I Tre Ostacoli al Progresso Civile, Morale e Spirirtuale dell’Uomo
di Franco Libero Manco
“L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”. (Hubert Reeves)
Il male nel mondo si manifesta attraverso la violenza, l’ingiustizia, la malattia, la miseria, la fame, l’ignoranza… Tutto ciò che si oppone al bene, all’armonia, alla gioia, al benessere, alla vita causa dolore fisico, mentale, morale, spirituale e anche morte.
Tre sono gli ostacoli che maggiormente si oppongono allo sviluppo della cultura universalista, all’intelligenza positiva, all’etica universale, alla responsabilità dell’individuo verso sé stesso e verso il destino collettivo: i mezzi di informazione di massa al servizio delle grandi lobby agroalimentari-zootecniche; la medicina allopatica condizionata dall’industria chimico-farmaceutica e le religioni antropocentriche.
Tutti e tre contribuiscono a ad ammalare l’uomo nel corpo, a generare ignoranza e a renderlo più insensibile sul piano della coscienza morale.
I mass media condizionano la mente della popolazione rendendo indispensabile ciò che nel corso dei millenni è sempre stato superfluo, spingendo la gente ad acquisire prodotti propagandati come utili, necessari e benefici mentre vanno a vantaggio delle lobby che rappresentano ma spesso a danno della salute delle persone e del pianeta.
I mezzi di informazione che dovrebbero essere al servizio del vero progresso culturale, morale e spirituale della popolazione, sono improntati a dare al popolo quello che il popolo chiede, non quello di cui ha realmente bisogno, favorendo in questo modo la società dell’apparenza, dell’esteriorità, dell’immagine, del cattivo gusto, della volgarità: il loro scopo è vendere, avere utili, acquisire potere. Se il popolo chiede violenza, sesso, lusso sfrenato, essi danno violenza, sesso, lusso sfrenato senza curarsi del danno che procurano.
La disinformazione porta al condizionamento mentale, a modelli negativi, alla competizione, all’arrivismo, alla mancanza di senso critico: condizioni che impediscono la realizzazione integrale dell’uomo e di una società migliore. Quanto più un popolo è ignorante, affamato e bisognoso di protezione tanto più è vulnerabile e manovrabile.
La medicina convenzionale considera la malattia un fatto naturale, ineluttabile, interviene sui sintomi senza rimuovere le cause della malattia: autorizzando implicitamente l’essere umano a persistere nei suoi errori alimentari, nei suoi cattivi stili di vita; tende ad assoggettare passivamente l’individuo alla cure mediche, all’intervento farmacologico che spesso si traduce a danno per la salute umana (naturalmente senza disconoscere il grande contributo dato dalla medicina in tutti i casi di urgenza).
Un meccanismo che asseconda le aspettative del popolo inerte e bisognoso di avere buone notizie sulla sua cattiva condotta; un popolo che esige dal medico la pillola che gli consente di non rinunciare alle sue abitudini indotte.
In sostanza, il medico asseconda le aspettative del malato senza fargli capire le cause del suo problema, rendendosi implicitamente responsabile della sua condizione di malato; tende a sottovalutare o a trascurare del tutto l’importanza dell’alimentazione nella vita dell’individuo mentre questa è capace di condizionare non solo la salute del corpo ma della mente e della coscienza.
La mancanza di autodeterminazione e di senso critico trovano terreno fertile nell’ignoranza, nell’accettazione passiva, nella rassegnazione. L’individuo tende a delegare ad altri la tutela del proprio bene fisico, mentale, emozionale e spirituale: tutto ciò che non responsabilizza l’individuo sugli effetti delle sue scelte e l’accettazione passiva delle decisioni di chi gestisce i meccanismi sociali, favorisce la tirannide, l’assoggettamento e il dominio dei forti sui deboli.
La mancanza di sensibilità umana a mio avviso viene dalla cultura antropocentrica, diffusa in ogni latitudine, per la quale si ritiene che l’essere umano sia padrone assoluto di ogni altra forma di vita e consideri ogni essere non umano oggetto senza valore a suo uso e consumo.
Questo lo inclina inevitabilmente all’idea della legge del più forte, al fine che giustifica i mezzi, al deprezzamento del valore della vita, alla disistima delle differenze formali, all’insensibilità verso la sofferenza e la morte in senso lato e preclude al genere umano quei valori di compassione e condivisione imprescindibili per una società umana giusta, civile e solidale.
Se gli umani avessero bontà d’animo, se fossero profondamente giusti e sensibili e avessero la capacità di condividere le necessità vitali del prossimo, aspetti come la malvagità e la crudeltà di alcuni, la potenzialità dell’essere umano ad uccidere, a rapinare, a violentare, a schiavizzare, torturare, a far soffrire deliberatamente, sarebbero limitati ai soli casi di improvvisa follia e certamente si porrebbero le basi per un mondo migliore: anche la più proterva natura umana egoista ed incline alla violenza sarebbe grandemente ridimensionata e corretta.
Quel che succede nel mondo è la sommatoria del livello evolutivo, dell’intelligenza e delle coscienze individuali.
Se ciò che rende l’uomo capace di far del male, di usare violenza, di compiere delitti di qualsiasi natura, è la mancanza di compassione, l’incapacità di immedesimarsi nella vittima e di condividerne il dolore, nulla come la strisciante mentalità antropocentrica inclina l’essere umano all’indifferenza verso le necessità vitali dell’altro e lo abitua alla sonnolenza, all’indifferenza, alla accettazione passiva della guerra, alla morte per fame e malattie di milioni di persone nel mondo, all’uccisione di oltre 150 miliardi di animali l’anno nei campi di sterminio-mattatoi, allo smembramento 300 milioni di animali l’anno nei laboratori di vivisezione, allo sterminio di miliardi di animali con la caccia e la pesca, a imprigionarli in gabbie, a spellarli per prendersi il loro unico manto…
Questo è ciò che rallenta, ostacola il vero progresso integrale dell’uomo.
Articolo di Franco Libero Manco
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