La “Metafora della Carrozza” di Gurdjieff
di Ivan Petruzzi
La “Metafora della Carrozza”, proposta dal Maestro esoterista George Ivanovic Gurdjieff, è la rappresentazione ideale, e ancora attualissima, dell’ “Essere dormiente”, ovvero di colui che non decide la direzione della propria vita, ma ne è succube, condizionato dalle forze esterne che influenzano il percorso.
Gurdjieff, nel suo libro “Vedute sul mondo reale“, paragona l’essere umano ad un veicolo destinato al trasporto di un passeggero. Un veicolo definito ‘carrozza’ che rappresenta il corpo fisico, trainato da ‘cavalli’ che sono le emozioni, guidato dal ‘cocchiere’ che è la mente, mentre il ‘passeggero’ è l’anima (o coscienza).
Gurdjieff adoperava questa metafora per spiegare agli allievi della sua scuola esoterica, il procedimento per cui la coscienza che è in ognuno di noi, è assopita in un sonno indotto, descrivendo così il funzionamento del ‘pilota automatico’ (mente ed emozioni) che gestisce la nostra macchina biologica (il corpo fisico).
Che cosa succede, infatti, quando il passeggero (anima-coscienza) dorme e quindi il cocchiere (la mente) decide la strada, la direzione? Che cosa succede quando il cocchiere (la mente) è confuso e non sapendo dove andare, si lascia trasportare dai cavalli (le emozioni) che corrono senza una meta?
Quando il cocchiere (la mente) è confuso e non sa dove andare, la carrozza (il corpo) viene guidata dai cavalli (le emozioni) che automaticamente la trainano, senza direzione alcuna, mentre il passeggero (l’anima coscienza) dorme. E se la coscienza dorme, quanta consapevolezza possiamo avere di quello che facciamo, diciamo e decidiamo? Come può il cocchiere dare le opportune istruzioni ai cavalli se non sa dove dirigersi? E per sapere dove andare, ha bisogno di ascoltare la voce del passeggero (anima), così da prendere in mano le redini e guidare i cavalli nella direzione desiderata.
Una metafora che serve anche per dare un’immagine visiva a quella che è la situazione di gran parte della popolazione mondiale: viviamo la nostra vita immersi in un sonno profondo, credendo erroneamente di essere svegli e consapevoli delle nostre scelte. Il grande inganno è tutto qui, ci fa vivere nell’illusione che il mondo là fuori può determinare il nostro destino e fare di noi quello che vuole. Ma funziona così solo se, appunto, sei un essere dormiente.
E, in effetti, la maggioranza di esseri su questo pianeta, purtroppo, sono esseri dormienti, meccanici, che vivono sotto la legge dell’accidente. Quello che accade, seguendo la metafora, è l’assopimento del passeggero, la nostra coscienza non è più vigile, l’anima dorme, e così chi “comanda”, chi sceglie la strada, non siamo più noi, ma lasciamo spazio al cocchiere, la mente, che per “comodità” segue sempre la solita abitudinaria strada trainata dai cavalli, le emozioni, influenzate secondo i programmi fatti di schemi e credenze che risiedono nel nostro inconscio. E si chiama inconscio, proprio perché si verifica fuori dalla portata della nostra coscienza.
L’inconscio non usa la ragione, non può scegliere cosa imparare e cosa scartare, cosa è utile per noi e cosa non lo è. L’inconscio memorizza programmi e credenze limitanti (schemi mentali), paure, pregiudizi, modi di fare e di pensare, ricevuti durante l’educazione infantile e dall’ambiente circostante (abitudini sociali). Ed è così che la mente, come un bravo cocchiere, segue sempre gli stessi “ordini” e percorre le stesse strade, le stesse esperienze, gli stessi errori, le stesse ansie, paure, le stesse situazioni e gli stessi incontri, anche se non più desiderati o necessari. E come può cambiare il nostro essere, la nostra vita, se non cambia la nostra direzione? E come può cambiare la nostra direzione, se chi deve deciderla è caduto in un sonno profondo e lascia tutto in balia del cocchiere confuso (la mente) e si lascia trainare da cavalli (le emozioni) condizionati dal mondo esterno?
Credete che non sia così? E allora riflettete su quante azioni e pensieri fate senza l’uso della coscienza. Quanti pensieri e azioni automatici esistono nell’essere umano privo di consapevolezza; in pratica, non sa nemmeno lui cosa sta facendo in quel momento o perché sta pensando quella cosa. Chi guida l’auto e anziché concentrarsi su ciò che sta facendo, vaga con la mente sul cosa mangiare, sul dove andare la sera, cosa vedere in tv, come fare l’amore e via dicendo. Chi mentre è al lavoro pensa ai ricordi passati, o sogna ad occhi aperti sul futuro più roseo possibile. Chi lava i piatti e pensa al like appena ricevuto. In parole povere, la nostra mente ci permette di pensare ad una cosa, mentre il corpo ne fa un’altra. E questo è possibile perché sono due entità separate, che funzionano in maniera indipendente ma… soprattutto, in maniera automatica.
