Indagine in stati di coscienza superiori
di Tiziano Bellucci
In ogni epoca, in ogni popolo o religione, anche se con differenti approcci, la base da cui partiva un’educazione occulta per il conseguimento di conoscenze superiori, era la pratica della meditazione.
Tramite essa infatti ci si poteva trasporre in uno stato diverso dall’usuale, pari a un “dormire cosciente”, così da potersi relazionare con eventi ed esseri esistenti nella dimensione trascendente e ricevere comunicazioni spirituali. Ancora oggi la piattaforma rimane la stessa, anche se con un differente metodo. I metodi per conseguire conoscenze occulte non sono mai stati gli stessi in ogni epoca, e differenti saranno in futuro, perché differente, era e sarà, l’organizzazione animica dell’uomo; assumere oggigiorno contenuti e affidarsi a tecniche provenienti da anime antiche, può significare non procedere secondo l’intenzione dei tempi, perché tali metodi non si confanno con l’attuale natura umana.
Erroneamente si crede che l’uomo antico si differenzi da quello attuale solo riguardo alla quantità di conoscenza; non essendo consapevoli che l’anima di un egizio antico era diversa da quella di un europeo attuale, si afferma: “l’uomo antico era sì saggio, ma non essendo scientifico era superstizioso, ignorante, quindi ottusamente religioso: non avendo scienza era come dormiente. Oggi, con le grandi conquiste della scienza l’uomo è divenuto più sapiente, più desto. Non crede più che il fulmine sia sferrato da Zeus in persona, ma sa che esso ha cause elettro-fisiche”.
Quando ci si appresta a fare tali affermazioni ci si dimentica però di una cosa: che da un punto di vista occulto, ciò che la scienza denomina elettro-staticità e elettricità, non è altro che la manifestazione di entità spirituali. Il greco non diceva: “l’aria calda si incontra con la fredda e con ciò si genera una scarica elettrica sulla Terra, in forma di fulmine”, ma: “guarda, Zeus è adirato con gli uomini; il calore del Dio si incontra con i freddi sentimenti umani, ed egli li vuole punire con il fuoco”.
Quindi si tratta da un lato, di un modo differente di denominare, dall’altro di un diverso tipo di conoscenza: mentre lo scienziato attuale vede solo particelle fisiche che si sfregano, il greco percepiva l’incontro fra pensieri divini e sentimenti umani, dai quali scaturiva il fenomeno. Chi dei due vede e conosceva più veracemente? Tale differente modo proprio dell’uomo antico, capace di concepire gli effetti nel mondo fisico, attribuendoli a cause spirituali veniva suscitato per “atavismo”, da una sorta di spontanea chiaroveggenza che si è andata via via sempre più spegnendosi: essa si accendeva in lui, in virtù della sua particolare costituzione animica, che era diversa dall’attuale. La configurazione eterica e astrale possedeva ancora organi di percezione spirituale: cosa oggigiorno perduta.
Se si volesse dare un’immagine dell’uomo antico si dovrebbe dire che esso più che speculare o pensare, “sentiva” con “l’occhio del suo cuore”, veniva ispirato dalle cose, le quali gli passavano il loro contenuto. L’uomo moderno invece non sente più nulla, perché il mondo non gli parla più; quindi pensa: cerca di dedurre tramite l’attività percettiva, le leggi che vivono dentro ad una data manifestazione.
Ritornando all’aspetto sperimentale meditativo, ossia a quale metodo di indagine sia più appropriato all’uomo odierno, essendo diversa la sua costituzione animica rispetto all’antico egizio o caldeo, si deve ricorrere ad una tecnica che parta da una condizione a lui più consona. Tale condizione è l’attività di pensiero. Qualsiasi altro tipo di approccio, che fosse yoghico, tantrico, zen, cattolico o sufi potrebbe essere dannoso.
Si tratta di partire dal pensiero ordinario, e concentrandolo in un punto unico, lo si deve spingere ad una “conversione” spontanea. Tale tecnica moderna è chiamata “concentrazione contemplativa”. Concentrarsi, significa spingere l’attenzione verso un ente, un sentimento o un pensiero, al massimo grado di intensità. Concentrarsi è la base della meditazione: la meditazione è la base della conoscenza occulta. L’uomo attuale deve partire dalla concentrazione del pensiero, se vuole giungere meditando, a qualche nozione della scienza segreta. Nel pensiero risiede la porta che conduce alla realtà universale.
