La falsa libertà
di Tiziano Bellucci
Al tempo odierno si può assistere ovunque al diffondersi di un atteggiamento egoico sempre più crescente, che in nome di una Libertà individuale si proclama capace di dettarsi da sé i modelli comportamentali morali ed etici, che non tollera e non sopporta coercizioni dettate da norme o leggi esteriori; a tal punto è lecito domandarsi: tutto ciò è veramente proferito da un’anima Libera?
Colui che insinua questo è riuscito a sperimentare in modo vivente che non esiste alcuna Legge o norma esteriore, ma che queste sono state edificate da altri uomini, che come lui, non erano liberi? Non potrà essere invece un’illusione, o meglio un’allucinazione di un’anima che rinchiusa entro la sua prigione fatta di muri mentali costituiti dai suoi pregiudizi, dal suo temperamento e dalla sua personalità, venendo investita da un raggio di Sole della conoscenza che da fuori colpisce l’interno dei suoi occhi, accecata dal riverberare di quella luminosità, non sarà che nel fissare quello spiraglio, essa venga colta da stordimento, da esaltazione e ubriachezza così tanto da perdersi entro sé stessa, dimenticandosi della sua prigionia?
Non sarà che essa, toccata da ciò che è oltre quei muri, si creda già al di là di quei muri e che per tramite della corrente della sua pazzia venga indotta a credersi librantemente libera, là dove invece non vi è nulla di ciò? Il dramma è che l’uomo si crede libero e crede anche di sapere: soprattutto si sente indipendente, capace di pensare e sentire ciò che vuole, come se fosse dotato di una libera facoltà creatrice, divina. Ma basta poco per provare il contrario, per dimostrare che non vi è nulla che egli pensi, desideri, sperimenti o voglia, che non gli sia dettato da influenze provenienti dal mondo esteriore e da bisogni imposti dalla sua organizzazione fisica, mnemonica, emozionale e istintiva.
Ad esempio, prendiamo in esame come l’uomo pensa e se si può parlare di libertà nel pensare: si constaterà che in ogni suo atto, non si realizza null’altro che un’insieme di associazioni determinate da una sorta di algebra mentale. Quando si va in cerca della verità su una cosa o su un evento, ci si sforza dapprima di ricercare e raggruppare più rappresentazioni e concetti possibili inerenti al tema in questione; poi si tenta di concatenare il tutto tramite una ferrea e cristallina logica matematica, in modo che la somma delle varie idee elaborate dia una risultante il più possibile logica, plausibile: scientifica.
Sulla lavagna lo scolaro moltiplica, sottrae, divide, addiziona numeri per giungere all’unica soluzione del problema. Allo stesso modo, su una sorta di lavagna mentale, il pensatore dialettico può dar modo di dimostrare la verità su una cosa, solo se egli fa di tutto affinché dalla sua esposizione concettuale risulti una risoluzione completamente e ineccepibilmente matematica. In poche parole, l’uomo fa di tutto affinché dalla somma o moltiplicazione mentale dei propri concetti si ottenga un risultato che possa apparire esatto: logico. Il pensatore razionale utilizza quindi una rigida legge di necessità logica matematica; è come dire: 3 X 3 = 9
Concatenare e sommare concetti per ricavarne una soluzione, è un procedimento che segue una legge matematica. Come nel cosmo vi è una legge di necessità perfetta che regola matematicamente il corso dei pianeti, delle stelle, dei ritmi e delle stagioni, allo stesso modo nell’uomo appare la stessa legge che si metamorfosa in capacità di intelleggere matematicamente dei concetti. Se vi è una medesima legge che opera e regola dentro all’uomo e fuori dell’uomo, si può a tal punto credere che nel pensare logico l’uomo operi veramente in modo libero, così come non lo sono i pianeti e gli astri? Sappiamo che agire sotto coercizione di una qualsiasi legge non è sinonimo di libertà.
Se per pensare si deve sottostare ad una rigida legge di necessità logica, non è bene asserire che si pensa liberamente, perché chi segue una necessità non è libero; la libertà non può avere in sé nessuna necessità se vuole essere chiamata vera libertà: la libertà è libera da ogni necessità. Se l’uomo fosse libero come egli crede, non dovrebbe essere costretto a pensare che 3×3 fa 9, ma troverebbe un altro modo per dimostrare che il risultato è 10. Pensare secondo logica significa quindi trovarsi in una condizione di costrizione spirituale.