Mentre guido l’automobile non penso alle marce che sto inserendo, perché il corpo lo fa tranquillamente in maniera automatica. Lo sa fare. E sempre in maniera automatica, i pensieri arrivano nella nostra mente. È lei che decide cosa pensare, non noi. È il cocchiere che sta alla guida, noi stiamo dormendo, non gli stiamo dando nessuna indicazione. Lui va in automatico.
In pratica, da esseri pensanti quali dovremmo essere, diveniamo degli esseri pensati! Allo stesso modo non siamo in grado di controllare le nostre emozioni, ma veniamo trainati dalle emozioni stesse, per lo più quelle negative, che rendono questa società così aberrante, crudele e depressa. Anche i comportamenti sono automatici, in base all’esperienza che stiamo facendo, pensiamo una cosa, ne diciamo un’altra e poi ne facciamo un’altra ancora. Quanta consapevolezza c’è nel vivere in questo modo? Nessuna! Tutto questo è tragicomico.
Dobbiamo, allora, prendere il controllo della carrozza e l’unica maniera possibile è quella di eliminare tutto il rumore di fondo che affolla la nostra mente. Dobbiamo ricordarci chi siamo veramente. L’efficacia della “metafora della carrozza” di Gurdjieff è proprio quella di illustrare come funziona l’essere umano nei suoi aspetti automatici e inconsci, ossia fuori dalla portata della coscienza. Viene così evidenziata l’importanza di essere svegli e presenti a se stessi, e possiamo uscire da questa situazione di assopimento, solo iniziando ad osservare quelli che sono i nostri pensieri, gli schemi mentali, le emozioni e i comportamenti automatici ben radicati nell’inconscio. Capire quanto c’è di “nostro” in tutto ciò.
E sempre tornando alla “metafora della carrozza”, è proprio quando il passeggero (anima-coscienza) si risveglia, che può finalmente rendersi conto se la strada intrapresa dal cocchiere e l’andatura adottata dei cavalli sono il frutto di una scelta consapevole, o del solito programma o bisogno nevrotico della mente egoica. A questo punto, può avvalersi dalla propria facoltà di ragionamento e di intuito, e scegliere se proseguire o cambiare direzione.
Inizia così un percorso di consapevolezza, che è il metro di misura della coscienza. Più c’è consapevolezza e più la coscienza è sveglia. Questo permette a chiunque di riappropriarsi di se stesso, vivendo così una vita “reale”, trovando equilibrio e scoprendo il famoso “centro di gravità permanente” tanto decantato da Battiato (seguace degli insegnamenti di Gurdjieff). Riappropriarsi della propria direzione, del proprio cammino, della propria assertività, vivendo in armonia con le emozioni, il corpo, i sentimenti, le sensazioni ed i pensieri che ne scaturiscono. Questo è ciò che possiamo definire un Essere “extra-ordinario”.
“La condizione fondamentale dell’uomo è il sonno; l’uomo è addormentato, la sua coscienza è ipnotizzata, confusa; egli non sa chi è, non sa perché agisce, è una specie di macchina, un automa, cui tutto ‘succede’; non ha il minimo controllo sui propri pensieri, sulle proprie emozioni, sulla propria immaginazione, sulla propria attenzione; crede di amare, di desiderare, di odiare, di volere, ma non conosce mai le vere motivazioni di questi impulsi che compaiono e scompaiono come meteore. Dice ‘io sono’, ‘io faccio’, ‘io voglio’, credendo di avere davvero un ego unitario, mentre è frammentario in una moltitudine di centri, che di volta in volta lo dominano; si illude di avere coscienza di sé, ma non può svegliarsi da sé, può soltanto sognare di svegliarsi; pensa di poter governare la propria vita, ma è una marionetta diretta da forze che ignora. Trascorre l’intera esistenza nel sonno e muore nel sonno; passa tutto il tempo in un mondo soggettivo cui non può sfuggire; non è in grado di distinguere il reale dall’immaginario; spreca le proprie energie a inseguire cose superflue e solo qualche volta si rende conto che non è soddisfatto, che la vita gli sfugge, che sta sciupando l’occasione che gli è stata offerta”. (George Ivanovic Gurdjieff)
È tempo di svegliarsi!
Articolo di Ivan Petruzzi, autore di “Schiavi del Tempo” – sito web: Tragicomico.it
Fonte: http://www.tragicomico.it/metafora-della-carrozza-gurdjieff
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