mitiche che sono già presenti in essa, e che in quella determinata espressione trovano una sorta di cassa di risonanza.
Inutile aggiungere che gli archetipi e le forme mitiche sono sostanzialmente determinati dal bagaglio culturale e dall’immaginario collettivo di una certa società; per cui una società, come la nostra, dove essi vengono prodotte dai mezzi d’informazione di massa, e specialmente dal cinema e dalla pubblicità, quanto più una data rappresentazione riproduce quelle forme e quei miti, tanto più essa trova corrispondenza nel sentire profondo della massa.
La nostra epoca, materialista e utilitarista, non fornisce più lo scenario adatto per la spettacolarizzazione della politica nei termini di cui si servivano, ad esempio, le grandiose scenografie umane del nazismo e dello stalinismo; peraltro è degno di nota che alcuni politici del periodo successivo alla Seconda guerra mondiale vengano dal mondo dello spettacolo. Pensiamo al presidente Reagan, a Beppe Grillo, al presidente ucraino Zelenskyj: “animali da palcoscenico” che sanno come far leva sugli istinti più elementari della folla e il cui successo sarebbe inspiegabile in un altro tipo di società, costruito su altre modalità di comunicazione e di espressione. Oggi, in linea di massima, per quanto riguarda la politica, chi detiene il potere reale – ossia il grande capitale finanziario – ha trovato un altro modo per fare leva con successo sugli archetipi dell’incosciente collettivo, e cioè il martellamento da parte dei mass-media e specialmente della televisione.
Quel che vogliamo dire è che, dal punto di vista delle dinamiche, delle modalità e dell’efficacia, il ruolo svolto a suo tempo da personaggi diabolicamente persuasivi come Hitler è svolto ai nostri dì da quell’oggetto apparentemente innocente, o quantomeno neutro, che è la televisione. Ricordiamo la formula di Marshall McLuhan: il medium è il messaggio. Non chiediamoci dunque di che cosa stia parando la televisione in questo o quel momento, bensì concentriamoci sul fatto che la televisione, per il fatto di essere presente in tutte le case come un oggetto irrinunciabile, di essere tenuta accesa per molte ore al giorno e passivamente fruita da milioni e milioni di persone, esercita su queste ultime una sorta di medianità, o se si preferisce d’ipnosi, in tutto e per tutto paragonabile a quella che veniva evocata nei grandi raduni nazisti di Norimberga o nelle grandi parate in onore di Stalin a Mosca, ove folle di centinaia di migliaia di persone andavano letteralmente in estasi ed erano pronte a credere qualsiasi cosa venisse detta e ripetuta loro, e ad obbedire a qualsiasi esortazione e a qualunque ordine, anche il più folle e criminale, come poi di fatto è accaduto.
Lo stesso lavaggio del cervello, lo stesso condizionamento profondo, la stessa ipnosi medianica che induce le persone in uno stato di trance viene oggi silenziosamente e discretamente esercitata da mamma tivù: e il fatto che la sua presenza ed il suo ascolto siano entrati a far parte della vita quotidiana di tutti, o quasi tutti, senza essere percepite come qualcosa di artificiale o almeno come qualcosa di possibile, cui si può dire di sì ma anche, volendo, di no, ossia non averla o tenerla spenta, indica fino a che punto essa è ormai in grado di condizionare la vita delle masse e di creare nelle persone isolate la stessa atmosfera isterica e ipnotica che si crea in una grande folla, quando hanno luogo manifestazioni spettacolari come quelle cui abbiamo accennato sopra, sportive, canore o di qualunque altro genere.
Scriveva René Alleau nel suo famoso saggio “Le origini occulte del nazismo. Il Terzo Reich e le Società Segrete” (titolo originale: “Hitler et les Societés Secretes”, Paris, Editions Bernard Grasset, 1969; traduzione dal francese di Riccardo Leveghi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1989, p. 176): “Ho avuto l’occasione, nel corso d’un viaggio in Germania, d’ascoltare e vedere Hitler a Norimberga, quando ancora ero studente di filosofia. Siccome stavo preparandomi ad un diploma per un corso di studi superiori sulla psicologia della paura, avevo deciso d’osservare da vicino l’uomo che faceva tremare l’Europa. Ero assai ben piazzato per poter seguire il minuzioso rituale che regolava il cerimoniale di quell’orgasmo collettivo al quale bisogna aver assistito per rinunciare a descriverlo, non fosse che per rispetto alla dignità umana. Perlomeno, ero stato colpito dalle diverse fasi dello sdoppiamento della personalità che caratterizzava la MEDIANITÀ ORATORIA di Hitler.
Da questo istante, il più delle volte sottolineato da tempestose raffiche di grida e acclamazioni, da “Sieg Heil!” che sostenevano il volo dello “sciamano” e le sue lunghe tirate ansimanti, il “raptus” estatico del “medium” aveva inizio, punteggiato da gesti e segni delle dita, analoghi a quelli che esalta Sebottendorff negli esercizi d’auto-ipnosi dei dervisci”.
Ora, si confronti questo brano con ciò che ciascuno di noi può verificare osservando le persone “imbambolate” davanti allo schermo televisivo (e cinematografico): il fatto che il bombardamento psichico cui sono sottoposte non viene da un personaggio politico dotato di poteri carismatici, ma da un anonimo giornalista o annunciatore televisivo può sembrare una grossa differenza, ma in realtà, quanto agli effetti, la differenza è minima o addirittura inesistente.