Affermando questo non si vuol affatto dire che pensare logicamente sia insano e sbagliato: significa soltanto acquisire la consapevolezza che ogni volta si usa l’intelletto ordinario, non si abbraccia una sfera di libertà. Pensare logicamente significa quindi aderire pienamente ad una rigida necessità; il pensatore logico non inventa e non apporta proprio nulla di nuovo all’evoluzione, nessuna nuova facoltà: semmai imita o serve la necessità impostagli dalle intelligenze spirituali.
La dialettica concettuale per poter apparire esatta e dare risultati soddisfacenti deve inesorabilmente usufruire della matematica, farsi ammaestrare da essa: è schiava della Geometria Cosmica. Il pensatore logico si crede libero perché in realtà non è ancora capace di penetrare entro la sfera del pensiero vivente, il quale non necessita né di dialettica né di razionalità, per poter comprendere e conoscere la verità delle cose; egli opera ancora in superficie, nuotando sulle onde della nozione, la quale lo può condurre solo ad una verità parziale. Ben lontano è ancora dall’incontro con l’essere del Pensare, il quale è la Verità Totale, non il suo tendervi. Il Pensare Vero non ha bisogno di esser pensato per conoscere: è un Dio. Un’idea sovraessenziale. Nell’attimo in cui Lo si incontra appare contemporaneamente tutta la trama dell’esistenza universale, priva di qualsiasi velo. Non è richiesta alcuna necessità logica per colui che vede squadernarsi innanzi a lui l’intero mistero della vita. Egli è ora Uno, con la Verità.
Il raro uomo che conosce rettamente – non perché ha studiato – ma perché ha incontrato la Verità, vedrà scorrere dentro di sé il fluire del mistero della vita, che è allo stesso tempo il moto della Verità; entro questo moto egli potrà coscientemente entrarvi e incontrare gli Esseri della vita, che gli raccontano e gli narrano della Verità. In ogni caso, pur raggiungendo tale somma esperienza, non è neppur lecito in tal caso poter ritenersi capaci di giudicare; anche sommando l’insieme delle altissime conoscenze e delle sacre esperienze interiori non è possibile giungere quella pienezza che è propria solo di un unico e solo Essere: l’Essere fautore della vita Universale “La Luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”.
Il giudizio spetta e compete solo a “Colui che è” la Verità, Colui che ha l’autorità e la potenza sulla vita. Incontrarlo significa divenire alati, perché l’aria dello Spirito, di cui Egli è sostanza e matrice, è cibo e alimento per le ali degli uomini: è l’incontro con la Verità che rende liberi. Che è come dire: liberazione del Suono originario, imprigionato negli abissi oscurati dell’anima umana, affinché si oda: “Sia la Luce”.
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Estratto da Il Suono della luce di Tiziano Bellucci
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Prof. Tiziano Bellucci, nato a Castelfranco Emilia (Modena- Italia) il 21 maggio 1962, ricercatore e antroposofo.
Autore e compositore di brani di musica moderna, ha gestito per oltre un decennio uno studio di registrazione a Modena in qualità di ingegnere del suono e di arrangiatore musicale per giovani autori. Attualmente è impegnato come insegnante di chitarra e tastiere, a Bologna presso una struttura privata (Villa Serena, via della Barca 1) nella quale è inclusa una scuola di musica ad indirizzo steineriano rivolta soprattutto ai giovani.
È docente presso la scuola di arte-terapia antroposofica “Stella Maris” www.associazionestellamaris.i, come insegnante di antroposofia di R.Steiner. Fa parte della Società antroposofica universale di Dornach (Basilea). È conduttore, relatore di diversi scritti sul sito http://www.esonet.org/articoli-antroposofia
L’Antroposofia è una Scienza fondata da Rudolf Steiner. Rudolf Steiner ha fondato l’antroposofia partendo da solide basi filosofiche costituite dal transcendentismo di Fichte e Schelling, la fenomenologia di Hegel e nelle opere sia poetiche che scientifiche di Goethe. “La conoscenza e le esperienze quotidiane che fa l’uomo nel mondo, possono essere benefiche, reali ed autentiche soltanto se concepite attraverso un pensiero capace di praticare un’unificazione di arte, scienza e spiritualità.”
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