La Prevenzione Parte dall’Intestino
Dott. Stefano Manera
Negli ultimi vent’anni siamo giunti a definire il “microbiota” intestinale come un vero e proprio organo del corpo, in stretta connessione con il sistema immunitario, con il sistema endocrino, con il sistema nervoso centrale e quindi con la nostra psiche.
I componenti del microbiota (batteri, virus, funghi e protozoi) hanno dimostrato di interagire tra loro in modalità che possono influenzare lo sviluppo delle malattie, così come preservare o ottimizzare lo stato di benessere e di salute individuale.
Il tratto gastroenterico, oltre essere la sede della digestione dell’assimilazione dei nutrienti, riveste un importante ruolo metabolico (producendo vitamine e ormoni) e di difesa immunitaria dell’organismo da agenti patogeni estranei.
Sappiamo ormai molto bene che dall’intestino possono essere inviati segnali verso il sistema nervoso centrale che condizionano lo stato emotivo e cognitivo. Poiché il microbiota svolge funzioni molto importanti per l’organismo, un suo alterato equilibrio, detto “disbiosi”, può contribuire allo sviluppo di patologie gravi come malattie metaboliche, patologie infiammatorie croniche, sindrome del colon irritabile, obesità, ma anche autismo e depressione. Il ruolo che svolge un microbiota in buon equilibrio ovvero in “eubiosi”, è fondamentale per la salute generale dell’organismo.
Sovrappeso, malnutrizione, malattie nervose, stati depressivi e problemi intestinali cronici hanno a che fare con l’alterazione dell’equilibrio del microbiota intestinale. In poche parole, quando il microbiota si altera, noi avremo problemi di salute molto variabili nella loro manifestazione, sempre in virtù della predisposizione individuale. Alcune persone sviluppano la sindrome dell’intestino irritabile, altre manifestano problemi legati all’ansia o alla depressione, qualcuno presenterà fenomeni di malassorbimento, qualcun altro svilupperà malattie allergiche, cronico-degenerative o neoplastiche.
Nell’intestino umano risiedono non solo i batteri, ma anche miliardi di virus. Il ruolo di queste comunità virali, conosciute collettivamente come “viroma”, è ancora poco conosciuto. Uno studio recente suggerisce che le alterazioni nella sua composizione contribuiscono allo sviluppo delle malattie infiammatorie croniche intestinali dette IBD, come colite ulcerosa e morbo di Chron.
Riconoscere e trattare i virus intestinali che favoriscono lo sviluppo della malattia o sostituirli con virus che promuovono la salute, in un prossimo futuro potrebbe quindi diventare una strada utile per modulare efficacemente il microbiota e, di conseguenza, l’infiammazione intestinale, contribuendo a creare un terreno più sano. Infine, un terreno più sano e meno infiammato è la condizione fondamentale per ridurre le infezioni e quindi anche le virosi potenzialmente pericolose.
I fattori che intervengono negativamente nella determinazione della composizione del microbiota sono la presenza di infezioni (batteriche o virali) che sopraggiungono dall’esterno e che causano una disbiosi acuta, e fattori che incidono in modo più subdolo e più lento determinando uno stato di disbiosi cronica.
Quest’ultimo è il caso dell’alimentazione scorretta, per esempio, diete sbilanciate con eccesso di proteine o di carboidrati, e degli stili di vita sbagliati (assenza di attività fisica, fumo, abuso di alcool ecc.) protratti nel tempo.
Fra gli elementi che contribuiscono a modificare l’equilibrio e la composizione del microbiota intestinale bisogna annoverare anche il fattore farmacologico; infatti, larga parte della popolazione assume farmaci in modo cronico e questo contribuisce a far variare profondamente il microbiota.
Sappiamo bene che il microbiota si nutre prevalentemente di fibre vegetali (i prebiotici), mentre utilizza lo zucchero come fonte ulteriore di fermentazione.L’assunzione di sostanze immunostressogene (cioè infiammatorie), con scarso apporto nutrizionale (zucchero, acidi grassi trans, caseina e glutine di scarsa qualità, scatena segnali biochimici che il microbiota ci manda per fare in modo che le sue necessità metaboliche vengano soddisfatte.
Questi segnali di protesta si vanno a inserire in una rete complessa tra intestino, cervello, fegato, pancreas e tessuto adiposo, chiamando in causa i sistemi di insulina, cortisolo, leptina e altri mediatori. Già dopo poche ore avremo quindi fame, saremo irritabili e poco concentrati.
Oggi sappiamo benissimo che il 90% delle patologie originano nell’intestino partendo dalla disbiosi, condizione che genera infiammazione cronica di basso grado (low grade inflammation), che lavora nel nostro corpo come una brace costantemente accesa e che determina una down regulation del sistema immunitario.
La letteratura scientifica sul microbiota intestinale è molto ricca e ignorarla, da parte di un medico, è oggi una condotta gravemente negligente e colpevole. Alla luce delle conoscenze sul microbiota intestinale e sulle sue implicazioni sull’asse PNEI (psico neuro endocrino immunologia), nessun medico memore del primum non nocere dovrebbe prescrivere certi farmaci (antibiotici, steroidi e inibitori di pompa protonica, per citarne alcuni) con leggerezza e per lunghi periodi di tempo.
Sono convinto che questo “nuovo paradigma” di rete e interazione, di cura prebiotica e non antibiotica, sia la vera rivoluzione che potrà portare a grandissimi cambiamenti nei prossimi anni.
Di questo argomento ho parlato nell’ebook “CON-VIVERE CON I VIRUS” (link: https://cemon.eu/scarica/), scaricabile gratuitamente, e nel mio libro “CERVELLO INTESTINO – un legame indissolubile“, edito da Macro Edizioni.
Articolo del Dott. Stefano Manera
Fonte: https://www.stefanomanera.it/blog/prevenzione-parte-intestino/
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