Qualcuno si potrebbe chiedere perché si debba iniziare dalla facoltà del pensiero, anziché invece, ad esempio, come indica la religione, non si debba cominciare tramite la facoltà di sentimento, che potrebbe sembrare più ricca e meno arida del pensare. Ciò si basa sul fatto che il sentimento non è affatto dominabile e indagabile quanto lo può essere il pensiero. Appena un sentimento penetra nell’anima noi ne diventiamo schiavi, non ci è dato di averne un controllo. Esso ci pervade e ci inebria, tanto da condurci ciecamente come in una sorta di sogno o nebbia passionale, verso l’oggetto della nostra ricerca. Quante strade sbagliate, quante decisioni errate ci fanno prendere i nostri sentimenti!
Il pensiero è invece l’arto in cui possiamo maggiormente intervenire con la nostra consapevolezza, e dominare con una maggiore facilità. Si può dire che nel sentire noi non siamo liberi, così come lo possiamo invece essere nel pensare. Se la ricerca sovrasensibile deve fondarsi sulla libertà dell’uomo, è bene quindi partire dal pensiero.
La Vera Natura del Pensiero:
Nell’uomo solitamente il pensare compare nella funzione di riproduttore della realtà esteriore; tramite esso l’anima può avere coscienza di sé, perché vedendo sorgere davanti a sé delle immagini, essa si sente (si crede) un soggetto circondato da una moltitudine di oggetti. Ma in realtà, scindere la realtà in soggetto e oggetto non è il vero scopo a cui il pensare è preposto. Esso ha un’altra meta nell’uomo.
Tramite la forza pensante, appare in noi sotto forma di immagini una moltitudine di forme, le quali sembrano costituire il tessuto generale, il panorama del mondo fisico; il pensare rende possibile la riproduzione in immagini e in concetti della realtà fisica del mondo. Tale riprodurre in immagini la realtà sensibile, non è però assolutamente né il compito, né lo scopo di ciò che la forza del pensare vorrebbe portare a compimento.
Riproducendo in immagini la realtà del mondo, non si apporta nulla di nuovo all’evoluzione dell’universo: si guarda in sé stessi ciò che esisteva già prima di noi, un qualcosa nei confronti del quale non si è preso parte alla sua generazione. Il mondo esiste anche senza di noi: il guardarlo non lo muta né lo accresce. Il solo rappresentarlo è agire in modo passivo. Lo scopo del pensare non può essere quindi un dedurre leggi, o il produrre una imitazione di ciò che esisterebbe anche se non lo si osservasse: lo scopo del pensare secondo la sua essenza, è di operare come una forza dedita a far evolvere l’anima umana in organo di percezione autocosciente della realtà spirituale.
Il pensare è un’essenza spirituale che si diparte da un “trascendente empireo cristallino”, che è presente e agente in ogni cosa dell’universo: solo che manifesta la sua attività in diverse modalità e differenti condizioni, a seconda del supporto in cui interagisce. Scorrendo lungo i vari regni, incontra i vari stati di coscienza insiti negli stessi; in ognuno di essi causa un differente effetto:
– nel mondo minerale, appare come forza di aggregazione della materia;
– nel mondo vegetale, si palesa come forza di aggregazione della materia e capacità riproduttiva;
– nel mondo animale, è forza di aggregazione della materia, capacità riproduttiva e facoltà di movimento;
– nel mondo umano, si presenta forza di aggregazione della materia, capacità riproduttiva, facoltà di movimento, e capacità di svolgere un’attività pensante intelligente.
Mentre, nel seme, il pensare non può apparire come pensiero, ma come capacità di generare un simile, nell’anima sarebbe capace di plasmare organi spirituali. Diciamo sarebbe, perché allo stadio attuale dell’umanità esso non si esplica ancora pienamente in questa attività; può solo mostrarsi come forza di rappresentazione. Difatti esso potrebbe fare ciò solo se l’uomo lo volesse coscientemente: per ora esso è usato ancora impropriamente.
Il pensare si presenta nell’uomo come facoltà di rappresentazione, a causa dell’organizzazione dell’uomo, la quale non è ancora capace di farlo affiorare nella sua essenza vera. Il pensare non è dunque quello che si intende ordinariamente, bensì una forza capace di mutare l’anima in un organismo capace di percepire veracemente la verità spirituale. Più che produrre un’intelligenza pensante razionale, il pensare vorrebbe produrre nell’uomo, organi capaci di comunicare e di ricollegarsi attivamente con il mondo spirituale.
Articolo di Tiziano Bellucci, autore di "Il Suono della Luce", Crisalide EdizioniBLOG: http://unicornos.forumattivo.com/ SITO: http://tizianobellucci.it/page2.php FORUM: http://unicornos.com/
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