La fisica e l’Oriente
di Guido Dalla Casa
Sono passati più di quarant’anni dalla pubblicazione de “Il Tao della Fisica”, notissimo libro di Fritjof Capra, in cui si descrivevano e spiegavano le notevoli correlazioni e quasi-identità fra le conoscenze acquisite con la fisica quantistica e le concezioni di molte filosofie orientali, che spesso risalgono a più di duemila anni fa.
Dopo qualche anno veniva pubblicato “Il punto di svolta”, dello stesso autore, in cui si delineava con chiarezza un possibile passaggio dal paradigma chiamato cartesiano-newtoniano, in cui sono state inquadrate finora le conoscenze scientifiche, ad un nuovo paradigma battezzato sistemico-olistico, basato in gran parte sulla visione del mondo, dello scienziato-antropologo-filosofo inglese Gregory Bateson.
Ottant’anni dopo i lavori di Heisenberg e Schroedinger e quarant’anni dopo la pubblicazione del libro di Capra sopra citato, ben pochi scienziati hanno accettato intimamente e completamente il fatto che le conseguenze filosofiche della fisica quantistica, o il paradigma che ne consegue, coincidono praticamente con la visione del mondo della filosofia buddhista (e di qualche aspetto del pensiero indù e taoista).In fondo, molti ancora pensano in modo semi-conscio, che non è possibile che 2000 anni fa si potessero avere concezioni considerate molto “moderne”. Non riescono a liberarsi del pregiudizio del progresso, cioè dell’idea “ottocentesca” che l’umanità proceda in un’unica direzione, verso conoscenze sempre maggiori e “più vere”. Con alcune eccezioni…