L’igiene nel Medioevo
Se venissimo catapultati indietro nel tempo fino al Medioevo, gran parte di noi sarebbe destinata a morire entro breve tempo per gravi malattie infettive.
Il nostro sistema immunitario, infatti, si troverebbe del tutto impreparato a fronteggiare le insidie rappresentate dalle precarie condizioni igieniche tipiche dell’epoca medievale. A quei tempi non esistevano reti fognarie e le strade delle città ospitavano accumuli di rifiuti ed escrementi, solcati da rigagnoli di acque nere, da cui ognuno si difendeva a proprio modo: stivali alti, carrozze e persino trampoli venivano usati per evitare di calpestare la sporcizia.
Anche l’igiene personale lasciava alquanto a desiderare; seppur per ragioni diverse, infatti, la religione cristiana e molti medici concordavano sulla pericolosità del lavarsi e del fare il bagno. La pratica del bagno, era vista dalla chiesa come pratica peccaminosa di eccitazione dei sensi, e dai medici come possibile causa di indebolimento fisico e predisposizione al contagio.
I bagni pubblici termali del medioevo, ereditati dai Romani, erano considerati dalla Chiesa dei luoghi di perdizione dediti alla promiscuità sessuale, mentre in campo medico prese piede l’assurda convinzione secondo cui i pori della pelle rappresentano la porta di ingresso delle pestilenze; era quindi importante fare il possibile per occluderli dalla sporcizia!
A tale scopo i neonati non dovevano essere lavati ma unti con oli di rosa, di mirtillo e di cera prima di fasciarli nel tentativo di ostruire loro i pori della pelle. In tempi più recenti, nel seicento, il Re Sole fu l’emblema di tale credenza. A seconda delle fonti, si narra che il sovrano – che regnò nella Francia dal 1643 al 1715 – fece soltanto uno o due bagni in tutta la sua vita.
Tra un clistere e l’altro, il Re Sole trovò anche il tempo di emettere un’ordinanza che rendeva obbligatoria la rimozione degli escrementi abbandonati tra i tappeti di Versailles; a quei tempi, infatti, la defecazione si faceva al bisogno un po’ dove capitava e i vasi da notte venivano normalmente svuotati gettando il contenuto dalle finestre.
Anche vestiti e biancheria intima venivano cambiati saltuariamente e si cercava di porre rimedio agli effluvi maleodoranti del corpo e delle vesti, con l’utilizzo di ingenti quantità di profumi, sfruttando mix di essenze che ai giorni nostri paiono piuttosto bizzarre, tra cui il muschio animale e le secrezioni delle ghiandole perianali dello zibetto.
Piuttosto che lavarsi, comunque, si preferiva affidare la pulizia del corpo ai vestiti, che avevano la funzione di assorbire la sporcizia e le impurità della pelle; per beneficiare di tale effetto, nei galatei del Cinque-Seicento si invitava a cambiarsi la camicia una volta al mese.
Anche l’igiene orale era trascurata, tanto che le dame dell’epoca avevano l’abitudine di ripararsi la bocca con un ventaglio, per risparmiare all’interlocutore i cattivi odori e la vista di una bocca deturpata dalla carie.
Nelle rare occasioni in cui il popolo aveva l’opportunità di lavarsi, i membri della famiglia utilizzavano spesso la stessa acqua. L’onore del primo bagno spettava al capo famiglia, poi era il turno degli altri figli e uomini, poi delle donne e dei bambini, e infine dei neonati. A quel punto, l’acqua era talmente lercia che se il piccolo finiva sott’acqua diventava un’impresa capire dove immergere le mani per recuperarlo; da qui il detto: “Non gettare il bambino assieme all’acqua sporca”.
Fonte: https://www.my-personaltrainer.it/Foto/Igiene/Igiene_nel_Medioevo.html
Molto interessante