Bambini che ricordano altre vite
Da sempre le scuole spirituali dell’Oriente postulano che il bambino, nei primi anni della sua vita, conservi ricordi e “condizionamenti” provenienti dall’esistenza precedente.
Secondo l’abitudine occidentale tendente alla razionalizzazione di ogni aspetto della vita umana, questi temi possono invece essere affrontati solo in due modi: o dichiarandoli del tutto estranei alla propria portata indagatoria, perché facenti parte di una generica sfera fideistica, oppure cercarndone qualche conferma sperimentale.
Studiosi che si sono impegnati in questo senso non mancano, così come non manca la casistica che pare suggerire che la reincarnazione sia molto più di una semplice illusione consolatoria, come credono gli scettici… Il più famoso ricercatore in questo ambito è Ian Stevenson, dell’Università della Virginia, che ha raccolto parecchie centinaia di presunti casi di reincarnazione. In particolare, non sono pochi i casi di bambini che hanno saputo fornito informazioni così dettagliate, da permettere di risalire ad una loro vita precedente. (“Bambini che ricordano altre vite“, di Ian Stevenson, Ed. Mediterranee, 1991)
Una delle classiche obiezioni di coloro che sono contrari alla reincarnazione è questa: se quest’ultima fosse un fenomeno reale, dicono costoro, perché mai non ricordiamo nulla delle nostre vite precedenti? Per rispondere adeguatamente, intanto, va precisato che il fenomeno del “ricordare” pone gli stessi problemi alla nostra mente, sia che si tratti della vita “attuale” o che si tratti di una presunta vita precedente. Infatti, nessuno di noi, credo, è in grado di ricordare esattamente, a livello conscio, tutti i dettagli del proprio passato, anche andando indietro di un breve lasso di tempo. Ma il più elementare principio di consapevolezza delle dinamiche mentali gestite dal cervello, ci dice che i ricordi “dimorano” dentro di noi in quello che genericamente possiamo chiamare subconscio. In secondo luogo – sempre a proposito del perché non ricordiamo niente delle vite precedenti – l’oblio è necessario ed indispensabile per preservare da traumi da eccessiva consapevolezza o se si preferisce, da “sovraccarico”, la nostra coscienza ordinaria, lasciandoci quindi più puri e liberi di fare nuove esperienze.
Come ci dice Manuela Pompas – nota studiosa italiana di fenomeni paranormali ed autrice del libro: “La terapia R, guarire con la reincarnazione” (Mondadori) – noi non ricordiamo perché l’anima, come diceva Platone, prima di incarnarsi passa attraverso il Lete, ovvero il fiume dell’oblio. Per alcuni individui ricordare sarebbe troppo traumatico. Meglio rinascere senza ricordi, liberi e senza condizionamenti. Inoltre va anche considerata l’azione dei condizionamenti culturali a cui tutti noi veniamo sottoposti, a partire dalla più piccola età. In sostanza cancelliamo i nostri ricordi a causa di questi condizionamenti. L’ipnosi regressiva (di cui molti tuttavia mettono in discussione l’efficacia, poiché non sicura riguardo a dove vengono attinte le informazioni: dal proprio inconscio o da quello altrui?) risulta una tecnica in grado di rimuovere, o forse, semplicemente di “navigare” il fiume Lete senza affondare, e non sono rari i casi in cui questo avviene, anche e soprattutto con i bambini.
