di Mariabianca Carelli
“La massa degli uomini soffre una vita di quieta disperazione. Ciò che si chiama rassegnazione è la conferma della disperazione.” (H. D. Thoreau, Journal, 9 febbraio 1839)
I giorni dell’uomo non ancora risvegliato scorrono senza che si intraveda senso né finalità; egli sembra spesso sopravvivere più che vivere, perdendosi in piaceri che scambia per “felicità”, in innamoramenti narcisistici che scambia per “amore”, in vizi che chiama “passioni”. Egli coglie ancora confusamente la complessità nella sua percezione del mondo, sia esterno che interno, e nel gioco delle interazioni è continuamente stimolato a “reagire” a fattori e condizionamenti, piuttosto che ad “agire” in modo lucido ed indipendente.
Proiettando nella realtà esterna ciò che di sgradevole è dentro di lui, vorrebbe “cambiare gli altri”, piuttosto che impegnarsi a distillare da se stesso, con la costante osservazione, il Buono e il Bello: “Perché commentare sempre le imperfezioni degli altri? Cercate invece di perfezionare voi stessi… Il lavoro che si fa su se stessi è contagioso, magico: gli altri lo sentono e sono spinti, talvolta anche loro malgrado, a fare qualcosa per migliorare… Quando gli altri sentiranno che siete diventati più saggi, più forti, più generosi e più fraterni, forse si sentiranno spinti ad imitarvi. Non perdete più il vostro tempo in critiche e lamentele, ma occupatevi soltanto di voi stessi; a quel punto, non avrete più tante preoccupazioni, non vi tormenterete più, e gli sforzi che così farete accelereranno la vostra evoluzione”. (O. M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani)…
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