Difendersi dalla morte
Lutto e cordoglio, sono entrambe parole che esprimono la nostra paura recondita della morte, come fatto misterioso, inconoscibile ed imprevedibile.
Esaminando l’etimologia di queste parole, vediamo che “lutto” dal latino “lugere” significa “piangere”, il termine cordoglio proviene ugualmente dal latino “cor dolere” e significa “dolore del cuore”. Esse esprimono la nostra radicata paura della morte. Quando muore una persona cara siamo dubbiosi sulla sua sorte, mentre crediamo di conoscere i contenuti della nostra vita qui sulla terra. La comunità vive la morte di un membro come una rottura dell’equilibrio naturale delle cose.
Eppure noi stessi conviviamo organicamente con la morte continuamente. Il nostro organismo non è una singola unità viva, ma è composto da miliardi e miliardi di microrganismi mono e pluricellulari, che nel loro insieme formano il nostro corpo fisico. Queste piccole porzioni organiche sono “vive” nel vero senso della parola: si nutrono, eliminano le scorie, si riproducono, combattono, dormono e muoiono.
Ogni giorno, nel nostro organismo, milioni di cellule muoiono sostituite da altre appena nate. Come possiamo allora definire la “morte organica” una caratteristica della nostra vita che incontriamo solo una volta? A sottolineare l’importanza di questo passaggio dobbiamo ricordare che se le nostre cellule, di cui siamo fatti, non muoiono nei loro tempi programmati (alcune ore, altre alcuni giorni) il meccanismo che mantiene l’equilibrio del nostro corpo si altera e tutto l’organismo muore. Le famose metastasi sono cellule “impazzite” che non muoiono nei giusti tempi prestabiliti, ma si moltiplicano evolvendosi oltre gli equilibri fisici del nostro organismo. La morte, ovvero, la cessazione delle attività delle nostre componenti organiche, avvenendo milioni di volte al giorno, ci protegge e ci tiene in salute.
Come difendersi dall’idea della morte?
Iniziando ad informarci. Scienziati, fisici, biologi, astronomi sono arrivati ormai con i loro studi a livelli di consapevolezza mai raggiunti prima dalla razza umana. Lo studio del microcosmo e del macrocosmo, ha portato a rivelazioni riguardo l’idea della morte, che avranno impatto sulla massa solo tra qualche tempo. Nel frattempo le nuove scoperte si consolideranno, dando la certezza che la morte altro non è che un “cambio di stato”, un’esperienza comune a tutti e naturale, ovvero la normale evoluzione di vita.
È impossibile dare un senso alla vita, se non si comprende la morte come sua parte imprescindibile e indissolubilmente legata ad essa. Dimenticare o fingere di non vedere questa nostra mortalità, porta conseguenze negative sulla nostra vita di tutti i giorni. Eppure oggi emozioni forti come paura, angoscia, senso di solitudine nell’imminenza della nostra morte, o come conseguenza della morte di un proprio caro, sono ormai definite “normali” nella nostra società.
Capire noi stessi equivale a capire il mondo che ci circonda. Davanti alle stragi, alle violenze che coinvolgono soprattutto i più deboli, agli abusi sui bambini, alla sofferenza propria o altrui, di fronte alle tragedie dell’umanità, molti si chiedono come faccia Dio a non intervenire e a permettere il dolore ed il male. Ma Dio non è una persona o un’entità che interagisce individualmente con noi. Non avrebbe senso la nostra esperienza su questo mondo se l’errore non venisse compiuto fino in fondo per concepirlo e non ripeterlo.
L’essenza Dio è un Principio, una Legge. È Energia Universale che tutto sorregge e tutto compenetra. Il male non viene da Lui, che è l’Assoluto, ma è semplicemente l’altra faccia del bene; è l’Ombra che non conosce ancora la Luce, è un aspetto della dualità che regola tutto il creato. Il peccato è la conseguenza dell’ignoranza, di un cattivo uso del libero arbitrio. Tutte le religioni mondiali affermano che il dolore non è mai fine a se stesso, bensì è una componente del bene; uno strumento di Dio per la nostra evoluzione.