L’età prescolare sembra la migliore, forse perché la mente ordinaria, non è ancora subissata dai condizionamenti della vita. Personalmente, ho sentito molte storie di genitori rimasti esterrefatti di fronte ad improvvise uscite dei loro piccoli di pochi anni, che non sanno davvero come spiegarsi. Una compagna d’asilo di mia figlia, ad esempio, per un certo periodo, continuava a ripetere alla mamma che annegare è bello… perchè quando lei é annegata, cadendo giù dal barcone in mezzo al lago, ha visto gli angeli. Oppure il figlio di quattro anni di una mia amica, il quale non solo asserisce di vedere spesso dei “piccoli esserini” girare per la casa, ma continua anche a dire che sono gli stessi che vedeva… quando viveva nel bosco con le capre…
Si tratta forse di suggestioni derivanti dalla vita di oggi, bersagliata dai media? Non si può escluderlo, anche se di norma questi casi presentano un tipo di “chiara consapevolezza” ben differente dalle normali fantasie infantili. Io stesso, ho un vago ricordo di precise sensazioni molto chiare, provate e vissute costantemente nei primi anni delle mia vita. Ma si tratta solo di alcuni casi, che per quanto numerosi, non sono comunque la regola. Ho osservato attentamente mia figlia nelle sue esternazioni improvvise, negli anni della prima infanzia, e posso dire che alcune di queste – che ora per brevità non sto a descrivere – non si contestualizzavano affatto con il suo vissuto attuale.
In “Scienze della Mente”, di Massimo Biondi e Giovanni Iannuzzo, quest’ultimo scrive: “Gli studi di Ian Stevenson, psichiatra notissimo e sino agli anni ottanta altrettanto noto esponente del ‘movimento parapsicologico’ (sino a quando non ha deciso di allontanarsene), hanno aperto la strada allo studio scientifico dell’ipotesi della “reincarnazione”, studio fondato non solo su evidenze empiriche, ma anche su importanti ricerche sul campo“. Tali studi hanno promosso l’indagine in un campo prima negletto.
In generale, sono del parere che il bambino viva, per una certa fase della sua infanzia, ancora “a contatto” con esperienze della vita precedente e una emotività parzialmente appartenente alla medesima, e che in certi casi in cui “non tutto va secondo le regole”, questi aspetti si evidenzino, inducendo il bambino a parlare apertamente di fatti o circostanze di vite precedenti. L’ambiente culturale in cui si nasce condiziona molto l’individuo, e spessissimo il bambino che non ha dei comportamenti ortodossi viene ricondotto “a forza” entro canoni più consoni, magari facendolo sentire in colpa, dandogli del bugiardo o trattando con sufficienza le sue esternazioni, di tipo, per così dire, anomalo. Questo tipo di repressione è senz’altro molto pericolosa: si tratta infatti di una limitazione imposta ad un essere che si trova ancora in un periodo della vita in cui i confini tra esistenza focalizzata sul presente e coscienza “globale” non sono ancora abbastanza netti.
La reincarnazione è sicuramente una delle più belle conquiste mai raggiunte dalla consapevolezza dello spirito umano. E’ quindi importante per noi occidentali che siamo condizionati da un tipo di cultura più materialista rispetto a quella orientale, cercare di utlizzare questi limiti come stimoli verso una maggiore apertura di mente e spirito. A proposito del destino ultimo della vita, credo perciò che sarebbe bene tenere presenti queste parole che ci vengono dall’antico Oriente: “Per l’anima non c’è mai nascita ne’ morte. Esiste e non cessa mai di esistere. È non nata, eterna, esiste sempre, non muore ed è originale. Non muore quando il corpo muore” (Bhagavadgita 2.20).
Articolo di Antonio Bruno
L’incredibile storia di Cameron, il bambino scozzese che… “visse due volte”:
A 6 anni Cameron ha ricordi precisi di una vita precedente: un’altra madre, un’altra casa, un cane. Poi un viaggio su un’isola di cui ricorda il nome e in cui dice di aver abitato. Infine la “scoperta”: quel piccolo era già stato lì. In un’esistenza precedente?
Clydebank (Gran Bretagna), luglio 2008: Biondo, occhi azzurri e faccina da monello. A prima vista Cameron, sei anni, è un bambino come tanti. A scuola è molto loquace: adora raccontare alle maestre episodi legati alla famiglia, alla madre, alla sua casa. E fin qui, tutto normale. Se non fosse per un unico, piccolo particolare: il bimbo non ha mai visto né la famiglia, né la madre, né la casa di cui parla. O meglio: non le ha mai viste in questa vita.
