La percezione visiva ci fa credere alla dualità
di Moksha
La percezione sensoriale visiva è senz’altro quella che, più di ogni altra, crea per ognuno di noi la convinzione di essere “separato” dagli oggetti del mondo e dalle altre persone, facendoci quindi credere, senza ombra di dubbio, all’esistenza della “dualità”.
È relativamente semplice chiudere gli occhi, ed accorgersi che i pensieri, le emozioni, le sensazioni fisiche e ogni altra percezione diversa dalla vista – suono, odore, sensazioni tattili, sapore – appaiono “in noi” in uno “spazio di consapevolezza”, che prima osserva e conosce, e poi mantiene l’informazione ricevuta, anche dopo che siano cessati gli stimoli esterni.
L’osservazione della comparsa dei pensieri, delle emozioni, della sensazioni fisiche e delle percezioni sensoriali, compiuta ad occhi chiusi e senza alcuna intenzione di modificare o sopprimere ciò che viene osservato e sperimentato (un modo questo per descrivere nella sua essenza la “pratica” meditativa), può costituire il primo importante passo nel riconoscimento della nostra vera natura: non siamo ciò che crediamo di essere, non siamo cioè l’insieme dei pensieri, delle emozioni, delle sensazioni fisiche in continuo cambiamento, che appaiono e scompaiono nella nostra consapevolezza, siamo piuttosto quella consapevolezza, che è sempre presente e che conosce ciò che in essa appare.
Compiendo tale passo, potremo arrivare contemporaneamente a comprendere che tale consapevolezza non è “nostra”, non possiede, cioè, caratteristiche personali, non ha nome, né forma, non ha colore, non ha età, non possiede confini, separazioni, limiti, distinzioni che la separano da altre “presunte” consapevolezze “personali”.
L’osservazione compiuta ad occhi chiusi di ciò che appare nella consapevolezza, ci permetterà di mettere in discussione anche un altro fondamentale convincimento, oltre a quello che riguarda ciò che siamo: la credenza, cioè, che esista un mondo esterno, separato da noi, dotato di realtà autonoma. Seppure non esercitati a farlo, non sarà difficile accorgersi che, proprio come accade con i pensieri, con le emozioni e con le sensazioni fisiche, anche le percezioni sensoriali “emergono” nella consapevolezza che le conosce. Fra esse, persino quelle che in modo indubbio sembrano provenire da qualcosa di esterno a noi, come i suoni e gli odori, in realtà appaiono nella consapevolezza a “zero distanza” da noi, proprio come accade con le percezioni tattili e gustative, più facilmente riconoscibili come “intime” o “vicine”.
Ad occhi chiusi, è possibile rendersi conto abbastanza facilmente, anche se spesso sorprendentemente (il mio invito è quello di provare personalmente), che il suono dell’aereo che sta sorvolando casa in questo momento o della motocicletta che sta transitando sotto la mia finestra o ancora il profumo della torta che la vicina sta cucinando, sorgono in me, avvengono in me, sono conosciuti dalla consapevolezza e fatti della consapevolezza che io sono, esattamente come accade sia per le altre percezioni sensoriali (della vista mi occuperò fra un attimo in modo approfondito), sia per un pensiero, per un’emozione, per una sensazione fisica.
Tutto si complica quando apriamo gli occhi. A differenza di ciò che accade nell’esplorazione delle altre percezioni sensoriali compiuta ad occhi chiusi, l’apertura degli occhi, e la percezione visiva che ne consegue, provoca immediatamente un vissuto di “separazione” fra me e il resto del mondo, fra me, gli oggetti e gli altri esseri viventi che “non sono me”.
La vista sembra comunicarci, senza possibilità di smentita, l’esistenza di un mondo esterno popolato di oggetti e figure diversi da me, rinforzando la convinzione e il vissuto di essere individui separati da altri individui e da una realtà esterna, ci fa, cioè, credere alla “dualità”.
Mettere in discussione tale credenza, riconoscendone la falsità, è tanto difficile quanto necessario al fine di riconoscere la nostra vera natura. Possiamo e dobbiamo renderci conto che l’immagine di un oggetto che appare lontano, per esempio, quella di un albero che vedo guardando fuori dalla finestra, sorge nella consapevolezza a “zero distanza” da me, esattamente come accade per le altre percezioni sensoriali.
Il colorato e differenziato mondo di immagini che sostengono la mia convinzione di “separazione”, è fatto di percezioni visive, cioè di conoscenza di quelle immagini, ed esiste esclusivamente nella mia consapevolezza percettiva.
Per realizzare che la percezione visiva di uno spazio, di una profondità, di una distanza tra gli oggetti, non corrisponde necessariamente alla prova dell’esistenza di una realtà “tridimensionale”, uno dei modi per me più semplici e affascinanti, è quello di riferirsi alla riproduzione grafica o cinematografica di immagini: in un dipinto, un’illustrazione, in una fotografia, su uno schermo cinematografico, la percezione di tridimensionalità può essere percepita in modo assolutamente convincente e non per questo corrispondere alla sua reale esistenza.
Osservando un quadro, un’illustrazione, una fotografia che, per esempio, riproducono in modo “realistico” l’immagine di un paesaggio, vedremo uno spazio tridimensionale in cui alcuni oggetti si trovano più lontani ed altri più vicini a noi, percepiremo una profondità di campo, una distanza tra gli oggetti che, in quell’immagine dipinta o riprodotta su un supporto bidimensionale, in “realtà” non esistono. La percezione visiva di uno spazio tridimensionale, in cui gli oggetti che vediamo appaiono distinti e lontani da noi, non può quindi risultare la prova definitiva della “reale” esistenza di tale tridimensionalità.
È molto importante rendersi conto di come la percezione visiva crei in modo automatico la separazione tra un soggetto che vede e un oggetto che viene visto, tra un “me” e un mondo esterno, senza che tale percezione, insieme al senso di separazione che ne consegue, vengano mai messi in discussione. Soltanto analizzando lucidamente la realtà della nostra esperienza, potremo incominciare a demolire i “preconcetti” che la condizionano, che costringendoci a vivere nell’illusione della separazione, ci impediscono di riconoscere la nostra vera natura.
Arrivati a questo punto dell’esplorazione, prevedo possa nascere un’obiezione: qualcuno potrebbe replicare che, a differenza di quanto accade per un quadro, una fotografia, o un’illustrazione, nella “realtà” tridimensionale in cui viviamo (di cui in questo articolo sto cercando di mostrare il carattere “illusorio”), la conferma dell’effettiva esistenza di uno spazio fisico tra noi e un oggetto che vediamo lontano, deriva direttamente dal movimento necessario a colmare la distanza per raggiungerlo.
Per rispondere a tale obiezione, ciò che posso dirvi è che che anche i concetti di spazio e tempo vanno messi in discussione e riconosciuti come categorie “mentali” mai realmente sperimentate. Ogni esperienza avviene soltanto “qui e ora”, in un momento senza tempo e in uno spazio senza dimensioni, che coincidono con il nostro Essere, con la Consapevolezza eterna e infinita che rappresenta la nostra vera Realtà.
Articolo di Moksha
Fonte: http://www.ilsognodellessere.it/la-percezione-visiva-ci-fa-credere-alla-dualita/
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