“La vita è un insieme di avvenimenti, di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme”. (Italo Calvino)
Fonte: http://www.lavitadopolamorte.it/vitadopolamorte/11-vita-dopo-la-vita/46-difendersi-dalla-morte.html
Molto interessante e condivisibile. Da far conoscere.
Grazie.
Milioni di parole spese dall’inizio dei tempi per cercare di spiegare la morte, o meglio perche’ si muore, ed e’ logico, una qualche forma di difesa bisogna anche averla contro quell’improrogabile data in cui un secondo prima ci siamo un secondo dopo non siamo pu’, in nessuna veste, solo un corpo immobile su un letto che ci dice cio’ che eravamo ovvero la forma vivendi che ci denotava.
Niente ci dice e ne ci ha mai detto che dall’altra parte c’e’sopravvivenza, non esiste uno “straccetto” di prova palpabile che ci faccia stare tranquilli riguardo al dopo morte.
Se poi vogliamo sperare o illuderci questo e’un altro fatto.
Le NDE potrebbero avvicinarci allo sperato concetto di una vita soprannaturale, ma gli studi seri e scientifici sono solo all’inizio, si aspettano risultati sugli approfondimenti, poi si potra’ intraprendere uno studio relativo appunto a questi risultati.
Una cosa e’ innegabile, con la morte del corpo, il nostro essere diventa ne piu’ ne meno che “era” e noi per un periodo limitato di tempo seguiteremo ad “essere” solo nei ricordi di famigliari ed amici.
Questo non ci nega che prima di morire noi possiamo pensare, credere, illuderci che esista la possibilita’di una certa forma di sopravvivenza dopo dipartita.
Certe volte, da credente nel Vangelo, mi viene come un sentimento di invidia per tutti coloro, Apostoli, discepoli, altri che sono stati contemporanei della presenza di Gesù su questa terra. Immagino che Essi siano stati posti davanti ad una chiarezza interiore che non ha lasciato più dubbi alle loro domande, tutto ciò che era possibile svelare è stato mostrato. L’incessabile lavorio dell’angoscia legata alla fine si è infine disvelata in una rivelazione di non fine! Ricolmi di quella misteriosa energia divina, gli occhi e la mente rivolti alla figura di Cristo li hanno quasi resi individui privilegiati anche se alcuni di essi hanno dovuto sopportare il martirio prima della morte fisica. Oggi, lontani da quei tempi cosiddetti di rivelazione, se sentiamo l’insopprimibile esigenza di un bello unico e definitivo, schiacciati in una realtà che può essere tremenda, non ci resta che coltivare quel sentimento composto da fede e speranza che non ci fa morire mai!
Quel sentimento che lei prova nei confronti dei contemporanei di quei tempi cosi’circoscritti e sensazionali lo provo anch’io per coloro che non si domandano niente o molto poco, e riescono ad avere una fede forte e cieca in tutto cio’che “spiega” i misteri che affliggono l’umanita’sin dall’inizio, cioe'”c’e’ una sopravvivenza dopo la vita terrena?”
E se si di che tipo?
Insomma quelli che hanno le certezze assolute, ovvero che si accontentano di quella spiegazione e basta, dopo vanno a dormire trannquilli.
Invece bisogna assolutamente non demordere e cercare le soluzioni piu’ aderenti ai vari percorsi della nostra vita, che sono gli unici che contano.
Cominciamo con il pensare quanto di trascendentale e soprannaturale c’e’nella vita di tutti i giorni.
