Meditare rende il cervello più grande
di Daniela Mascaro
Studi scientifici mostrano come la meditazione può cambiare la dimensione di aree importanti del cervello, migliorare la memoria e renderci più empatici, compassionevoli e capaci di affrontare lo stress.
Oggi molti studi dimostrano che lo yoga e la meditazione sono molto efficaci nel ridurre lo stress, e i sintomi associati a depressione, ansia, dolore, insonnia, e nell’incrementare la capacità di concentrazione. In generale, tutti gli studi concordano nell’affermare che le persone che praticano yoga o meditazione sono più felici, più soddisfatte, e godono di un maggior senso di benessere, di una migliore qualità della vita.
Nella cultura orientale questa conoscenza è praticamente integrata e quasi data per scontata: “se ti occupi del tuo spirito il tuo corpo te ne sarà grato”. Mentre in Occidente – che è più improntato al metodo scientifico e al bisogno di avere delle prove “certe” che provengono dalla scienza – la domanda che molto probabilmente sorgerebbe spontanea sarebbe: “Ma come è possibile che una cosa così (apparentemente) sciocca, banale, come mantenere una posizione di yoga per 30 secondi, o stare seduti ad ascoltare il mio respiro, possa condurre a tutti questi cambiamenti?”
Sappiamo che quando ripetiamo uno stesso comportamento molte volte, la struttura del cervello si modifica: questo è ciò che la scienza chiama Neuroplasticità. In poche parole abbiamo un cervello plastico, nel quale i neuroni possono cambiare il modo in cui comunicano fra di loro, attraverso l’esperienza. Questi cambiamenti possono essere individuati utilizzando alcuni macchinari come la risonanza magnetica, e alcuni studi hanno utilizzato proprio questa strumentazione per condurre i loro esperimenti.
Fra questi, uno in particolare prendeva in causa la giocoleria. Lo studioso Draganski e i suoi colleghi hanno reclutato un gruppo di persone che non aveva mai fatto il giocoliere prima. Hanno quindi eseguito la scansione cerebrale dei vari individui e insegnato loro la giocoleria, assegnando il compito di continuare a fare pratica per 3 mesi. Passati i 3 mesi le risonanze magnetiche sono state ripetute, e gli studiosi hanno individuato un certo cambiamento nella materia grigia dei partecipanti, nelle aree cerebrali associate all’individuazione dei movimenti visivi. Grazie all’allenamento quotidiano portato avanti per 3 mesi, il cervello dei partecipanti si era effettivamente modificato. E se lo stesso processo si ripetesse con la meditazione? Anche la meditazione, infatti, si pratica quotidianamente.
Sara Lazar, ricercatrice neuroscienziata si è posta la stessa domanda (magari in termini un po’ più scientifici ma il succo era questo). Ha deciso così di condurre uno studio a questo proposito. Ha reclutato un gruppo di persone che praticavano la meditazione in media per 30-40 minuti al giorno, e ha effettuato la scansione dei loro cervelli paragonandola ad un gruppo di controllo con le stesse caratteristiche, che non praticava alcun tipo di meditazione. I risultati di questo studio hanno mostrato che le persone che meditavano quotidianamente,presentavano una maggiore quantità di materia grigia nel loro cervello. In particolare, la zona che aveva subito più cambiamenti era la parte anteriore del cervello, collegata alla memoria di lavoro e ai processi decisionali.
La cosa più interessante è venuta fuori quando i neuroscienziati hanno preso in considerazione l’età dei partecipanti. Invecchiando si sa, la corteccia cerebrale si riduce, ed è per questo che man mano che l’età avanza è più difficile imparare cose nuove, e ricordare cose vecchie: quello che è interessante nei risultati di questo studio, è che in questa particolare zona anteriore del cervello, la corteccia dei partecipanti cinquantenni che meditavano era uguale a quella dei venticinquenni, suggerendo così che la pratica della meditazione può rallentare o prevenire il naturale declino cerebrale legato all’invecchiamento.
