Virus
di Lorenzo Merlo
La dipendenza – di qualunque genere – è sempre una dichiarazione di debolezza. Ogni debolezza è una mortificazione della capacità creatrice. Non vederlo, costringe ad accettare come giusto il mondo che c’è.
Serve un Dio
La tecnologia è ontologicamente un dio, al cui potere vogliamo genufletterci; la cui gloria vogliamo celebrare; alle cui soluzioni aspiriamo; la cui verità superiore non discutiamo; la cui mortificazione umanistica non sospettiamo; la cui tossicità non immaginiamo.
Spesso, quando non sempre, è disposizione comune far corrispondere e vivere la tecnologia come progresso. Sarebbe anche vero, se non fosse considerato l’unico, l’autentico e soprattutto il solo.
Nella concezione della tecnologia sono insiti, impliciti, costituenti la quadratura, il giusto e il perfetto, ovvero ciò che manca. Abbracciandola, crediamo di poter indagare il mistero e, un giorno, darne risposta. Il pensiero e il sentimento che avvengono in noi a causa del fideismo scientista di cui siamo protagonisti ne risulta infettato. Una asintomatica ossessione per il modello tecnologico cui dobbiamo tendere ci gonfia l’ego individuale, sociale, politico. In nome del credito nei suoi confronti, non abbiamo incertezze se accodarci esultanti al bene degli algoritmi, dei vaccini, della digitalizzazione: più ce n’è, più tutto sarà facile, comodo ed economico. In sella all’emozione digitale, l’arroganza umana decuplica le atrocità che già in territorio analogico aveva dimostrato di saper commettere….