L’Effetto Rashomon
Dott.ssa Marilena Cremaschini
L’Effetto Rashomon sono i mille modi di percepire una situazione.
A tutti è sicuramente capitato di sentire il racconto di una vicenda fatta da più persone, ma nonostante tali persone siano tutte sincere, ogni racconto si arricchisce di particolari e circostanze diverse, come se non stessero raccontando la stessa vicenda.
Si tratta dell’Effetto Rashomon, un fenomeno provocato dalla soggettività nel quale le persone raccontano la stessa storia in modo diverso. Tuttavia, questo non significa che una delle versioni sia falsa ma semplicemente che viene filtrata attraverso delle diverse percezioni individuali. Una verità relativa, personale che comunque è la verità di chi la racconta.
Il film “Rashomon”
Questo effetto deve il suo nome al film “Rashomon”, di Akira Kurosawa, un film degli anni ’50 del secolo scorso, che vinse il Premio della Critica a Venezia e l’Oscar come Miglior Film Straniero.
Un monaco, un boscaiolo e un passante si riparano dalla pioggia battente sotto Rashomon (in giapponese: la porta nelle mura difensive) una porta in rovina che conduce alla città di Kyoto. Il monaco visibilmente sconvolto comincia a raccontare la storia di un omicidio.
Un famigerato brigante di nome Tajomaru ha ingannato, legato e ucciso un samurai e abusato di sua moglie. Una storia come tante altre per l’epoca se non fosse che non esiste un’unica versione dei fatti.
La versione del brigante, della moglie del samurai e dello spirito del samurai, evocato attraverso un medium, sono discordanti. A queste tre diverse versioni se ne aggiunge una quarta di un boscaiolo anch’essa sospetta, non attendibile e contrastante con le altre.
Chi di loro ha ragione? Probabilmente tutti e 4. Dal momento che siamo abituati a pensare in termini di “bianco e nero”, è normale che si metta in discussione l’affidabilità di ogni spettatore, ma se pensiamo alla realtà come ad un continuum che vediamo attraverso le nostre lenti individuali, la nostra visione personale, allora non risulta strano capire perché uno stesso fatto possa venire vissuto e raccontato in modi diversi.
Nell’Effetto Rashomon influiscono diversi fattori che vanno dall’intensità delle emozioni al momento in cui stavamo vivendo l’evento, fino alle nostre esperienze precedenti o le aspettative che abbiamo.
Per questo motivo, alcuni possono considerare inguardabile un film che per altri è un opera maestra. Le scene ed i dialoghi sono gli stessi ma le aspettative, la conoscenza della settima arte e le nostre emozioni sono diverse.
Le Esperienze Personali
Le esperienze personali sono la chiave per interpretare il fenomeno dello Rashomon. In pratica, l’esperienza è l’insieme di ciò che viviamo (gli stimoli ambientali) e come percepiamo e analizziamo questi stimoli (una percezione e un’analisi che allo stesso tempo saranno determinati dalle nostre esperienze anteriori, dal nostro grado di empatia e dalla nostra psiche).
Per dirlo in parole semplici, è come se ogni persona vedesse la stessa realtà ma attraverso una finestra unica per lei nel mondo. Così che la sua percezione della situazione sarà diversa.
Come si può immaginare, non si può fare riferimento al fatto che una percezione sia più adeguata rispetto all’altra, sono semplicemente diverse. Ovviamente, dal punto di vista scientifico, meno emozioni e aspettative sono in gioco e più nitidamente potremo percepire la realtà.
L’Interpretazione Rashomon
L’assunto dal quale si deve partire per capire l’Effetto Rashomon è che spesso non sono sufficienti i dati di realtà sfavorevoli a turbare la vita delle persone, quanto l’interpretazione che ne danno soggettivamente.
L’interpretazione che ognuno di noi dà degli eventi è determinata dalle proprie convinzioni su di sé, sugli altri, sul mondo e sul futuro, ovvero dalla propria organizzazione cognitiva che a sua volta dipende dalle esperienze che ognuno di noi ha vissuto.
