Il lavoro mortifica l’uomo
di Giovanni Marano
Questo scritto è una ferma contestazione nei confronti di tutti coloro che hanno confuso il lavoro (dovere civico e morale, non coercitivo, svolto dall’uomo nell’interesse proprio e della comunità) con uno strumento di vessazione e costrizione atto a soggiogare l’intera umanità.
E’ inoltre l’espressione di un forte disappunto nei riguardi di chi crede (prescindendo da chi ne detiene la proprietà) che quello monetario sia l’unico sistema possibile, ed è anche una critica all’indirizzo di chi, pur condividendo tale tesi, inizi a mostrare segni di indulgenza verso quelli che considero unicamente dei ricatti.
Tuttavia, nonostante la dovizia di epiteti che ne caratterizza il contenuto, malgrado il veemente eloquio ed i suoi toni chiocci, spero che questa mia filippica venga interamente intesa come nient’altro che una provocazione. Mi auguro davvero che questo articolo non arrechi particolare offesa a nessuno, e che sia opportunamente stimato per il suo effettivo scopo, ossia un pretesto per riflettere sulla nostra straordinaria capacità di auto-denigrazione, sulla nostra incredibile predisposizione nel farci turlupinare, sulla nostra insita tendenza nell’accettare l’assurdo come ovvietà.
Etimologia e significato del termine lavoro:
Lavoro, dal latino labor, laboris: fatica, duro sforzo, impiego di energia. Sinonimi del termine lavoro sono: fatica, sforzo, travaglio, dolore, male, sofferenza, affanno, difficoltà, afflizione, umiliazione, mortificazione, tormento, pena, schiavitù, tortura… Sono noti i detti della letteratura classica “durar fatica” e “operar faticando”. Ancora oggi in alcuni dialetti si utilizzano i termini “faticare”, “andare a faticare”, per intendere lavorare e andare a lavorare. Altro termine usato come lavoro è “travaglio”, dal latino tardo: tripaliare, Tripalium (strumento di tortura composto da tre pali su cui veniva posto e torturato lo schiavo). In siciliano lavorare si dice “travagghiari”, in piemontese “travajè”, in spagnolo “trabajar”, in portoghese “trabalho”, in francese “travailler”. (Fonti: Enciclopedia Treccani, Zingarelli, Dizionario della lingua Latina Le Monnier, Wikipedia.)
Constatazione:
Quindi, appurato e preso atto di quale sia la reale accezione della parola “lavoro”, non posso che considerare assolutamente sincero, onesto, veritiero e coerente, ciò che recita la prima parte del famigerato art. 1 della Costituzione Italiana. Infatti, quando in esso vi leggiamo che: “l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”, altro non apprendiamo che, quelle fondamenta ove sopra si erige la Nazione Italiana sono gettate letteralmente sulla nostra sofferenza. Dunque, che lo si ammetta o meno, nel suddetto articolo vi è racchiusa un’incontrovertibile verità, sottoscritta, accettata e condivisa da tutto il popolo italiano.
Con il termine “lavoro” altro non si intende che il nostro travaglio, il nostro dolore, e non quella fonte di guadagno a cui, erroneamente, siamo abituati ad associarlo. Difatti questo lemma cela astutamente quale fu, ed ancora è, l’effettivo prezzo da noi pagato per ottenere l’odierna Repubblica Italiana: la nostra Schiavitù.
L’Italia! Paese il quale con troppa ingenuità consideriamo Patria, ossia “terra dei nostri padri”. Ma se è vero che ogni parola ha un senso ed un valore, e che è importante e doveroso conoscerne il significato, allora non si possono considerare padri coloro che si nutrirono della pena dei loro figli, pur di sfamare la propria cupidigia! Mentre invece è legittimo ed opportuno definire mortificazione il lavoro, essendo questo uno dei suoi veri significati! E questa purtroppo non è un’opinione, ma un’amara constatazione.
