Quando la rabbia non va via
di A. Pritchard
Anche se conosciamo i danni che la rabbia può causare, spesso non riusciamo a evitare sfoghi, irritazione, frustrazione, aggressività nelle discussioni, toni di voce alterati, risposte acide e offensive, stati d’animo negativi, e così via.
Ricorriamo a queste reazioni perché vogliamo ottenere qualcosa, come il bambino che grida nel centro commerciale. Tuttavia, secondo la mia esperienza, la rabbia non è che un elemento distruttivo e un grosso ostacolo per la vera spiritualità.
Fatta per distruggere
Se ci fate caso, quando siamo arrabbiati tendiamo a calpestare gli oggetti, a storcerli, lanciarli o stringerli. È ironico che a volte riusciamo perfino a distruggere ciò che prima di “andare via di testa” stavamo cercando di costruire. Nel regno animale, lo scopo della rabbia è quello di dare fondo ad ogni risorsa per raggiungere il risultato desiderato, impeto che si trasforma in distruttività nel momento in cui incontra sulla propria strada una qualsiasi resistenza.
Immaginate, ora, che genere di danni possa causare la distruttività se indirizzata su situazioni delicate come il complesso mondo delle relazioni umane, e quindi sulle nostre vite. Riconoscere la natura distruttiva della rabbia è semplice solo dopo che la si è sfogata. Ma chi vorrebbe accompagnarsi a una persona arrabbiata? Chi riuscirebbe a parlare francamente, quando è consapevole che la sua franchezza sarà ricompensata con una risposta rabbiosa? Se ci si rapporta a qualcuno in maniera rabbiosa o addirittura ingiuriosa, è naturale che la reazione dell’interlocutore sarà quella di restarci male e ritirarsi emotivamente.
La rabbia allontana le persone, ma spesso non riusciamo a valutare quanto tutto ciò ci costi. Ad incominciare dalle idee e la creatività che il nostro prossimo può portare nelle nostre vite, cambiandole in meglio. A forza di allontanare le persone, ci chiudiamo nel cerchio sempre più stretto e controllato del nostro limitato modo di vedere le cose, e tutto ciò conduce inevitabilmente ad aumentare l’isolamento e il vuoto interiore, dato che finiamo per tagliare fuori oltre al nostro prossimo, anche la vita e l’universo stesso.
Perché non riusciamo a smettere di arrabbiarci?
Ma allora perché non possiamo smettere di arrabbiarci, una volta per tutte? Spesso è solo dopo essere andati in escandescenze ed esserci calmati, che riusciamo a vedere gli effetti che l’arrabbiatura ha prodotto e che non avremmo mai desiderato. Eppure dopo qualche tempo giunge un’altra circostanza sgradita e finisce che ci ricaschiamo; è come se certe reazioni non possano proprio essere evitate.
Cause più profonde
In effetti, la rabbia è solo un sintomo di cause molto più profonde, e fino a quando non riusciamo a individuarle, essa prosegue a manifestarsi. Personalmente paragono il meccanismo della rabbia ad un tubo ostruito. Il tubo è la traccia dei nostri desideri, bisogni, opinioni, progetti e idee, e attraverso di esso – come acqua corrente – fluisce la nostra energia indirizzata al raggiungimento di un obiettivo. L’ostruzione può essere causata da un oggetto, una circostanza, una persona, un parere, il quale rallenta o blocca tale flusso. Non appena l’ostruzione si manifesta, ciò che era stato il flusso scorrevole e impercettibile dei nostri desideri diventa una terribile massa che inizia a esercitare pressione sul tubo, trova un punto di rottura e inizia a zampillare fuori.
“Quando un uomo si sofferma sugli oggetti dei sensi, crea un’attrazione per loro; l’attrazione si sviluppa in desiderio, e il desiderio genera rabbia. La rabbia induce al delirio; il delirio conduce alla perdita della memoria; senza memoria la ragione va in frantumi; e la perdita della ragione conduce alla distruzione. Solo l’anima che si muove tra gli oggetti dei sensi libera da ogni attaccamento o repulsione, vince la pace eterna“. (Krishna, Bhagavad Gita)
È possibile percepire tale pressione interna proprio nella zona del plesso solare (il centro delle emozioni); il nostro corpo risponde ad essa con un’accelerazione dei battiti cardiaci e la rottura del respiro. A quel punto la pressione cerca un modo per liberarsi. Urla, insulti, umiliazioni, mobbing, stati d’animo manipolativi, ricatti emotivi ecc. sono tutti modi diversi attraverso cui questa pressione cerca il modo di sfondare l’ostruzione e far si che il flusso possa riprendere a scorrere liberamente. Questa operazione a volte richiede solo pochi minuti, per esempio uno sguardo in “cagnesco”, ma altre volte può durare anche anni, quando i problemi nascosti tra le persone vengono ignorati e si creano risentimenti profondi e rancori che costringono ad una vita miserabile.
