Il Lavoro Energetico sulle Ferite dell’Anima
di Saal
Il lavoro energetico sulle ferite dell’anima è forse uno dei più importanti, essendo rivolto alla risoluzione dei traumi legati alle ferite dell’anima: rifiuto, abbandono, tradimento, umiliazione e ingiustizia.
Queste sono quelle più rappresentative e ricorrenti (possono essercene anche altre a mio avviso) e sono state individuate nel suo lavoro dall’autrice canadese Lise Bourbeau.
Un Piccolo Riassunto
Le ferite dell’anima sono ferite molto profonde, si verificano nei primi anni di vita (a partire dal concepimento) quasi sempre a causa di traumi originati da un atteggiamento dei propri genitori o di chi rappresenta la figura genitoriale e che la persona interessata vive come traumatico.
Molto spesso un evento assolutamente normale viene vissuto come una ferita perché siamo predisposti soggettivamente ad essere colpiti da quell’evento che diventa traumatico per noi, in particolare quando siamo molto piccoli e non abbiamo gli strumenti per poter elaborare razionalmente quel determinato accadimento.
Faccio un esempio: la mamma va ad aprire al postino lasciando il bambino da solo nella culla, anche se si tratta di un’assenza di solo pochi minuti, quel tempo di abbandono viene vissuto come un tempo infinito da parte del bambino che si sente indifeso e senza speranze, finché la mamma non torna da lui, ma ormai il trauma è stato vissuto e la ferita aperta.
Non ci sono ovviamente colpe da attribuire, partiamo dal concetto che veniamo sulla Terra per fare esperienze che ci permetteranno di crescere, scegliamo anche la famiglia composta dai genitori che meglio ci permetteranno di fare quella determinata esperienza traumatica.
Questi traumi aprono una ferita che ci porta ad assumere una maschera, un comportamento che ci permette momentaneamente di farvi fronte ma del tutto inefficace al superamento della ferita stessa.
Infatti, la ferita si rimanifesta nel tempo venendo rivissuta in forme diverse e con diverse persone per tutto l’arco della vita, finché non se ne prende consapevolezza e si fa un lavoro su sé stessi mirato in qualche modo a superarle.
La mia idea in merito, uscendo da una visione duale, è che non si tratti di evento sostanzialmente negativo (anche se ci provoca sofferenza) ma semplicemente qualcosa che siamo chiamati a vivere su questa Terra in accordo con la nostra Anima, un accordo suggellato prima di incarnarci a cui abbiamo acconsentito in quanto si tratta di eventi che ci sono utili per fare esperienza su questa Terra e in ultima analisi per evolvere come Anima.
Abbiamo sempre il libero arbitrio di decidere nel corso della nostra vita come vogliamo reagire a questi eventi, se continuare a indossare la maschera anche se ci fa male o se decidere di prenderne consapevolezza e affrontarli una volta per tutte, per la nostra stessa evoluzione.
Aggiungo che il tempo non guarisce le ferite, nonostante sia questo un luogo comune, il tempo ci permette di dimenticare in parte l’evento scatenante ma la ferita resta sempre registrata a livello cellulare, nel corpo e prima ancora a livello energetico rappresentando vere proprie fenditure nel nostro involucro energetico (ferite astrali).
Inoltre, il ricorso ad un lavoro basato sul piano mentale potrebbe non essere risolutivo, perché il trauma si è manifestato quando la persona, ancora immatura da questo punto di vista, non aveva sviluppato una sua piena coscienza, tanto meno degli eventi accaduti.
Per questo, a mio avviso, il lavoro iniziale da fare è proprio a livello energetico. Questo perché c’è una parte più o meno grande della nostra energia bloccata nel trauma, cristallizzata come un nodo; la prima cosa da fare dunque è sbloccare questa energia bloccata e rimetterla in circolo.
Immaginate il movimento dell’energia vitale come quello di un corso d’acqua. La regola è: energia vitale bloccata o stagnante produce malessere, energia vitale in movimento produce benessere a tutti i livelli. Quindi l’energia vitale deve circolare in modo armonioso nel corpo energetico (chakra, meridiani, ecc.).
