La Tangente
di Lorenzo Merlo
“There is no alternative”, Non c’è altro modo. La tatcheriana formula che stiamo vivendo all’ennesima potenza è stata una specie di oracolo. Il cui culmine però non è quello proclamato.
L’eterno ritorno di Nietzsche è una riformulazione dell’iperuranio di Platone. In quest’ultimo risiedono tutte le idee che gli uomini ritengono proprie, credendo sorgano in loro. Non serve alcuna dimostrazione sull’attendibilità di quanto detto, basta guardare la storia in grande e in piccola scala, per riscontrare che in tutti noi passano le medesime idee. Da qui la necessaria conclusione del filosofo tedesco.
Il quale non si è fermato a piangere su quel concetto, né sull’umanità che lo realizza. Formulandone un altro, detto volontà di potenza, offriva la prospettiva per emanciparsi dal vincolo dell’eterno ritorno, il cui primo significato allude alla condizione di sofferenza e ipocrisia in cui versiamo. Infernale, direbbero i cattolici, il cui eterno ritorno prende il via dalla mela appena colta.
La volontà di potenza – al di là di quanto affermano in merito i suoi più modesti esegeti – è tratto peculiare di quel tipo di persona che lui chiamava übermensch che, tradotto in oltreuomo, significa di un uomo evoluto rispetto all’attuale e, in superuomo, in uno, che dispone di una forza vitale e creatrice, impossibile all’ultimo uomo, ovvero a colui inconsapevole di ciò che lo ha generato, slegato dalla sua origine, convinto proprietario di sé stesso, come delle proprie idee.
Sul sudore e il dolore del piccolo uomo è stata eretta la torre di Babele, in cima alla quale sta la politica arimanica alla quale stiamo assistendo, una specie di convoglio, condotto da pazzi, la cui inerzia, che pare irrefrenabile, ci condurrà necessariamente al deragliamento catastrofico. E che ognuno lo commisuri al proprio gradiente di consapevolezza spirituale.
È del carattere dell’ultimo uomo la ricerca della sicurezza elevata a valore primario. Per la quale è disposto, di buon grado, a versare il massimo tributo. Un atteggiamento che lo porta dritto nel regno dei pusillanimi, sotto la bandiera del buon senso. Parola d’ordine con la quale l’ultimo uomo ritiene di risolvere i misteri del mondo.
Anche il benessere è un suo tratto distintivo. Ma non quello che scende dalle cime delle consapevolezze. Bensì quello acquisibile nelle profondità dei centri commerciali. Un tratto che trascina con sé altri vizi, tra cui quello dell’abbondanza, dell’invidia, dell’avidità. Anche questo una sorta di trenino il cui capolinea è biforcuto: nichilismo e alienazione. Entrambi patologie del progresso materialisticamente inteso. E praticamente presente tanto da sembrare un mare senza rive, in cui, come naufraghi non possiamo che restare aggrappati e difendere, costi quel che costi, il nostro brandello di fasciame.
L’ultimo uomo spicca in tutte le dimensioni dell’egoismo. Preferisce sé stesso alla nobiltà che potrebbe indossare. La sua vocazione è la replicazione di qualche modello che la storia di altri piccoli uomini – così anche li chiamava Nietzsche – gli ha offerto.
È una figura, il cui campo d’azione è limitato dai propri desideri e dalle proprie passioni. Giardinetti dai quali stila classifiche, redige categorie, impone il giusto e condanna lo sbagliato. Un’attività che svolge con naturalezza dal suo scranno razionalista. La cui statura, che crede massima, non arriva invece a vederne i limiti, l’autoreferenzialità, l’arbitrarietà, l’assurdità, la violenza, l’abuso, la miseria.
Se il carattere dell’ultimo uomo è replicativo, il suo destino sta nell’affardellarsi di saperi – che chiama progresso – di dati, per fare la punta sempre più fine alla lancia della sua specializzazione. Un fatto per lui insostituibile e positivo, che lo proietta per la tangente, nello spazio nero, lontano dal centro della vita, della bellezza, dell’unione con il tutto.
Tanto l’übermensch ha ancora da venire, quanto senza il suo avvento resteremo nella tirannia di chi ha la lancia più appuntita.
