Femminile “multitasking”
di Valeria Zacconi
La donna, da dea e sacerdotessa nelle arcaiche società matriarcali, a moglie e madre sottomessa. Oggi nelle nostre società cerca una nuova espressione dei propri talenti e può portare l’umanità verso la cooperazione e la compassione.
Millenni fa, in tutto il bacino del Mediterraneo, la donna aveva un ruolo sociale primario, poiché racchiudeva in sé tutto il mistero della vita. Di ciò rendono testimonianza le innumerevoli statuine muliebri ritrovate dagli archeologi. Alla femminilità era riconosciuto un significato di sacralità, in parallelo con la Grande Madre cosmica (si vedano gli studi della grande archeologa Marija Gimbutas, la quale nei suoi studi ha gettato nuova luce sulle civiltà arcaiche dell’Europa Antica, nel periodo 7.000 – 3.500 a.C.).
Quando l’umanità era costituita da gruppi etnici a impronta matriarcale, la donna era sacerdotessa, capofamiglia e/o capo tribù, ed era anche l’iniziatrice ai grandi misteri della vita, seguendo i cicli lunari. Con le invasioni dei popoli a struttura patriarcale, iniziò il decadimento di quella società pacifica in forma femminile. La donna fu gradualmente deprivata di quei valori che invece in passato le erano propri e fu relegata a ruoli e a una considerazione qualitativamente ristretta e quantitativamente confinata alle mura domestiche.
Oggi la donna sta ancora cambiando e nei paesi più sviluppati occupa con successo posti di lavoro e di responsabilità crescente in molti campi, ma molto della vita familiare e della gestione domestica sono ancora (parallelamente, spesso) sulle sue spalle.
Oggi la donna viene dunque veramente onorata? E, questione ancor più importante: si onora essa stessa? Vecchie e nuove fatiche delle donne moderne attingono alla modalità, tipicamente femminile, di saper affrontare più compiti alla volta (ciò che, mutuato dal linguaggio del computer ho definito ‘multitasking’), con grande capacità organizzativa, dedizione, cura dei dettagli e anche spirito di sacrificio. Se poi la donna, la professionista, la madre in questione, tiene anche alla cura della propria persona, del proprio aspetto, del proprio benessere e coltiva almeno un hobby… trova il tempo anche per quelli!
Le donne, vuoi per volontà di auto-miglioramento, vuoi per atavico senso di inadeguatezza, sono propense a frequentare corsi, conferenze, seminari più degli uomini che, culturalmente, sono più ‘specialistici’ e talvolta auto-referenziali. Quando (erroneamente) si afferma che una data grafia è ‘femminile’ o ‘maschile’, non ci si riferisce realmente al genere di chi scrive, ma alla veste culturale di una grafia che vuole la femmina più aperta al sentimento e alla comunicazione, per cui a lei si attribuiscono le grafie più curve, legate, fluide, a pressione non troppo ‘robusta’… e così via.
Questo è spesso vero, ma non sempre e non è tutto. Con sorpresa di alcuni lettori, si troveranno grafie femminili angolose di grande efficacia, che denotano anche un grande slancio creativo e innovativo, come quella di Maria Montessori o di Marie Curie. L’analisi della grafia di queste donne denota intuito e metodo, oggi si direbbe ‘pensiero trasversale’. Chi ha queste caratteristiche si rigenera nell’attività e nell’organizzazione ‘multitasking’ e non si sottrae ai sacrifici.
Si stancano le donne? Certo che si stancano, si sa che hanno minore “energia di impatto” rispetto agli uomini, ma maggiore resistenza e non si affaticano a passare da un compito all’altro. La pressione di molte grafie femminili, denota maggiore flessibilità e una migliore adattabilità e resistenza agli sforzi e anche agli stress, dote che andrebbe coltivata dai moderni operatori, manager, formatori, sia uomini che donne. Se le donne professioniste o impegnate socialmente (oltre che in famiglia) non comprendono, accolgono e nutrono le loro qualità intrinseche, personali e anche di genere, rischiano di ‘scimmiottare’ gli atteggiamenti maschili, senza possederne il… know how e la struttura di base.
Un modo femminile di gestire grandi responsabilità e di farsi aiutare (già, chi aiuta la donna?) c’è, e va promosso in ogni ambito. Devono farlo le donne in primo luogo, non rinnegando la loro predisposizione alla cooperazione più che alla competizione, con fiducia, assiduità, chiarezza e con la compassione – anche verso sé stesse – di cui sono spesso così capaci verso gli altri.
Una curiosità: in ebraico ‘utero’ ha la stessa radice di compassionevole; altro che ‘isterica’, il cui consueto significato (di ‘schizzata’) viene dall’etimologia greca (mondo in cui la donna aveva poco peso, quello greco!) e significa, più semplicemente, alla lettera: ‘portatrice di utero’, quindi portatrice di vita, in tutti i suoi aspetti. Ricordiamocelo!
Articolo inviato a FisicaQuantistica.it direttamente dall’autrice
Articolo di Valeria Zacconi, web:http://consulenzeingrafologia.it
Valeria Zacconi – Diplomata nel 1985 presso la Scuola Superiore di Studi Grafologici di Urbino, con specializzazione in grafologia peritale. Iscritta all’elenco degli Esperti e periti del Tribunale di Firenze.