Il Grande Ovest
di Lorenzo Merlo
Se dobbiamo alla Rivoluzione francese l’avventura degli stati-nazione, ora assistiamo alla loro irrimediabile agonia. Dovremo all’epoca del Grande Ovest il tentativo di riforma del mondo. Se prima ci si era mossi motivati da energie culturali, ora si tratta di moventi economici e di controllo. Se prima l’individuo era attore primario della democrazia, ora è agente superfluo e sostituibile. Se prima l’umanesimo permeava il fare, ora è la tecnologia a dirci la via. Con il beneplacito di chi ancora crede in questo genere di progresso.
L’esigenza di riduzione della spesa pubblica ha assunto nel tempo la medesima forza che ha l’acqua alla gola. In quel tipo di situazione ci è imposto afferrare qualunque cosa galleggi pur di non annegare. Lo fa l’individuo e lo fa lo Stato. Così, sotto il capestro di una spesa pubblica via via più insostenibile a fronte di una resa di servizi intellettuali e materiali, di una inefficiente burocrazia pachidermica albergata in strutture fatiscenti, lo stato si è trovato obbligato ad afferrare la mano che gli veniva tesa. Era un buon affare. Avrebbe potuto recuperare la sua identità, sebbene falsificata e controllata, ma incredibilmente ancora credibile, agli occhi della maggioranza, opportunamente istruita dai media collusi…