Cameron Macaulay vive con la madre Norma, separata, e un fratello maggiore a Clydebank, città industriale vicino a Glasgow, in Scozia. A tre anni inizia ad avere un comportamento strano: parla sempre di persone immaginarie, che non ha mai conosciuto. Ma le sue stranezze non finiscono qui: egli crescendo è infatti in grado di descrivere nei dettagli alcuni luoghi nei quali sostiene di aver vissuto. Com’è possibile se non è mai uscito da Clydebank?
A volte dice di essere cresciuto a Barra, un’isola sperduta a nord della Cornovaglia, a 300 chilometri dalla sua città. Dove non è mai stato. Ma soprattutto una cosa preoccupa mamma Norma: suo figlio nomina di continuo la sua vecchia famiglia, la mamma e i fratelli di prima. Cameron parla anche di suo padre, ma non di quello attuale, vivo e vegeto, bensì di quello vecchio, di nome Shane Robertson, morto, secondo il piccolo, in un incidente d’auto. Descrive sempre la casa di prima: grande, bianca e affacciata su una baia di Barra, dalla quale diceva di sentire il rumore degli aerei che atterravano sulla spiaggia. Spesso il bimbo si lamenta della sua casa di adesso, dotata di un solo bagno mentre quella “di allora” ne aveva tre. Anche la sua famiglia attuale non gli va troppo bene, perché viaggia troppo poco rispetto a quella di prima.
Per tre anni la mamma di Cameron e le maestre hanno assecondato i suoi discorsi, ritenendoli frutto di fantasia. Quando Cameron compie sei anni la situazione però precipita: piange tutti i giorni perché vuole tornare dalla famiglia e dagli amici di allora. Per risolvere la questione una volta per tutte, a Norma rimane solo una cosa da fare: accompagnare suo figlio a Barra. E’ certa che il bambino, giunto sull’isola, avrebbe ammesso di essersi inventato tutto. Intanto Norma viene a sapere che una casa di produzione tv è alla ricerca di storie legate alla reincarnazione. Così contatta la troupe, proponendo il caso di suo figlio e insieme con loro decide di girare un filmato sul viaggio a Barra. Al gruppo si aggiunge anche Jim Tucker, americano, direttore della clinica di Psichiatria infantile della Virginia University, incuriosito dalla vicenda.
Cameron è felicissimo. Arrivati sull’isola, però arriva la delusione: dopo aver visitato quasi tutte le case del posto, Cameron non trova la sua. Ed è stato a quel punto che nel tragitto verso l’albergo, Norma ha un’intuizione: Cameron aveva detto di vedere, da casa, la spiaggia sulla quale atterravano gli aerei. Pochi chilometri ed ecco la sorpresa: in lontananza appare la casa bianca, isolata e affacciata su una splendida baia…
Appena arrivato, Cameron non ha avuto dubbi. Si è fiondato a colpo sicuro verso un pertugio ben nascosto dai cespugli: un’entrata segreta che non si sa come potesse conoscere, poiché dall’esterno era totalmente invisibile. E mentre erano lì, stupiti e un po’ sconvolti, è arrivata una telefonata:.. sì, una famiglia Robertson era esistita veramente su quell’isola e aveva abitato in quella casa bianca, affacciata sulla baia di Cockleshell. Proprio come descritto da Cameron.
La casa era ora disabitata: gli ultimi discendenti del clan se n’erano andati da tempo. E figuratevi lo stupore quando, la sera, sono arrivate in hotel alcune foto di quella ormai famosa famiglia Robertson, mandate dall’anagrafe: il bambino, ha riconosciuto il cane maculato e l’auto nera di cui parlava spesso. Dunque quel bambino è davvero un reincarnato ? Nessuno scienziato ce lo potrà dire. Di certo quando il gruppo è ripartito, Cameron era tornato un bambino sereno: aveva condiviso con altri il peso di quella “doppia vita”, con cui era diventato troppo difficile convivere.
Articolo di Chiara Dalla Tomasina (Tratto da: “Oggi”, agosto 2007)
Fonte: http://www.mednat.org/reincarnaz/bambini_ricordano.htm
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