Ero appena un ragazzino, soffrivo per la fine di una storia sentimentale, per l’esito di qualche progetto finito male o mai partito, per una delusione legata ad un’aspettativa di qualche genere e l’esortazione di parenti, amici e conoscenti era immancabilmente la stessa…devi reagire, devi uscire di casa, vedere gente, ubriacarti se necessario. Tutto pur di non pensare al dolore, rifuggirlo, far finta che non esista. Un atteggiamento tipico della cosiddetta “società moderna”, all’interno della quale il dolore viene visto e interpretato come la più grossa sciagura che possa mai capitare nella vita di un essere umano. Esso è infatti uno di quegli aspetti dell’esistenza che ci rifiutiamo categoricamente di accettare, con tutte le forze a nostra disposizione, una sorta di aberrazione, di errore di percorso del tutto privo di qualsivoglia utilità all’interno del nostro passaggio su questo pianeta. Paradossalmente in alcuni casi (in realtà, molti di più di quanti un terrestre medio sia portato ad immaginare), si preferirebbe morire piuttosto che soffrire, e in effetti il gran numero di suicidi degli ultimi anni è alquanto indicativo a supporto di questa affermazione.