Ho la fede, cerco di farla compartecipe di un cervello che continuamente si arrovella per colmare, per amalgamare in una sensazione di certezze definitive e granitiche le poche cose, ma forse essenziali e bastevoli per noi, che ci sono state date nei periodi in cui quell’entità per me inarrivabile e non concepibile ha ritenuto opportuno far conoscere all’umanità, o perlomeno a quella parte che era (predestinata?) a riceverle. Mi chiedo fino alla nausea fino a che punto l’uomo d’oggi abbia la possibilità di oltrepassare un limite di conoscenza forse già stabilito per il suo stato biologico attuale, uno spessore cognitivo adattato o adattabile per ciò che gli può servire fare per questa dimensione fatta soprattutto di fisicità e in cui ciò che va oltre questa è solo come un refolo di vento che investe pochi, pochissimi individui! Lei giustamente parla di ricerca, di tentativi di capire quelle cose che non si possono tradurre in semplici formule fisiche o chimiche da riportare nei testi scolastici e potere quindi riprodurre e sperimentare! Va bene! ma come si fa a parlare con indiscutibile cognizione di causa di fatti che trascendono le conoscenze scientifiche, cose quindi già riportate o riportabili in una terminologia formulistica appropriata per gli addetti ai lavori? La letteratura dello spirituale, questo stesso interessantissimo sito, è colmo di declamazioni che vogliono proporsi come certezze riguardo a cose sulle quali purtroppo ancora e forse mai si potrà avere una stabilità definitiva! Sono convinto, forse per una fede ancora vile e non piena, che questo tipo di vita, su questo assurdo pianeta, sarebbe un non senso divino, almeno alla luce delle cose fatte e dette da questo nostro Gesù, che se anche non ho avuto la beatitudine di incontrare nel mio tempo terreno, mi sembra l’unico a cui poter dare un assegno in bianco. Perché? Perché alla fine scrive una cifra comprensibile alla mia limitata possibilità di decifrarne i numeri! Vorrei tanto andare oltre ciò che ho dentro, ma ho l’impressione che sia Lui a comunicare al singolo qualcosa quando lo ritiene opportuno per aiutarlo!
L’assegno in bianco lo firmerei a Lei se avessi l’1 x 1+ – infinito come percentuale di sicurezza, va bene Gesu’, e’nel nostro DNA, ma Siddarta, Maometto, Confucio Tao, Plotino, Allah ecc. dove li mettiamo, come li consideriamo? Di che branchia delle certezze assolute fanno parte?
Forse il mondo e’ bello e vario proprio per questo, ma nello stesso tempo triste perche’non si sa perche’ e come si e’ cominciato e assolutamente non si sa dove si va a finire e……perche’ si finisce, anche con tutte le sicurezze fideistiche possibili rimane sempre quel piccolo spiraglio in cui giganteggia la parola BOH!
Dobbiamo, my friend, concentrarsi su noi stessi e'”indagarci a fondo” forse la risposta sta in noi,
cerchiamo di trovarla e speriamo non ci faccia troppo paura, se la troviamo.
Si ma che tipo di indagine a fondo propone? Che tipo di concentrazione? Quali domande vorrebbe porre a se stesso? Tutto il lavorio che farebbe avrebbe come oggetto tutta la sua cultura, la sua educazione, la sua eredità sociale. Farebbero capolino flash captati da altri individui, influenze più o meno sfuggenti captate dal mondo! Alla fine il risultato non sarebbe un eventuale deposito ancestrale insito in ognuno di noi ma un elaborazione più o meno contorta di dati che da più fonti si sono concentrati nel nostro cervello! A meno che per ” concentrarsi su noi stessi e indagarci a fondo ” Lei non intenda un fervido, umile atteggiamento di preghiera!
Nel 2014 ho avuto un incidente quasi mortale. Durante il mio coma indotto ho visto mio padre deceduto nel 2000 il quale, con fare tranquillo, con un gesto mi faceva capire di stare tranquilla perché non era la mia ora. Mi sveglio 15 giorni dopo non sapendo cosa mi fosse capitato. Se c’è una cosa che ricordo come fatto reale è proprio questa.
Come me lo spiegate? Io credo fermamente che ci sia qualcosa…..io l’ho visto