Invettiva:
Considero il lavoro una delle più meschine e subdole, oltre che crudeli, forme di schiavitù con cui si possa sottomettere un uomo. La nostra civiltà, la nostra “umana civiltà” – la quale vanta d’aver scritto una così “democratica” costituzione, basandosi su nobili ed inalienabili valori come l’uguaglianza, la legalità, la fraternità – dovrebbe a dir poco vergognarsi ogni qualvolta un uomo viene fisicamente usato in ciò che astutamente ha denominato “lavoro”. Il termine lavoro non rende giustizia all’etimologico significato a cui esso è legato veramente, ovvero: fatica, sforzo. Con quanta arroganza e presunzione questa ambigua società si definisce civile!
Non c’è nulla di civile nel sottoporre un essere umano a frustranti ed umilianti fatiche. Non c’è nulla di nobile nello sfruttare la gente, nel profittare delle loro difficoltà, delle loro debolezze, qui di “nobile”ci sono solo le famiglie dei ricchi, divenute tali grazie al sudore e al sangue degli uomini che hanno reso schiavi. L’unico uomo a divenire “nobile” con il lavoro, è colui il quale lascia siano gli altri a svolgerlo al posto suo. Questo metodo nobilita così tanto che, qualcuno addirittura c’è diventato Re.
Il lavoro è solo mera crudeltà, uno strumento per rubarci la dignità, e ancora più ignobile e vergognoso è il tentativo di voler supplire a tale furto, con uno dei gesti più deplorevoli che si possano compiere nei confronti di un altro uomo: pagarlo. Offrirgli denaro in cambio delle sue…”prestazioni”, comprandolo completamente, mente e corpo, proprio come avviene con chi si prostituisce. Tanto cosa c’è di male? Visto che in questa società anche la prostituzione è considerata un lavoro! Ma come si può credere che tutto ciò sia normale? Come si può considerare questo sistema civile e umano, fino al punto di accettarlo addirittura come ovvio e naturale? Cosa c’è di naturale, di umano, nel rendere schiavo un uomo? O peggio ancora, un bambino…
Io non voglio assolutamente essere impiegato, occupato, collocato, adoperato, utilizzato da nessuno! Io non sono un attrezzo. Non sono uno strumento. Io sono una Persona! Sono l’unico in grado di stabilire quando, come e dove potermi rendere utile. Io solo sono capace di indicare in quali circostanze e condizioni le mie doti si possono esprimere al meglio, in modo da poter essere veramente efficace e di effettivo aiuto alla collettività!
Collaborare non lavorare:
Considero umana una civiltà che lascia agli uomini la libertà di poter decidere come meglio rendersi validi, e non una che pretende di dover disporre della loro vita. Vorrei essere libero di mettere le mie capacità a disposizione della comunità, al servizio del genere umano, spontaneamente, e non esserne obbligato. Vorrei essere io a stabilire ove è più opportuno che mi prodighi. Ogni uomo, per fortuna, è diverso da un altro per abilità e capacità, ogni uomo è straordinariamente portato per una specifica attività. Ciò dovrebbe permettere di poter contare sull’aiuto di tanti uomini straordinari in tanti ambiti differenti se solo, però, ognuno di questi potesse scegliere liberamente di dedicarsi alla cosa che sa fare meglio. Che bello sarebbe poi se fossimo ripagati per il nostro prezioso e spontaneo contributo, con attestati di stima e rispetto, anziché offesi con del vile denaro!
Gratificazione non retribuzione:
Ma come si può dare un prezzo alla vita di una persona? In base a quale assurdo criterio viene stabilito il prezzo della nostra vita? Quale onnipotenza ha deciso che ogni ora della mia vita dovesse valere pochi euro? Ci vendono e ci comperano come se fossimo merce, sacchi di patate. E c’è chi addirittura mi consiglia d’esser contento e soddisfatto di quei pochi danari, dato che c’è chi non percepisce nemmeno quelli. E purtroppo è vero!
