Il “senso” delle nostre giornate
Cosa ci spinge giù dal letto ogni mattina? La cultura giapponese ha un termine pregiato, denso di significato, che anche noi occidentali potremmo adottare per descrivere una sensazione che per ora, qui da noi, non ha un nome. Questa parola è “Ikigai”.
Questa parola cristallizza, secondo il popolo nipponico, quella sensazione di “avere un senso” che determina le giornate, che ci fa balzare fuori dal letto la mattina e che rappresenta la nostra ragion d’essere. Tutti, infatti, secondo la cultura giapponese, hanno un loro “ikigai”, che in certi casi può coincidere anche con la persona di cui si è innamorati. Tutti sono attirati da qualcosa, hanno una passione travolgente, provano un fuoco dentro che li trascina fuori dal letto.
Tutti noi ci siamo svegliati almeno una volta nella vita già motivati, pronti a dare tutto per la giornata che si stava prospettando. State lavorando ad un progetto? Avete una scadenza aziendale a breve? I vostri pensieri sono totalmente rivolti su un obiettivo preciso? Se vi sentite o siete stati in una qualsiasi di queste situazioni, allora conoscete quella sensazione che poeti, scrittori e filosofi hanno descritto per secoli: l’avere una ragione che dà senso alla propria esistenza.
In una prospettiva psicologica, l’Ikigai sembra avere un impatto fortemente positivo sulla vita delle persone. “Uno studio sulla longevità ha dimostrato che, insieme ad altri fattori quali un sonno sano di 7 ore e un’attività fisica costante, l’ikigai assicurava una maggior prospettiva di vita in una popolazione di anziani. Avere un motivo per cui alzarsi e un qualcosa in cui credere, aumenta la durata e la qualità della vita.” spiega la dott.ssa Anna Cantagallo.
In effetti, anche tutto il mondo manageriale si basa sull’enfatizzare l’importanza dell’obiettivo. Un leader costruisce un team di successo quando ha una visione solida e, soprattutto, un obiettivo preciso a cui arrivare. Questo scatena una forte motivazione a lavorare assiduamente tutti i giorni, per poter raggiungere quella meta.
Proust, per quanto gli fosse facile scrivere, ha dovuto lavorare anni per i suoi libri. Monet lo stesso per i suoi quadri. La loro meta? Esprimere artisticamente quello che per essi rappresentava il senso della vita. A questo desiderio si aggiunge, quindi, un forte lavoro, una tenacia giornaliera per raggiungere il risultato. Anzi, questa capacità lavorativa è in prima linea determinata dall’ikigai stesso.
Identificare il proprio ikigai può, quindi, rivelarsi un aspetto estremamente utile per ognuno di noi. La dott.ssa Anna Cantagallo, a questo scopo, ci presenta alcune domande:
– Che cosa ci piace davvero fare? Per cosa ci brillano gli occhi?
– Cosa serve al mondo? Posso procurarlo in qualche modo?
– Quanto penso valgano i miei sforzi? Qual è la giusta ricompensa economica per il mio lavoro?
– Cosa so davvero fare bene? In cosa sono un maestro?”
Come osserviamo, ciascuna di queste quattro domande determina un campo: passione, missione, vocazione e professione. Questi quattro campi, quando ottimamente fusi tra di loro ci dicono qual è il nostro ikigai. Esso, dunque, unisce ciò che sappiamo fare con ciò che amiamo fare, in un’ottica di appagamento egoico con implicazioni sociali.
Questa ragione d’essere l’aveva già identificata Goethe quando definì l’uomo un “Sinngeber” (in tedesco: “donatore di senso”). Siamo tutti dei donatori di senso. Doniamo significato ad un’esistenza che, nella sua visione più razionale, ne pare priva. E così, dando senso al mondo, diamo senso a noi stessi e al nostro vivere qui.
Fonte: http://comunicazioneebenessere.it/ikigai-il-senso-delle-nostre-giornate/
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