Depressurizzazione
È matematico: il desiderio di ricompensa, il bisogno di attenzione, di fare qualcosa, di raggiungere un obiettivo, e persino la volontà di impedire che qualcosa accada, saranno sempre legati alla rabbia. Perché la natura crea ostacoli. La rabbia è il risultato inevitabile che ottiene chiunque insegua e sia attaccato alla realizzazione dei propri desideri. Spesso tali impellenze possono anche essere ascritte ad una giusta causa (o almeno possono apparire come tali), eppure anche messa in questi termini, la ricerca della soddisfazione dei desideri e l’inevitabile rabbia che ne è parte integrante, finiscono sempre per rivelarsi un modo distruttivo di affrontare la vita. Possiamo anche riuscire a coronare i nostri desideri, ma gli effetti sulle nostre relazioni ed il nostro percorso di vita spesso si rivelano devastanti.
È difficile accorgersi dell’amore, della comprensione, della saggezza, degli insegnamenti e delle opportunità che ci sfuggono, mentre siamo totalmente concentrati sul coronamento dei nostri desideri. Questo è il motivo per cui il “distacco” e la “rimozione” rientrano tra i più diffusi grandi insegnamenti spirituali di ogni era, per il raggiungimento della pace e della felicità. Addirittura le ambizioni spirituali possono alimentare rabbia e frustrazione, ove non ci sembrino soddisfatte. “Se cerchi di afferrare il mondo e adeguarlo ai tuoi bisogni, non avrai successo. Il mondo è una nave per lo spirito, e non è stato creato per essere manipolato. Manomettilo e ti rovinerai. Trattienilo, e ti perderai”. (Lao-Tzu, Tao Te Ching)
Partecipare, senza aspettative
Avendo compreso quanto detto fin qui, la prossima volta che arriverà la rabbia, avremo la possibilità di guardarci dentro e riconoscere quale sia l’attaccamento ed il desiderio che si cela dietro di essa. In tal modo potremo giungere a conoscere meglio noi stessi, ciò che realmente guida le nostre azioni e quale percorso stia seguendo la nostra vita.
Quando manteniamo un approccio distaccato rispetto agli eventi, automaticamente cambia anche il nostro approccio verso la vita. Come rimarcato dai saggi nel corso della storia, il grande flusso della vita e della creazione è un grande mistero: è possibile farne parte, senza appartenere ad esso? È possibile fare il nostro dovere, senza pretendere nulla di più di ciò che è già eternamente presente e immateriale? Quando ci arrabbiamo, facciamo il grande errore di cercare il nostro compimento al di fuori di noi, anziché nella coscienza, sorgente spirituale di vera pace che ognuno di noi ha in sé, e che non dipende dagli eventi esterni che ci sbarrano la strada.
“L’ego è una scimmia che si catapulta attraverso la giungla: totalmente rapito dal regno dei sensi, oscilla da un desiderio all’altro, da un conflitto all’altro, da un’idea egocentrica a quella successiva. Se lo minacci, in realtà esso teme per la sua vita. Lascia che la scimmia vada. Lascia che i sensi vadano. Lascia che i desideri vadano. Lascia che i conflitti vadano. Lascia che le idee vadano. Lascia che la finzione della vita e della morte vada. Basta restare nel centro, a guardare. E poi dimenticare che ci sei”. (Lao-Tzu, Hua Hu Ching)
Articolo in lingua inglese, pubblicato sul sito Waking Times: http://www.wakingtimes.com/2014/05/22/anger-just-wont-go-away/
Traduzione a cura di Anticorpi.info: http://www.anticorpi.info/2014/06/quando-la-rabbia-non-va-via.html
Era bellissimo il commento, e poi per la vita frenetica, così come è strutturata è difficile non avere la rabbia, hai la rabbia, nei momenti di sconfitta, nel sentirti messa a parte, di non appartenente al tessuto del contesto, e io credo che sia sano e civile avere la rabbia ma è importante sapere come canalizzarla. Credo che nessuno nasce né criminale né rabbioso, ma è la cultura individuale che forma il recipiente per la canalizzazione delle nostre emozioni reperesse. Ecco, credo che l’arte del linguaggio giochi molto alla soluzione, e credo che i deboli per farsi sentire usano i muscoli e i forti usano l’arte del linguaggio.