C’è bisogno di “intellettuali riluttanti”
di Pier Aldo Rovatti
Che fine hanno fatto gli intellettuali? Il termine stesso sembra ormai vecchio, quasi estinto.
Eppure, quando lamentiamo la crisi di un ceto politico all’altezza degli attuali problemi sociali e dunque capace di governare, ci appelliamo anche a quelle figure pubbliche di intellettuali di cui sentiamo la mancanza.
In realtà, siamo preoccupati che stiano scomparendo dalla scena non gli intellettuali che dicono di sì ai “dispositivi” di potere che oggi agiscono in modo più o meno visibile, i quali continuano a proliferare producendo vernici ideologiche anche silenziose, ma i portatori di un pensiero critico in grado di discutere, scalfire e possibilmente correggere, se non proprio trasformare, le rigidità e le microviolenze dei dispositivi stessi. Capaci, appunto, di esercitare un’effettiva azione politica.
Sembrano in via di estinzione i luoghi di formazione della coscienza critica a cominciare dalla stessa scuola pubblica, che in proposito non risulta certo una “buona” scuola: essa, nel suo insieme, dà l’impressione di arrancare nel tentativo di limitare il gap tra studio e lavoro e nei fatti produce un esercito di giovani scontenti ma anche disponibili al consenso, purché si aprano per loro prospettive concrete di occupazione…