Anima Gemella
di Tiziano Bellucci
Ciò che si crede l’incontro con l’anima gemella non è un fatto esteriore, ma un processo interiore. E’ un appuntamento che ha luogo dentro l’essere umano.
Vi è una parte in noi, che ci attrae verso l’alto. L’anima presente in ogni uomo e donna, è quell’elemento femminile tramite cui sentiamo attrazione verso l’eterno maschile cosmico, il divino. Così come il “magnete” attrae il “ferro”, un eterno femminile alberga in noi e ci attira verso il regno dal quale siamo nati. Lo spirito.
Vi è però una complicazione: l’anima umana non nasce pura, accoglie in sé influenze materiali. E a tutta prima non ci attrae verso l’alto, ma verso il basso. Quando però l’anima in noi si purifica, liberandosi da tutto ciò che ha ricevuto dal mondo fisico, viene fecondata dal mondo spirituale, dando vita all’uomo superiore, a quello che nelle religioni viene chiamato “Figlio dell’uomo”. Il quale è la sintesi del maschile e del femminile, l’androgino reintegrato.
L’anima è perciò in perenne ricerca di quello Spirito che ormai può ritrovare solo in due modi: grazie alla morte o alla pratica dell’iniziazione. La quale è un “gustare la morte in vita.
Quando nasce il Figlio dall’anima, accade che si incontri l’anima gemella. Siccome si è realizzata la reintegrazione di sé, il matrimonio interiore, le nozze “chimiche”, allora si diviene capaci di vedere nel proprio compagno la sintesi di tutti gli umani, come parte della globalità degli esseri che si riassumono nel concetto di Dio.
L’altro, come ogni umano, ci appare come luce che si unisce alla nostra luce: parte di una luce più ampia, che avvolge tutta l’umanità. Infatti l’amore non è un sentimento, ma una capacità dell’anima di potersi espandere all’infinito, sino ad accorgersi di poter “nuotare” nella luce che vive in ogni uomo, animale o astro. L’amore è della stessa natura del Sole. Una forza solare.
Solo dopo aver praticato il matrimonio tra il proprio spirito e la propria anima, si “svela” l’arcano: l’altro umano, il compagno, l’amante era già parte di noi. Ma non lo intendevamo. Solo ora ci accorgiamo che da quel momento in poi siamo in grado di poterlo amare davvero: perché lo riconosciamo come parte di noi, e insieme al mondo, di Dio. Nello spirito tutto è unità, e là, noi eravamo uniti, senza saperlo.
L’altro era in noi prima di incontrarlo. L’incontro ci dà l’occasione di accorgercene. Ed è magico. Per questo si dice: “L’amore è lo Spirito che vuole sé stesso nell’altro: senza ancora saperlo”. (M. Scaligero)
Ogni matrimonio o unione è destinato ad “essere sbagliato” se non si sviluppa prima in noi la capacità di reintegrare, di armonizzare noi stessi. Il problema non sono “gli altri”, ma la nostra incapacità di afferrarsi come anima e come spirito.
L’anima o l’umanità gemella?
La teoria dell’anima gemella sorge dal platonismo: dal mito dell’androgino spaccato in due. Da quel momento il maschio e la femmina si cercano: e a “quella brama di interezza viene dato il nome di amore”. L’amore, l’unione fra un uomo e una donna, sarebbe la panacea che andrebbe a “ricostituire” l’antica natura umana unica. Di fatto non si parla di anima gemella, ma di maschio e femmina.
Il mito dell’anima gemella ha radici più egoistiche, meno profonde. Esotericamente non esiste un’anima gemella, anzi questo concetto contraddice il concetto di amore totale e di fraternità: “diminuisce” e relega l’amore solo alla coppia, non all’intera umanità.
Tale incontro sarebbe un colpo di fortuna, o un destino. E se invece fosse un inganno? Questo mito non potrebbe essere sorto dalle potenze oppositrici, che hanno così “spostato” la ricerca fuori, anziché dentro: disorientando l’umano? Credere nell’anima gemella non potrebbe essere un’illusione, che non aiuta a mettersi al lavoro dentro di sé, ma a rimanere come si è?
E’ probabile che l’idea di anima gemella sia sorta per giustificare la pigrizia dell’uomo, e anziché indirizzarlo a cercare in sé la soluzione, e quindi consegnare nelle mani del singolo il dovere di purificarsi e migliorarsi, lo abbia deresponsabilizzato, consegnando “all’altro” l’arduo compito di essere la perfetta anima gemella. Al punto di credere che sei legittimato, autorizzato o condannato a “cambiare” partner, in visione o in attesa di incontrare la “predestinata”.
L’esoterismo ci dice che l’anima gemella è ogni umano: dipende da noi riconoscerla come tale. La meta è amare l’umanità: l’unione di coppia è solo una fase. L’anima gemella è l’umanità.
Non è necessario avere un partner per incontrare la propria sposa interiore. Anche questa è una panacea. Il nubilato fra i preti era in visione di ciò. La sposa “esteriore” la si incontra sempre dopo essersi sposati dentro. E’ un fatto direttamente proporzionale. Posso essere capace di amare, solo se prima imparo ad amarmi. E amarmi è conoscermi, approfondirmi, al punto di purificarmi. Non esiste nessuna compagna “esteriore” in grado di fare questo. Possiamo farlo solo da soli. Con ciò non si vuol dire che non “si debba avere una compagna” durante il “lavoro”.
E’ di certo spiacevole rinunciare a credere a Babbo Natale… ma il mito dell’anima gemella è qualcosa che ci hanno propinato per impostare la nostra vita secondo canoni “americani”. L’anima gemella è una panacea, un effetto placebo per l’anima. Un sedativo, affinché dormendo non ci si accorga che “tutto” è rinchiuso nel mistero della propria trasformazione, in esseri che si bastano e non dipendono da nessuno.
Ci si innamora dell’idea dell’anima gemella, la ricerca di quell’unica persona che può capirci, ma è solo l’orgoglio che non ci fa ammettere i nostri lati da correggere, e così pur di non lavorare su noi stessi, ci nascondiamo dietro la scusa di non aver trovato la persona giusta.
A meno che non si tratti di amare: allora abbiamo a che fare con esseri che danno sé stessi, per tutti, per l’umanità senza condizioni. Ma si tratta di una lontana meta. Chiamata “Era di Filadelfia”, della “Gerusalemme celeste”. Che si attuerà tanto prima quanto si smetterà di credere alla cosiddetta “anima gemella”.
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