Questo primo tipo di intervento, si può fare, con successo, attraverso lo strumento (di cui sono sempre grato) della “radiestesia”, con cui prima si indaga sulla quale sia la ferita principale (o su quella su cui prima si deve agire) e poi si lavora in maniera attiva per rimuovere quel blocco e rimettere in circolo l’energia bloccata.
Sbloccare un certo quantitativo di energia cristallizzata e rimetterla in circolo significa in termini pratici che la persona può rivedere il suo trauma con una minore presa emotiva (quasi senza rendersene conto) e nello stesso tempo affrontarlo da una prospettiva diversa (direi più alta), in modo da riuscire a fare il famoso “salto quantico”.
Infatti, sappiamo dalla fisica moderna che il cambiamento di stato non avviene in maniera continua attraverso una successione di stati intermedi ma è discontinuo, cioè ad un certo punto di verifica un repentino passaggio da uno stato all’altro. Questo passaggio di stato può avvenire in funzione della quantità di energia disponibile.
Per esperienza, cose magiche possono accadere dopo questo primo passo, quando l’energia si rimette in moto.
Dopo è richiesto alla persona un lavoro di consapevolezza. Si tratta di un lavoro di presenza, che consiste nel prendere nota mentalmente (meglio nella forma scritta di una sorta di diario) di quello che accade dopo il lavoro energetico. Può essere che succedano cose nuove o che si prenda consapevolezza di cose già esistenti e che non si erano percepite fino ad allora, oppure si cominciano a vedere diversamente, come da una prospettiva diversa, cose di cui eravamo già consapevoli.
Su questo genere di accadimenti è richiesto di concentrarsi e di annotare. Una volta visti e riconosciuti vengono man mano accettati e integrati nel proprio vissuto. Spesso (anzi sempre) si tratta di cambiamenti interiori che comportano cambiamenti all’esterno, secondo la famosa legge dello specchio.
Il lavoro di consapevolezza è fondamentale ed è un lavoro autonomo (anche se supportato) perché nessuno può guarire qualcuno, se non sé stesso. E, inoltre, la guarigione può avvenire (con gli strumenti giusti) solo se c’è veramente l’intento di guarire. Si tratta di una responsabilità personale. Siamo artefici del nostro destino e abbiamo il libero arbitrio per decidere come vivere le vicende della nostra vita.
Il lavoro da fare è comunque graduale, è come uno sfogliare una cipolla, andando strato dopo strato nel profondo, per arrivare all’essenza di quello che si è.
Insieme al lavoro di consapevolezza e dopo il lavoro energetico, si possono prevedere, come supporto, i vari rimedi vibrazionali, come per esempio i fiori di Bach.
I fiori di Bach, le essenze floreali che lavorano sul piano emotivo, sono un utile supporto per mantenere un certo tipo di vibrazione costante nel tempo (a patto che siano assunti con assiduità).
Nello stesso tempo, però, ritengo che qualora siano assunti, come spesso accade, senza un lavoro di consapevolezza non portino a grandi risultati, dovremmo (anche se riconosco che non è facile) cercare di uscire dall’approccio allopatico di cura del sintomo; almeno noi, operatori olistici, siamo chiamati a provare ad andare alla causa.
Non perché non funzionino, tutt’altro! Piuttosto perché è sempre necessario per valorizzarne l’effetto e portarlo alla coscienza che siano accompagnati da un lavoro energetico e soprattutto di consapevolezza.
Vi lascio con una riflessione: provate ad immaginare come sarebbe la nostra vita senza il peso della maschera che ci portiamo addosso per far fronte a quell’antico trauma vissuto con mamma e papà, e che ancora oggi ci portiamo dietro, condizionando tutti i nostri stati emotivi e di conseguenza tutte le nostre relazioni.
Articolo di Saal (Canale Telegram: TEI – Terapie Evolutive Integrate)
Fonte: https://t.me/as_TEI
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