Guardare alla morte da un’altra prospettiva
di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa)
La vita scorre incessante e se ne comprendiamo il senso evolutivo e infine il suo arcano significato trascendente, possiamo superare anche la paura più grande, quella della morte.
Le grandi innovazioni della tecnologia medica e della scienza, sono in grado oggi di mantenere in vita malati – per i quali in passato non vi era nessuna speranza di prolungare artificialmente l’esistenza – che non ritroveranno mai più una condizione di salute e di vita accettabili. Tale situazione viene comunemente definita “accanimento terapeutico”.
La definizione di ‘morte cerebrale’, risalente alla fine degli anni ’60, ha permesso peraltro lo sviluppo della chirurgia dei trapianti, quando in precedenza il prelievo degli organi da un paziente con cuore ancora battente, era comunque considerato reato. Al centro dell’odierno dibattito scientifico e sociale, ci sono interrogativi sempre più cruciali: fino a che punto è giusto mantenere in vita un corpo ormai logoro e incapace di assicurare la minima dignità all’insieme psico-fisico definito persona? Qual è la linea che segna il confine decisivo tra l’ineludibile assistenza medica e l’accanimento terapeutico?…