E tutto questo dovrebbe essere degno di una umana civiltà? Cieco è il nostro discernimento, muto il nostro orgoglio, sorda la nostra dignità. Tutto ciò deriva da un nostro difetto: quello di accettare qualsiasi cosa ci venga proposta, senza mai accennare nemmeno ad un’obbiezione, senza mai nemmeno porre una sola domanda… figurarsi pretendere poi una risposta! Abbiamo preteso la “Res-Pubblica”, ma qui di pubblico non vi è rimasto più nulla!
Abbiamo gioito mentre ci imponevano la “Nuova Democrazia”, e noi sciocchi, convinti di aver ottenuto la possibilità di poter decidere un qualche cosa, abbiamo esultato, credendo di essere ormai divenuti un popolo che conta; invece ad essere contati eravamo noi, proprio come si fa con le pecore mentre vengono spinte all’interno del recinto. Ma quale potere decisionale? Che cosa ci fanno scegliere? Con quale strumento preferiamo essere afflitti? Perché è questa l’unica cosa che ci permettono di stabilire. Noi non contiamo nulla! La Democrazia non ci ha reso più saggi o più partecipi, ma solo più illusi. Il numero della popolazione mondiale continua ad aumentare e con esso cresce quello dei poveri, e con i poveri quello degli sfruttatori.
Che senso ha essere in tanti, se poi ci facciamo ricattare dai pochi? L’Italia vanta ormai ben più di 60 milioni di abitanti, potremmo essere una grande Nazione, ed invece siamo solo un paese numeroso. Perché vi è differenza tra l’appartenere ad un Grande Popolo, e il fare parte di una popolazione grande. Ma davvero siamo contenti di essere trattati in questo modo? Non credete che sia arrivato veramente il momento di mandare tutto all’aria?
“Niente lavoro, niente soldi!”
Non avere lavoro getta l’uomo nel panico, mutandolo, trasformandolo in qualcosa di mostruoso, pronto a tutto pur di procurarsi il denaro, disposto a volte a sacrificare perfino chi ama pur di assicurasi un guadagno. Costui diverrà subdolo, meschino, cinico, e laddove anche l’ultimo espediente atto a guadagnare quattrini si rivelasse inefficace, allora a quel punto sarà la disperazione ad avere il sopravvento. Il Denaro è nocivo, e tossici sono i suoi derivati: usura, lavoro minorile, prostituzione, contrabbando, furti, sequestri di persona, omicidi, guerre. Bisogna capire che il vero problema non è la proprietà della moneta ma la moneta stessa? Se davvero servisse solo per una comodità di scambio, allora come mai gli è stato attribuito un valore anche in assenza di un corrispettivo bene materiale? Perché mai accettiamo come intrinseco quello che è solo il suo valore nominale? Abbiamo reso prezioso ciò che non lo è.
Noi dovremmo pretendere invece della sovranità monetaria, la “Gratuità Monetaria”. La nostra esistenza non deve, non può dipendere dalla nostra ricchezza. L’uomo ha il diritto ad esistere a prescindere dal suo reddito. Sono più di 2000 anni che invochiamo la libertà, e l’unico sistema che abbiamo escogitato per ottenerla è quello monetario. Questa è schizofrenia. Come possiamo pretendere la libertà se ci ostiniamo ad essere schiavi del denaro? E la cosa peggiore è che addirittura sembriamo fieri di questo disastro evolutivo, mentre la vergogna sarebbe decisamente il sentimento più appropriato per sottolineare siffatto scempio!
Il Senso vero della vita, è vivere facendo cose che ne abbiano uno. E tutto questo non lo ha, ecco! Ora mi sembra quasi di udirle, sono le voci degli Assuefatti: “E come pretenderesti di campare senza soldi?” Semplice! Con il modo più civile, naturale ed umano possibile: ricevendo in cambio come segno di riconoscenza per i miei gratuiti servigi, in maniera altrettanto gratuita, ogni genere di bene necessario, e solo il necessario, per soddisfare tutto il fabbisogno quotidiano mio e della mia famiglia, garantendoci sopratutto l’umana dignità.