Articolo di Lorenzo Merlo
Fonte: fisicaquantistica.it
Libri di Lorenzo Merlo:
Sul fondo del barile
Primiceri Editore, Ottobre 2018
Un libro forse solitario che prova a fare il punto sulla situazione attuale, sul sincretismo tra Tradizione e Scienza quantistica, per sostenere come la via verso consapevolezza si stia facendo strada nella cultura occidentale un tempo solo materialistica. E per fare presente che anche in un momento di degrado generale possiamo trovare la linfa per compiere un passo verso ciò che i buddhisti chiamano liberazione dal ciclo delle reincarnazioni. Ovvero un passo evolutivo per avvicinarci alla realizzazione di sé e perciò di una società più corrispondente a quella che tutti abbiamo in mente.
Senza dire Io
Vivere, parlare, pensare Senza dire Io – Interviste a uomini come noi
Postfazione Paolo Lissoni – Primiceri Editore, Marzo 2021
Il libro si compone di due interviste a Paolo D´Arpini e Marco Baston, nonchè della Postfazione di Paolo Lissoni. Tre uomini per altrettante ricerche umanistiche di forma fortemente diversa tra loro, ma di sostanza identica, in quanto relativa all´evoluzione individuale/sociale.
AFGHANISTAN
Fede cuore ragione.
Victoryproject book, Milano, 2011
È un libro fotografico. Dedicato soprattutto ai sentimenti. Storie di persone che l'empatia sa riconoscere da ogni sguardo.
È un libro pieno di domande. La verità della fotografia fino a quando non mente? Che accadrà dopo il 2014, la data della ritirata della forza internazionale? Quanto il movimento talebano ha interessi internazionali? La natura dell'islam può essere avvicinata da un miscredente? Sono esistiti progetti di comunicazione per promuovere la centralità dello Stato? C'è qualcosa che possiamo sapere oggi, ad anni di distanza dai fatti, sui sequestri Torsello e Mastrogiacomo? Un mea culpa occidentale avrebbe un peso geopolitico? La democrazia è un valore da affermare con la forza? C'è un'unica realtà o ce ne è una di rubik dove ognuno ha diritto al lato che lo rappresenta? La guerra è un fatto in mano alle lobby o può vantare significati umanitari? Pulizia etnica e razzismo pasthun sono un delirio hazarà o corrispondono a dati di fatto? Quanto un fotografo sa di provocare una realtà piuttosto che un'altra spostando anche di poco il rettangolo dello scatto?
Essere Terra
Viaggio verso l’Afghanistan
Prospero editore, Milano, 2019
Un viaggio verso l’Afghanistan. “Verso”, perché non era possibile essere certi di arrivarci, entrarci, percorrerlo e uscirne: dal 1979, anno dell’invasione sovietica e inizio delle guerre tuttora in corso, pochi o nessuno avevano pensato e realizzato l’idea di raggiungere Kabul in solitaria, guidando un mezzo personale e attraversando Balcani, Turchia e Iran. Essere Terra non è solo un libro di viaggio. Oltre allo scorrere di descrizioni di uomini e paesaggi, caratteri e convenzioni, Merlo segue le tracce di Annemarie Schwarzenbach, Ella Maillart e Nicolas Bouvier attraverso le loro opere, scritte lungo la stessa “central route” percorsa in questo libro. Così l’autore ha voluto celebrare quei pionieri “così utili per comprendere l’Europa e l’Asia, così attuali da far impallidire i diplomatici di oggi” con una narrazione ricca di senso critico, considerazioni e riflessioni di carattere storico e sociologico.
Essere Terra
Un viaggio di ricerca
Prospero editore, Milano, 2020
Degustare è la parola. Degustare apre a evocazioni ed emozioni a cui la voracità del consumo non ha accesso. Essere Terra – un viaggio di ricerca richiede al lettore il desiderio di degustare. Molti segreti lo richiedono per emergere dal fondo melmoso dei luoghi comuni, per raggiungere la superficie dell’evidenza e strabiliare nuovamente la normalità del quotidiano. Solo degustando si sale in macchina con l’autore, solo allora i paesaggi si ricompongono. Dal 1979, anno dell’invasione sovietica e inizio delle guerre tuttora in corso, pochi o nessuno avevano pensato e realizzato l’idea di raggiungere Kabul in solitaria, ma Essere Terra non è solo un libro di viaggio. Oltre allo scorrere di descrizioni di uomini e paesaggi, caratteri e convenzioni, Merlo segue le tracce di Annemarie Schwarzenbach, Ella Maillart e Nicolas Bouvier attraverso le loro opere, scritte lungo la stessa “central route”.
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