La Realtà dell’Essere
di Gurdjieff
Se sento l’energia che anima il corpo, significa che c’è un legame tra la mente e il corpo, ma non è sufficiente. Si stabilisce un certo equilibrio, ma finché il proprio sentimento non si apre non è realmente vivo.
Comincio a provare un desiderio di essere e di sentirmi un tutto, ma mi confronto al tempo stesso con la forza del mio automatismo. Da una parte c’è un movimento di unità che mi apre a una percezione nuova, e dall’altra un inesorabile movimento di dispersione. Questo confronto fa emergere in me una forza di cui non sospettavo l’esistenza, un’attenzione che altrimenti non avrebbe mai bisogno di apparire.
L’attenzione che conduce al momento di coscienza è il fuoco che permette la fusione delle forze, una trasformazione. Diventare simultaneamente coscienti di entrambi questi movimenti richiede alla propria attenzione un’attività più grande. Lo sforzo la risveglia, risveglia una forza che era addormentata.
L’attenzione si mobilita nella sua interezza, includendo al tempo stesso i centri superiori e quelli inferiori, il funzionamento di tutta la mia Presenza. Ciò è dovuto alla comparsa di un nuovo sentimento, il sentimento di essere. Ricordarsi di sé significa sopratutto ricordarsi di quest’altra possibilità, la ricerca al mio interno di una forza più attiva, ovvero: “DESIDERO CONOSCERE… DESIDERO ESSERE”
Il movimento dell’energia in noi è continuo, non si arresta mai. Passa piuttosto attraverso fasi di proiezione intensa che chiamiamo tensioni, e fasi di ritorno a sé che chiamiamo abbandono, rilassamento. Non può esserci sempre tensione e non può esserci sempre rilassamento. Questi due aspetti danno vita al movimento dell’energia, sono l’espressione della vita.
Dalla sorgente che risiede nel nostro interno, l’energia viene proiettata all’esterno creando una sorta di centro chiamato “IO” e crediamo che questa proiezione sia l’affermazione dell’Essere. Questo “IO”, attorno a cui ruotano pensieri ed emozioni, non può rilassarsi, vive nella tensione ed è nutrito dalla stessa. Questo IO ordinario, l’Ego, è sempre preoccupato da cosa gli piace e cosa non gli piace, in una chiusura continua che si irrigidisce.
Desidera combattere, si difende, confronta e giudica continuamente, vuole essere il primo, essere ammirato e far sentire la sua forza, il suo potere. Questo IO è un centro di possesso in cui si accumulano tutte le esperienze iscritte nella memoria. Ma perché ha questo bisogno esagerato di essere qualcosa, di assicurarsi di esserlo e di esprimerlo continuamente… ha paura di non essere nulla? Perché l’identificazione stessa si basa sulla paura.
Ci sono in noi due diversi centri di gravità, intorno a cui ruotiamo: l’IO ordinario che reagisce sempre allo scopo di difendere la propria esistenza. E poi l’altro centro, che è la vera sostanza di quel che siamo, la realtà che cerca di apparire in noi e di venire espressa tramite noi. L’uno non può esistere senza l’altro.
Come ci può essere una relazione tra di essi? Quale atteggiamento può far comparire una nuova unità? Bisogna osservare… L’IO ordinario entra in tensione anche se l’intento è raggiungere la coscienza. È allora necessario fidarsi di quest’altro centro dell’ESSERE. Fidarsi di esso e non basarsi più sull’IO ordinario, che può solo “fare” qualcosa. Tuttavia il modo stesso di fidarsi del secondo centro riflette un “fare”. Non perché il primo “io” sia cattivo in sé, ma esso volta le spalle a ciò che lo oltrepassa.
Bisogna riuscire a sentire con forza quale sia l’atteggiamento giusto, con un nuovo centro di gravità, e se diventiamo recettivi a questo centro della nostra essenza, ne consegue un abbandono totale. È qui che esprimo quel che sono, qui in questo momento. In questo arrestarsi appare uno spazio… il silenzio… Si è coscienti di essere qui, di esistere pienamente.
Questa consapevolezza va al di là e contiene tutto, porta al cuore di queste due realtà e permette loro di giocare il proprio ruolo. C’è il senso di un “IO” reale, di un “IO SONO”, e a quel punto l’IO ordinario non volta più le spalle a questa realtà, non ha più paura di essere distrutto. Ora sa perché è qui, ha trovato il suo posto, il suo scopo.
Gurdjieff
Fonte: https://anima.coach/2020/06/03/la-realta-dell-lessere/
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