Questo studio ha ricevuto molte critiche, per il fatto che le persone che meditano sono da molti considerate un po’ starne. Così gli studiosi hanno deciso di ripetere lo studio focalizzandosi questa volta su un gruppo di persone che non avevano mai meditato prima (Hölzel B., Carmody J. et all., 2012). Hanno quindi effettuato le scansioni cerebrali dei vari partecipanti e li hanno poi inseriti in un programma di 8 settimane che aveva lo scopo di ridurre il livello di stress, durante il quale è stato detto loro di meditare per almeno 30-40 minuti al giorno. Trascorse le 8 settimane le scansioni cerebrali sono state ripetute, e i risultati hanno mostrato un aumento della materia grigia in queste zone:
– Ippocampo sinistro: connesso all’apprendimento, alla memoria e alla regolazione delle emozioni
– Giunzione temporo-parietale: importante per empatia, compassione e assunzione di una prospettiva
Al contrario, è stata riscontrata una diminuzione della materia grigia nell’Amigdala, che gestisce le emozioni, in particolare la paura (quindi se volete liberarvi dalla paura, potreste provare a meditare). In pratica più i partecipanti riferivano una riduzione dello stress, più la loro amigdala risultava piccola.
Questo aspetto, inoltre, è molto interessante se correlato ad un altro studio condotto su alcuni topi da laboratorio (poverini…). Gli studiosi hanno misurato l’amigdala di un gruppo di roditori, dopodiché li hanno sottoposti ad un programma di 10 giorni di stress e, misurando nuovamente l’amigdala a posteriori, hanno trovato che quest’ultima era divenuta più grande. E fin qui ci siamo: l’amigdala è correlata alla paura e allo stress, e siccome i topi sono stati stressati, l’amigdala è diventata più grande. Viceversa l’amigdala di coloro che hanno cominciato a meditare si è ridotta, associandosi ad una diminuzione dello stress.
Ma qui arriva la cosa interessante: alla fine del programma di stress, i ricercatori hanno rimesso i roditori nella condizione iniziale da cui erano partiti, e 3 settimane dopo hanno misurato di nuovo la loro amigdala, trovando che era ancora grande, non era diminuita. Sebbene quindi i roditori fossero nel loro ambiente, al sicuro, senza alcuno stress, mostravano ancora segni di stress, agendo in maniera nervosa e rimanendo in un angolo anziché esplorare l’ambiente.
Nello studio sulla meditazione, nulla era cambiato nell’ambiente di coloro che avevano seguito il training di meditazione, i partecipanti avevano ancora il loro lavoro stressante, i loro problemi familiari e le loro ansie, eppure l’amigdala era diventata più piccola e avevano riferito una minore quantità di stress. Messi insieme questi risultati mostrano che i cambiamenti riscontrabili nell’amigdala non rispondono ai mutamenti dell’ambiente, bensì al “modo” in cui le persone reagiscono e rispondono a tali mutamenti. E la meditazione va a toccare esattamente questo aspetto. Essa può letteralmente cambiare il nostro cervello: non si tratta di una moda new age o di un effetto placebo, bensì di scienza.
Chi la pratica da un po’ di tempo, sa che ha un effetto molto positivo sulla vita di ogni giorno, ma tutti coloro che sono indecisi, che magari ne hanno sentito parlare ma non credono a queste pratiche, potrebbero, a questo punto, fidarsi almeno della scienza, e provarci.
Articolo della Dott. ssa Daniela Mascaro
Fonte: http://ilquieora.blogspot.it/
Estremamente esatto, ho fatto meditazione yoga kundalini per lunghi periodi e la mia vita era davvero migliorata in ogni senso in modo eccezzionale. Poi per questioni tecniche ho smesso purtroppo per anni e, tutto è svanito, quasi tutto ….naturalmente qualcosa rimane ma nel tempo se non si riprende la pratica la vita cambia colore