Se poi non compare sul piccolo schermo un giornalista o un annunciatore, ma un “esperto” o un “tecnico” o uno “scienziato” in camice bianco, il quale ci raccomanda un serie di cose, ci esorta a sottoporci a determinate iniziative “sanitarie” e stigmatizza come irresponsabili e socialmente pericolosi i comportamenti che non tengono conto delle loro indicazioni, la somiglianza diverrà ancora più evidente e ci permetterà di capire come sia possibile che intere nazioni si lascino assoggettare da un potere malefico, sulla base di dati che non hanno assolutamente nulla di autenticamente scientifico, che sono anzi la negazione del vero spirito scientifico e l’apoteosi di una falsa scienza asservita a ben precisi interessi economici, e brandita come una clava per spaventare a morte e soggiogare i cittadini, specialmente quelli delle fasce più inermi e psichicamente e spiritualmente indifese: i vecchi e i bambini.
E sempre René Alleau, (op. cit., pp. 215-217): “Il fisico Erwin Schrödinger ha ricordato una verità fondamentale che la nostra epoca sembra aver dimenticato: ‘La coscienza – ha detto – non è mai sentita al plurale, ma soltanto al singolare’. Al contrario, ciò che si sente al plurale costituisce, nel suo insieme, l’INCOSCIENTE COLLETTIVO che non deve essere confuso con l’inconscio collettivo di C. G. Jung. (…) L’incosciente collettivo, nel senso in cui bisogna intenderlo, rappresenta soltanto un insieme di fenomeni di COSCIENZA MINORE, una specie di cenestesi psichica, di forza d’inerzia proveniente dalle nostre abitudini affettive e intellettuali, una gravitazione dei nostri comportamenti quotidiani. Si tratta, per così dire, di una sorta di VITA VEGETATIVA della società, alla quale, precisamente, deve opporsi la VITA NERVOSA, la coscienza singola, lo spirito critico e la volontà degli individui. (…)
In questa prospettiva [quella di Gabriel Tarde: “Le leggi dell’imitazione”] i miti, attraverso la storia, non s’impongono affatto all’ “incosciente collettivo” per una forza inesplicabile che proverebbe da una personalità incosciente, non individuale, e profondamente nascosta, dal ‘Sé’ di C. G. Jung o di qualche oscura divinità. Tutt’al contrario, questi miti si risentono attraverso linguaggi e opere estremamente elaborate che, nella perfezione della loro potenza poetica, affascinano durevolmente le generazioni successive attraverso il carattere ECCEZIONALE delle situazioni e dei personaggi che mette in scena il teatro mitologico di ogni civiltà.
Infatti, i nostri miti sono espressi più sovente da attori, da mostri consacrati e incarnati nell’arte. Questa ‘azione a distanza di uno spirito sull’altro’ che ricorda Tarde non è differente in sé, da quella che esercita il genio dell’artista. Per poco che si estenda tale risonanza a quella delle ‘situazioni esemplari’, si scorge che i miti rappresentano, infatti, un risparmio d’esperienze individuali grazie a prototipi sperimentai collettivi. Qui, ancora, la coscienza individuale tende al minimo sforzo: è più facile immaginare che una tragedia è già stata vissuta e sapere che essa è già stata provata da un eroe, in un’epoca immemorabile, che provarla da sé stessi, nella sua singolarità esistenziale, qui e adesso. Ciò che è proprio del mito, ciò che essenzialmente lo caratterizza, è la potenza contagiosa dell’imitazione del suo ‘modello’ – del suo ‘pattern’ transtorico, in rapporto alla deficienza della nostra invenzione individuale e all’insufficienza della reinvenzione critica del nostro essere attraverso la NOSTRA propria storia”.
Ora, René Alleau (1917-2013), esperto di esoterismo e società segrete, era un massone e, inoltre, un discepolo di Guénon; circostanza di cui occorre prendere nota perché assolutamente tipica: quasi tutte le storie della massoneria sono scritte da massoni (così come, ci sia concesso l’accostamento, quasi tutte le storie dell’ebraismo, specialmente delle vicende moderne del popolo ebreo, sono scritte da ebrei), e dunque tendono a evidenziare certi punti di vista e a suggerire certe interpretazioni, passandone altre sotto silenzio, oppure minimizzandole e, non di rado, ridicolizzandole.
Pur con questa premessa, ci sembra che, nel caso specifico, la sostanza del discorso di René Alleau sia condivisibile e la si possa tranquillamente trasferire nello scenario politico, sociale e culturale dei nostri giorni, dove all’ombra della “democrazia”, i governi stanno facendo passare, senza incontrare praticamente opposizione, provvedimenti lesivi delle più elementari libertà dell’individuo, quali non erano stati presi neppure dai totalitarismi “classici” del XX secolo.
E ciò vorrà pur dire qualcosa, se è vero che il nemico più insidioso è quello che non si vede e che non viene neppure percepito come tale, ma addirittura come un amico. Possibile che non faccia riflettere il fatto che personaggi come Bill e Melinda Gates che usano da anni sperimentare i loro farmaci sulle popolazioni dei Paesi poveri, utilizzandole, di fatto, come cavie umane, vengano poi tranquillamente presentati dai mass media come benefattori dell’umanità, e che nessun giornale e nessuna televisione avanzi mai qualche sospetto di conflitto d’interessi fra le loro attività “filantropiche” e quelle economico-finanziarie, quali soci di maggioranza in una quantità di multinazionali del farmaco?
Articolo di Francesco Lamendola
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