Identificazione ed attaccamento alla forma
Oltre le forme si nasconde la vita spirituale che dà vita ad ogni cosa: un oggetto materiale, un atomo, un albero, un uomo, un universo.
Tutto, assolutamente tutto, è vitalizzato dallo “Spirito Divino e Immortale”, che è alieno alle leggi naturali di nascita e morte. Nelle regioni dell’inconscio e del sopracosciente della mente, si trova la conoscenza di questa e di altre fondamentali verità, come la certezza dell’esistenza di una “Suprema Potestà” che compenetra e mantiene l’universo, e la certezza dell’immortalità del nostro vero Essere, l’Io.
Ancora oggi tuttavia, la morte rappresenta per l’uomo un problema irrisolto, un nodo inestricabile, radicato nelle profondità dell’essere. Cerchiamo quindi di definire questo misterioso processo, così temuto perchè non compreso, al quale tuttavia sono soggette tutte le forme viventi. La mente dell’uomo è ancora così poco sviluppata che la paura dell’ignoto, il terrore per ciò che non si conosce o comprende e “l’attaccamento alla forma”, provocano una situazione nella quale, la morte – che in realtà è uno degli avvenimenti più benefici nel ciclo della vita umana – sia vista come qualcosa che deve essere evitato e posticipato il più possibile. Ovviamente questo non vuol dire che l’uomo debba trascurare o snobbare la propria vita fisica, egli ha anzi il dovere di curarsi e mantenersi sano e vitale il più a lungo possibile; ma tutto ciò non deve trasformarsi in ossessione, in culto del corpo o produrre una totale “identificazione” con esso. Nella misura in cui, infatti, la nostra coscienza si identifica totalmente con l’aspetto forma, la morte continua a mantenere il suo antico potere terrificante. Quanto prima dobbiamo perciò arrivare a riconoscerci come pure anime, al di là del nostro corpo fisico.
Per capire come agisce il problema dell’identificazione, possiamo fare un esempio, pensando a quanto ci identifichiamo normalmente con la nostra automobile, mentre la guidiamo. E’ come se in qualche modo fossimo tutt’uno con l’automobile stessa, poiché quasi tutti i movimenti e i comandi per condurla, sono divenuti ormai automatici e meccanici. Ebbene la medesima identificazione, anzi alquanto maggiore, la proviamo con il nostro corpo fisico, che è anch’esso un veicolo, ma molto più preciso e performante, che utilizziamo per muoverci in questo piano fisico. Il corpo umano è quindi come la macchina che noi conduciamo. E qui sta la chiave di tutto: dobbiamo arrivare a riconoscerci come l’autista del veicolo e non come il veicolo stesso, altrimenti si produce attaccamento e per estensione anche dolore. In sostanza quando sapremo fare questa separazione con chiarezza, come conseguenza del nostro stesso sviluppo spirituale, anche la paura della morte sparirà come l’oscurità all’alba.
Ma dove possiamo ritrovare nella realtà che ci circonda, qualche somiglianza con il fenomeno della morte? la risposta è facile: nel sonno. Quando dormiamo infatti, moriamo per quel che riguarda il piano fisico, ma viviamo ed agiamo su un altro livello più sottile ed invisibile. Molte persone non sono coscienti di poter lasciare il loro corpo fisico mentre dormono, perché non sono ancora in grado di conservare nella coscienza del cervello fisico, i ricordi di quella pseudo-morte rappresentata dal sonno, (e del relativo intervallo di vita attiva) e quindi non relazionano la morte con il sonno.
Eppure dopotutto, la morte rispetto al sonno, rappresenta solo un intervallo più esteso di inattività nel piano fisico, in un certo senso “ce ne andiamo” solo per un periodo un po’ più lungo. In sostanza, il processo del sonno giornaliero e quello della morte sono pressoché identici, con l’unica differenza che nel sonno il “Filo Magnetico o Cordone d’Argento”, attraverso il quale scorrono le forze vitali, si mantiene intatto, e costituisce il cammino di ritorno al corpo. Con la morte invece, questo filo della vita si spezza. Quando questo accade, l’entità cosciente non può più ritornare al corpo denso, il quale non avendo più supporto vitale, si disintegra.
Si può dire che il terrore della morte si basi sostanzialmente su alcuni fattori: prima di tutto il timore del momento finale, quando avviene, per così dire, lo strappo definitivo della morte. Poi c’è la paura per l’ignoto, per ciò che non si conosce. Quindi entra in gioco anche il dubbio rispetto all’immortalità e sopravvivenza dell’anima, che si trasforma in terrore per i non credenti e gli atei. Un altro punto è rappresentato dal dispiacere di dover abbandonare le persone amate, o la paura di essere abbandonati da loro. Inoltre agisce, inconsapevolmente, il ricordo, profondamente radicato nell’inconscio, delle morti violente subite nelle passate incarnazioni. Poi come abbiamo spiegato, anche l’attaccamento alla forma e in generale alla materia, costituisce un punto fondamentale. Gli erronei insegnamenti relativi a paradiso ed inferno, rappresentano un’altra questione che può influenzare negativamente. Ed infine agisce anche l’istinto di auto-conservazione, che ha la sua radice in questa innata paura della morte, che è tuttavia lo strumento mediante il quale la razza umana ha potuto vivere e progredire, fino a raggiungere il presente punto di longevità e resistenza.
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