Ricerca della solitudine: indice di disagio o valore aggiunto?
Dott.ssa Martina Rosadoni
Sentire la necessità di trascorrere del tempo soli con se stessi è un’esperienza comune e le motivazioni che ne sono alla base, possono essere le più disparate.
Benché sia riconosciuto come un bisogno estremamente naturale e condiviso, molto spesso nutriamo atteggiamenti ambivalenti nei confronti della solitudine, termine che nell’immaginario collettivo si colora di una sfumatura di significato prevalentemente negativo.
La solitudine può essere associata a inadeguatezza, inettitudine, incapacità o disagio relazionale; può anche spaventare e la tendenza è quindi quella di rifuggirla. Tuttavia, un’analisi più attenta del fenomeno può rivelare una vasta gamma di valenze e interpretazioni possibili. A questo proposito viene in aiuto il vocabolario inglese, in cui compaiono termini diversi per indicare i due poli opposti del continuum, lungo cui si snoda l’esperienza della solitudine, quello “buono”, salutare e costruttivo, e quello negativo, disfunzionale e problematico: ‘solitude’ e ‘loneliness’…