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La “banalità” del Male — 1 commento

  1. Amo molto Fusaro e le sue sempre lucide disamine del mondo di oggi e della deriva che ha preso.
    Riguardo alla banalità del male, ho seguito settimane fa una conferenza nella mia città che parlava proprio di come il male, che vorremmo vedere come avulso a noi stessi, una sorta di demone che arriva e ci possiede, sia invece parte imprescindibile della nostra totalità di esseri umani aventi una coscienza.
    Non esiste bene senza male e bianco senza nero.
    Gli animali non agiscono mai con malvagità, ma sempre solo per sopravvivere. Il leone non odia la gazzella e non la mangia per disprezzo, ma perché è un animale carnivoro che deve garantire la sopravvivenza sua e della sua specie.
    Gli umani di contro agiscono secondo tutta una scala di valori e istinti primordiali che spesso non riescono o non vogliono controllare.
    La pericolosità risiede nel fatto che l’essere umano fa molto presto ad abituarsi al male accampando con se stesso tutta una serie di scuse che spaziano dal “da che mondo è mondo si è sempre fatto così” a “lo si fa per il bene di tutti e questo val bene qualche sacrificio”.
    Questo perché nell’umano scatta inesorabile il bisogno disperato di sentirsi uguale agli altri e la paura di non essere accettato dal gruppo o “branco” se non seguirà le stesse dinamiche di pensiero della maggioranza.
    La storia insegna che ben pochi hanno avuto il coraggio e l’etica di ribellarsi al male, e hanno fatto tutti una brutta fine ahimè.
    Prima usciamo dalle dinamiche del pensiero omologato accettando passivamente il male come necessario quando non lo è affatto, prima saremo liberi.

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