L’uomo non deve guadagnarsi da vivere, quello lo ha già fatto venendo al mondo! Il vivere già ci appartiene, è il “saper vivere” che ancora ci manca! Le persone dovrebbero vivere di ciò che veramente è indispensabile, sbarazzandosi del superfluo, dell’inutile. Ottusa e presuntuosa è l’umana convinzione d’esser proprietari della materia. Ori, diamanti, palazzi… di tutto ciò che noi crediamo aver possesso, ne abbiamo invece solo un effimero usufrutto.
Comunque, lungi da me con questo isterico sfogo pretendere che qualcuno mi dia ragione, mi basterebbe anche solo venire preso in considerazione.
Articolo di Giovanni Marano
Fonte: https://m.facebook.com/notes/maratrix/tripalium-il-lavoro-mortifica-luomo/653808294678770/
Condivido, ma la strada sembra davvero lunga …. sono così poche le persone consapevoli di sé e degli altri, che questo quadro a cui aneli sembra davvero irraggiungibile!
Mi scontro quotidianamente con una “realtà” aliena: come donna, insegnante, madre: il mondo sembra proprietà di un “maschile” impazzito, malato, arrogante e prepotente, pronto a calpestare ogni cosa vada al di là dell’apparenza.
Penso che ognuno di noi possa iniziare col guarire innanzitutto se stesso: più siamo, più cambia la realtà al di fuori di noi.
Penso anche che secoli di “sudditanza” ci abbiano fatto perdere l’abilità di guerrieri: l’abilità del saper combattere per difendere se stessi e la propria comunità (pensate all’ Archetipo di Re Artù), senza delegare ad altri questo compito; non significa ovviamente usare la violenza e tantomeno inneggiare a spargimenti di sangue, ma perseguire il proprio bene supremo con un occhio al bene collettivo: è certamente bello vivere in un collettività sana e serena, ma non è verosimile aspettare che ci “piova dall’alto”, ognuno riveste un proprio compito ed una responsabilità.
Il consumismo è davvero una schiavitù: che generazione stiamo “coltivando”? Come saranno questi adolescenti dipendenti dal cellulari, facebook ecc, incapaci di comunicare direttamente?
E la scuola che strumenti ha? Viene costantemente delegittimata: di riforma in riforma la scuola italiana viene inesorabilmente e instancabilmente demolita, e con essa il ruolo degli insegnanti …. anziché evidenziare il suo ruolo formativo che sta alla base della società, anziché interpellare i docenti che vivono quotidianamente la scuola, si operano tagli, si sconvolgono percorsi ed esperienze collaudati da decenni, senza alcun criterio che non sia dettato da tagli economici ….. ed eccoci tornati al denaro e al potere …
“la democrazia ci ha solo illusi” … non siamo stati capaci di costruirla, o perlomeno di mantenerla … Ciao, Lia
concordo sul lavoro e con quanto detto ma la causa, la vera causa va individuata nei diritti acquisiti. possiamo affermare che la causa di tutti i mali delle società moderne sono i diritti acquisiti. il vero morbo che sta distruggendo il pianeta e le generazioni future sono i diritti acquisiti. le posizioni parassite e dominanti prima fra tutte quella dei pensionati per esempio che pesano sulla società. ma anche le multinazionali nate in periodo economici fertili che ora sfruttano il diritto acquisito di posizione dominante. l’uomo per sua natura è un parassita che cerca di sfruttare il lavoro di altro uomo..cioè la sua posizione dominante per dirittoa cquisitto…il ricco sul povero ..il pensionato sul giovane…il patrone sull’operaio ecc….
