Quando la Scienza incontrò la Spiritualità: la storia del dialogo tra Einstein e Tagore
di Renato Paone
Albert Einstein e Rabindranath Tagore: due figure, in apparenza, lontane. Due uomini che hanno dedicato la loro vita ad aspetti così lontani tra loro, la scienza e la spiritualità. La loro amicizia, dovrebbe essere ricordata come un chiaro segno di vicinanza tra scienza e spiritualità, due mondi che possono coesistere e che sono, perfino, destinati a fondersi insieme.
14 luglio del 1930, Caputh, periferia di Berlino. Davanti ad una casa in legno, si avvicina un uomo. Ha una veste molto particolare, soprattutto per i tedeschi dell’epoca, che lo guardano incuriositi. L’uomo è indiano, ha una barba lunga, bianca. Sembra un santone, un mistico dalla fronte ampia. Al di sotto di questa, due occhi vivaci, che osservano, scrutano.
Lo accompagna un altro uomo, in abiti più tradizionali, almeno per gli occidentali: è il dottor Mendel, l’amico comune, l’anello di congiunzione che sta per unire due delle più grandi menti al mondo. Lui, “l’asceta”, è Rabindranath Tagore, poeta e filosofo indiano – nonché premio Nobel nel 1913 – nato in una famiglia di bramini, la casta sacerdotale induista. La casa a cui ha appena bussato è il “buen retiro” di Albert Einstein, scienziato geniale che ha teorizzato la Relatività Ristretta e Generale, e che qui ama passare il suo tempo libero, lontano dal caos della città…