Non Vedrai Mai la Morte
di Marco Guzzi
“Quando morirò spero di essere abbastanza in pace con tutti e con me stesso”.
“Spero di aver espresso la maggior parte del mio potenziale di vita, di creatività, e di amore, e di essere perciò sazio dei miei giorni.
Spero di non avere quindi troppa paura di attraversare la soglia del mondo visibile. Spero anzi di averla già abbastanza consumata questa soglia divisoria, perché la morte in verità si sconta vivendo, e vivendola in vita in ogni momento, forse si capisce che in essenza e come annientamento, semplicemente non esiste.
Quando morirò spero di potermi guardare indietro e di vedere tante persone guarite, riconciliate con la vita, tante persone insomma almeno un po’ più felici, anche grazie a ciò che l’amore avrà saputo fare tramite me. E spero anche di vedere tante persone intorno a me, figlie e figli, nipoti e pronipoti, amici e allieve, che mi sappiano guardare con affetto, ma che mi sappiano anche lasciare andare, senza trattenermi troppo con il loro dolore.
E quando la vita si staccherà da questo mio corpo mortale spero che la mia coscienza resti viva, anzi che si accenda di una più acuta consapevolezza e che io, proprio io possa entrare nelle dimensioni dello spirito ad occhi aperti. Sentirò allora una beata leggerezza ed una grande pace, perché i limiti e le angustie del corpo materiale e dei suoi sensi saranno svaniti.
Sarà come togliersi una scarpa troppo stretta o slacciarsi una cintura che stringa in vita. Sarà come riprendere fiato, uscire all’aperto, dopo tante stagioni al chiuso. Oh quale grande sollievo! Finalmente! Quale suprema liberazione e pace e quiete e indescrivibile conforto!
Spero di avere però tutti i miei sensi attivi, ma come potenziati, liberati, e moltiplicati. L’aria sarà profumata e fresca come mai, e lo spazio d’intorno sarà ricco di tutti i colori e le forme che la natura ha inventato sulla terra e che di là vedremo ancora meglio come effusione policroma di amore, come creazione multiforme di un genio amante, di un cuore davvero geniale.
Sarò un po’ sorpreso? Forse, ma per poco. In breve verranno incontro al mio stupore e alle mie domande tanti amici, forse mio padre o Giovanna o nonna Edvige o qualche maestro che tanto mi ha insegnato, Heidegger magari o Jung o Etty Hillesum o forse Nietzsche o Char o Hoelderlin, giovani però e molto più umani, più sani, più umili, più illuminati.
Credo infatti che di là veniamo accolti, veniamo aspettati, come quando di qua nasce un bambino e ha tanta paura, finché non scopre che la mamma è anche lì fuori, che le sue braccia calde sono pronte ad avvolgerlo e a coccolarlo come un nuovo grembo, e che c’è anche un papà di là, e altri bambini, e tante cose belle da imparare.”
Tratto da: Marco Guzzi, “Dodici parole per ricominciare. Saggi messianici” (Ancora Editrice, 2011)
Fonte: https://t.me/darsipace_marcoguzzi
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