Per giungere ad un proficuo cambiamento, l’unica valida proposta che ho sentito in questi ultimi tempi, è il “reddito di cittadinanza”, per poter passare da un sistema che vede il denaro come forma di “guadagno-ricatto” per il lavoro svolto, ad un diritto inalienabile, facilitando, così, lo sviluppo di ogni individuo in estrema libertà
Sono totalmente d’accordo.
Da bambino, non volevo andare a scuola, sentivo che non era cosa buona per mè, mi hanno portato a peso, poi sempre peggio, ma ora con energie eteriche psichiche sto risolvendo cose prima impensabili, ma non è facile raccontarlo.
Sono diventato l’anticiclone personificato ed ho anche aiutanti eterici che volendo potrei ripulire il mondo intero da scie e derivati, ma solo a condizione che le Persone comincino a comprendere per un risveglio Spirituale.
Comunque, chi volesse fare una sicera richiesta di aiuto per la propria zona, con Cuore sincero e riconoscente, sono disposto ad offrire aiuto.
La mia zona gode di protezione da tempo, pur essendo costantemente attaccata, basti guardare il meteo da satelliti ogni due ore per rendersi conto.
Cari saluti
Renzo
pigrecosan,
direi che un pò di discernimento non guasterebbe sai?
Se Ti dicessi che già dal mio primo lavoro nel 1960 ho pagato contributi per altri vecchi precedenti che non li avevano e contemporaneamente anche per mè, cosa vorresti darmi da intendere che sono un peso?
Se Ti dicessi che è la tv che ha convinto la gente a pensare che sono i giovani a pagare le pensioni ai vecchi che però avevano pagato i contributi, non sarebbe piuttosto più corretto capire che quei contributi se li sono divorati politici e compagni? hai idea di quanti ed in quanti modi abbiano attinto dall’inps? è chiaro che ora sono i giovani a pagare, ma il motivo c’è.
Ti auguro buona vita
Ciao…Ho 23 anni e da quando sono nato odio le masse, l essere parte di un gregge.Tutto ciò che è moda mi suona nemico.Condivido pienamente ogni vostra parola e anche io noto che la liberta che la natura ha concesso all uomo, viene sprecata, lasciandosi sottomettere al controllo altrui, finendo poi per lamentarsi, unica cosa che accomuna i falliti.Penso che il cambiamento debba venire da ognuno di noi e con questo io ho creato in me stesso il mondo che vorrei.Non lavoro, nel senso che non mi sottometto.In verità coltivo il mio orto, allevo i miei animali e mi rendo utile ovunque possibile.Evito di consumare piu del necessario e di controllare i miei acquisti, non affidando guadagni per merito mio ad aziende che non meritano.Non uso mezzi a benzina quando posso e tento ogni istante di coinvolgere, con l’informazione, più gente possibile, nel tentativo di far recepire quello che anche tu hai espresso.L uomo vive meglio se ha poco.Se concentra i propri sforzi su sé stesso anziché sull apparire!
Ti lascio con un ringraziamento per aver rafforzato il mio coraggio e avermi educato con nuove nozioni.
il coraggio di un angolazione politicamente scorretta
Sono veramente esterefatto sulla superficialità e ignoranza riguardo alcuni pensieri espressi da qualcuno riguardo i pensionati. Io ho 40 anni di lavoro e spero tra 3 anni di andare in pensione. Con questo non mi sentirò nè un parassita nè un peso per la società per il semplice fatto che mi renderanno indietro (probabilmente non tutti!) soldi che io ho versato come la quasi totalità dei pensionati. Le cause sono da ricercare altrove se i giovani avranno una pensione inadeguata.
Mi rattrista vedere che la malapolitica e la cattiva informazione abbia diviso i giovani dai vecchi, i padri dai figli. Come dice il vecchio detto romano : DIVIDE ET IMPERA!
Consiglio ai giovani di interessarsi maggiormente alla politica altrimenti sarà la politica ad occuparsi di loro e non per il loro interesse.