La Vetrinizzazione Sociale
di AM (Weltanschauung Italia)
La vetrinizzazione sociale, così la definisce il sociologo Vanni Codeluppi, quella tendenza a mostrarsi, ad esporsi in vetrina ad uso e consumo degli altri. Oggetti.
Il capitalismo, mostruosa macchina che dalla Seconda Rivoluzione Industriale cominciò ad abbuffarsi del mondo, ha trasformato cose, ambienti, persone e rapporti umani in merci. La “reificazione”, concetto filosofico col quale Marx si riferiva alla riduzione dell’essere umano e del lavoro a semplici merci, sembra aver raggiunto il suo acme.
Nella modernità liquida, in cui tutto circola, si scambia, rimbalza e risuona come in gigantesche camere dell’eco, sono i corpi ad essere trattati alla stregua di merci. Corpi vuoti, svuotati, modificati da filtri e appiccicati sulle vetrine dei social, in cui tutto scorre. Il “Panta rei” di internet. Il fluire di un mondo in cui tutto è finzione, ma che infonde l’illusione di vivere nella realtà, di essere qualcuno, di esistere.
Incollati agli schermi, trascorrono ore mentre in loro e attorno a loro ciò che scorre è la vita vera. Risucchiati dal turbinio delle vite degli altri, apparentemente migliori, più ricche, esaltanti e felici, si convincono di poter esistere solo mettendosi davanti all’obbiettivo della fotocamera, ritoccandosi coi filtri dell’intelligenza artificiale e poi sistemandosi in una squallida vetrina.
L’esistenza ridotta a merce. Corpi su corpi, ostentati, mercificati, sfoggiati come oggetti da vendere. Chi li compra è la discarica dei social, piattaforme bulimiche governate dall’algoritmo che tutto ingurgita e poi rigurgita sotto forma di dati da vendere per arricchire i colossi del digitale.
Una mercificazione dei corpi che distrae da un’esistenza autentica, ragionata e sofferta, che scava, si interroga e si osserva. Perché per esistere bisogna sapersi guardare dentro e saperci convivere con quel dentro; proiettarsi convulsamente all’esterno non fa che impedire di esistere.
È sempre più raro vedere qualcuno da solo, che sta lì, in silenzio, senza far niente. La maggior parte non lo noterebbe nemmeno, la testa sullo schermo, ad alcuni parrebbe strano. Sostare soli, senza il salvagente dello schermo, senza nulla da dire a chi non c’è, senza una foto da postare, senza auricolari, senza alienarsi dalla realtà.
Eppure è proprio lì, in quel far niente, nello stare da soli con sé stessi, che si sta vivendo. È solo così che si diventa capaci di esistere.
Articolo di AM (Weltanschauung Italia)
Fonte: https://t.me/weltanschauungitaliaofficial
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