Memoria Corporea e “Terapia della Gestalt”
di Eleonora Drago
Il nostro corpo non prescinde dal nostro esserci nel mondo e così quando la nostra mente registra episodi, accadimenti della nostra vita, anche il nostro corpo “registra” in una memoria sensibile, tutte le percezioni ed i vissuti associati ad eventi significativi.
La nostra memoria corporea ha origine in tempi lontani, quando le mani di nostra madre si prendevano cura di noi accarezzandoci, stringendoci tra le braccia, cambiandoci il pannolino, nutrendoci, ecc.
In un bellissimo libro del 2015, “Le Mani della Madre“, di un autore contemporaneo, lo psicoanalista Massimo Recalcati, si mette in evidenza proprio il potere delle mani di una madre, della sua voce e del suo modo di prendersi cura del bambino, una madre, quindi, come “luogo” di un enigmatico desiderio di vita, che determina il potenziale sviluppo del bambino e della sua memoria.
Scrive l’Autore: “Le mani. Un ricordo lontanissimo ma insistente. A volte mi chiedo ancora, perché non mi abbia mai abbandonato in tutti questi anni, perché non sia rientrato, come accade per molti ricordi nel limbo di quella “memoria senza memoria” che accompagna lo scorrere ordinario della nostra vita”.
Trovarsi tra le mani di qualcuno che si prende cura di te. Questa è la prima traccia della memoria. Questo concetto si fa evidente in un libro pratico di Frédérick Leboyer: “Shantala”(1976), in cui si illustrano alcune tecniche di massaggio per infanti, tratte dall’esperienza delle madri indiane. Il contatto delle mani, congiuntamente agli odori, al calore, alla voce materna, possono davvero aiutare il bambino a superare lo shock della nascita, con un sentimento di amore e protezione.
A queste esperienze significativamente positive, possono, purtroppo, contrapporsi viceversa esperienze negative, in cui le mani e le esperienze di contatto corporeo hanno lo stesso potere incisivo, ma generano vissuti traumatici e dolorosi. Risposte dell’ambiente di deprivazione, minaccia, violenza, negazione dei bisogni del bambino, hanno un effetto tutt’altro che salutare e determinano altrettanti aspetti rinnegati nel suo organismo (Kepner, 1997).
Tendenzialmente, da adulti, trascuriamo che ogni esperienza importante che facciamo nel mondo, positiva o negativa che sia, lascia una memoria nel nostro corpo. Così come quando da bambini andando in bicicletta cadevamo e ci sbucciavamo le ginocchia, riportando delle piccole cicatrici ancora oggi visibili, allo stesso modo, riportiamo memorie di traumi o esperienze non elaborate nel nostro corpo.
Questo avviene per tutte quelle esperienze che noi definiamo “gestalt aperte o situazioni incompiute”, ovvero quegli avvenimenti nella nostra vita non elaborati, che restano annidati nel corpo sotto forma di un respiro bloccato, di un addome rigido, di un mal di testa o altre somatizzazioni; o ancora in un desiderio frustrato, un atto mancato, un movimento interrotto perché dietro la soddisfazione era presente un pericolo più forte (Perls, Hefferline, Goodman, 1997).
Ogni esperienza non assimilata, riguarda direttamente sia la nostra mente che il nostro corpo. I disturbi psicosomatici rappresentano, dunque, quelle situazioni in cui il corpo manifesta dolori o situazioni di emergenza cronici di bassa soglia. Il corpo “accoglie le disfunzioni” che nascondono talvolta memorie o sentimenti inespressi.
“La nostra tattica per sviluppare l’autoconsapevolezza – sostenevano Perls, Hefferline, Goodman – consiste nell’estendere in ogni direzione le aree dell’attuale consapevolezza e per far questo, è necessario porre attenzione anche a quelle esperienze che hanno determinato dei blocchi personali, sia di natura fisica, che mentale, emotiva, sensoriale, verbale”.
In “Terapia della Gestalt” (Gestalt è un termine tedesco che non ha un preciso equivalente in altre lingue. Gestalten significa “dare struttura significativa”. L’elaborazione della Gestalt trova i suoi fondamenti soprattutto nelle intuizioni di Fritz Perls, psicoanalista ebreo di origine tedesca ) i processi corporei acquisiscono particolare valore; gli schemi somatici e relazionali che il paziente porta con sé, orientano nel lavoro terapeutico sull’espressione della sua intenzionalità in maniera più fluida. Incredibilmente il lavoro sulle memorie corporee prende forma e valore nel “qui ed ora” del setting terapeutico, riattualizzando i vissuti del paziente.
Articolo di Eleonora Drago – psicologa e psicoterapeuta
Fonte: http://eleonoradrago.com/la-memoria-corporea/
La Terapia della Gestalt
La terapia mira al mantenimento e allo sviluppo del benessere fisico, mentale e sociale armonioso e non alla guarigione o riparazione di un disturbo. La Terapia della Gestalt valorizza il diritto alla diversità, l’originalità irriducibile di ogni individuo.
Si rivolge a persone sofferenti di disturbi fisici, psicosomatici o psichici catalogati come “patologici”, ma anche a persone che si trovano in difficoltà di fronte a quei problemi esistenziali che si verificano normalmente nella vita (conflitti, rotture, separazioni, lutti, depressione, disoccupazione, senso di impotenza) o in senso più ampio, a qualsiasi persona che ricerchi una migliore espansione del proprio potenziale latente, non un semplice star meglio ma un “essere di più”, una migliore qualità di vita.
La Gestalt pone l’accento sulla presa di coscienza dell’esperienza attuale (il qui e ora) e restituisce dignità al “sentito” emozionale e corporeo, ancora troppo spesso censurato nella cultura occidentale che codifica rigidamente l’espressione pubblica della collera, della tristezza e dell’angoscia e anche della tenerezza, dell’amore o della gioia.
La Gestalt non mira semplicemente a spiegare le origini delle nostre difficoltà, bensì a farci sperimentare il percorso per nuove soluzioni. In Gestalt ciascuno è responsabile delle proprie scelte e dei propri evita-menti. Non si tratta di voler ingenuamente negare il peso della ereditarietà o delle esperienze della prima infanzia, né tanto meno minimizzare la pressione culturale dell’ambiente sociale, ma si tratta di ricercare una coerenza interna del proprio “essere-al-mondo”, così da scoprire e sviluppare il proprio “margine” di libertà, il proprio personale stile di vita nella sua specificità e originalità.
La Gestalt spinge l’uomo a conoscersi meglio e accettarsi così com’è, senza più sentire il bisogno di cambiare per conformarsi a un modello di riferimento. Incoraggia in qualche modo a navigare secondo la propria corrente personale piuttosto che sfinirsi a contrastarla.
Fonte: http://www.igorvitale.org/2015/03/28/come-funziona-la-terapia-della-gestalt-tecniche-ed-esempi/
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