L’organizzazione cognitiva del singolo determina quindi, indirettamente, agendo quella interpretazione dei dati di realtà, le emozioni e i comportamenti di fronte a un determinato fatto che porta all’Effetto Rashomon.
È utile a questo proposito fare una distinzione tra sofferenza intrinseca e sofferenza superflua. Con quest’ultima si intende ogni forma di disagio non strettamente richiesto dalla situazione stessa e che quindi può essere evitata.
La sofferenza superflua si manifesta sotto forma di emozioni e sensazioni spiacevoli e comportamenti disfunzionali non indispensabili che appesantiscono la situazione spiacevole più del dovuto e ne rendono più difficile la gestione.
La sofferenza superflua è determinata da un utilizzo eccessivo e poco flessibile di quelle che vengono definite “distorsioni cognitive”, ovvero gli errori di pensiero che nascono dal tentativo di semplificare la realtà secondo il principio dell’economia psichica.
Le Distorsioni Cognitive
Le distorsioni cognitive sono pensieri che hanno 4 caratteristiche:
– sono illogici, ovvero non sono sostenuti da un rapporto di causa-effetto;
– si autodefiniscono, ovvero non sono supportati da prove oggettive;
– sono limitanti, ovvero riducono eccessivamente la realtà al punto di perdere informazioni utili alla risoluzione del problema;
– sono inflessibili: ovvero presuppongono che non ci siano altre visioni possibili della stessa cosa.
Le principali distorsioni cognitive sono rappresentate da:
– Catastrofismo: si anticipano gli eventi pensando che accadrà sicuramente il peggio. Es. “Se non passerò questo esame sicuramente non raggiungerò mai io mio sogno di diventare medico”.
– Pensiero dicotomico: vengono colti solo gli estremi di un continuum e gli eventi sono valutati in forma estrema, del tipo buono/cattivo, nero/bianco, on/off ecc.. Es. “Se farò bene l’esame i miei saranno fieri di me, altrimenti tutti penseranno che sono proprio un fallito…”
– Generalizzazione: si giunge a una conclusione generale partendo da un episodio particolare. Es. prendere una singola storia d’amore finita male come la prova del fatto che non si troverà mai la persona giusta.
– Valutazione globale: vengono utilizzate etichette generali su eventi, cose e persone, tralasciando le diverse sfumature. Es. “Sono proprio un fallimento”, “è proprio ingiusto il mondo”, “quella persona è odiosa”.
– Doverizzazione: ci si autoimpone regole rigide e severe su come le cose dovrebbero andare e dovrebbero essere fatte. Es. “Devo fare una bellissima figura” oppure, “non dovrei provare rabbia”.
– Lettura del pensiero: consiste nell’attribuire ad altri, in assenza di prove oggettive, determinati giudizi, intenzioni o sentimenti. Es. “Mi comporterei così solo se fossi arrabbiato con lei… sicuramente se non mi chiama ce l’ha con me!”.
Tali pensieri portano ad interpretare la realtà in modo illogico, autodefinitorio, limitante e intransigente, spesso senza che il soggetto si renda conto che le proprie percezioni sono “viziate” dall’Effetto Rashomon.
Se, come spesso accade, abbiamo imparato a pensare in un certo modo fin da piccoli quello ci sembrerà l’unico modo possibile di pensare le cose e di conseguenza, nel momento in cui ci sentiremo turbati, saremo portati a pensare di non poterci fare nulla e a sentirci impotenti.
È come se portassimo un paio di lenti scure: se ci dimentichiamo delle lenti che indossiamo, penseremo che l’unico modo di vedere il mondo sia senza colore. Al contrario, se ci accorgiamo che stiamo indossando delle lenti, sappiamo che possiamo toglierle o sostituirle.
Capire l’Effetto Rashomon serve a conoscere meglio noi stessi e gli altri.
Articolo della Dott.ssa Marilena Cremaschini – Esperta in Grafologia, criminologia e counseling/coaching. (https://www.facebook.com/dottssacremaschini/)
Fonte: https://www.marilenacremaschini.it/leffetto-rashomon/
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