L’uomo che non doveva morire
di Marco Cesati Cassin
Potremmo pensare al destino come ad un programma, per cui, come vi sono creature con una durata di vita assai breve, ve ne sono altre con esistenze molto lunghe.
Nell’immenso e affascinante meccanismo cosmico delle entrate e uscite da questo mondo, vi sono persone che, a volte, “non devono” morire. Il loro compito si deve svolgere a tutti i costi.
Anche in quei momenti in cui pensi siano gli ultimi della tua vita, talvolta accade qualcosa, all’improvviso, che ribalta la situazione a tuo favore, salvandoti.
Perché ciò accada, l’uomo deve però essere in grado di riconoscere i segnali o le voci che giungono nitide nella sua mente e soprattutto dare loro ascolto, senza pensarci o perdere tempo. Esattamente come accadde, tanti anni fa, al papà di una mia carissima amica di nome Elisabetta. Ecco la sua storia…
Salvato in extremis
Pietro Reggio nacque a Savona del 1925, prematuro. I medici annunciarono ai genitori che non si sarebbe potuto salvare. Il medico condotto della famiglia Reggio, tuttavia, tentò un’operazione disperata e costruì una specie di incubatrice con dei bottiglioni in vetro e del cotone, cercando di salvare la vita al bimbo. Passarono così ore angoscianti sostenute dalle preghiere della famiglia di Pietro. Alla fine, la tenacia del medico fu premiata e il bimbo si salvò.
Ma il suo destino aveva in serbo altre sorprese per lui… Pietro ha vissuto una vita in salute senza mai ammalarsi, nonostante i suoi anni più belli siano stati segnati dalla terribile esperienza della guerra. Oggi alla bella età di 90 anni, si rende conto dei tanti doni che ha ricevuto, anche nei terribili mesi in cui, a solo 18 anni, fu preso dai tedeschi e deportato prima in Germania e poi in Polonia nei campi di concentramento, dove accaddero, fatti straordinari che gli salvarono ripetutamente la vita.
Il primo accadde durante la sua prigionia in Germania, dove lavorava in una fabbrica installata nel campo di concentramento. Un giorno il campo venne bombardato dagli aerei americani e i tedeschi, per salvare la forza lavoro della fabbrica, ordinarono a tutti i prigionieri di rifugiarsi in un altro capannone. Pietro, in quello stesso momento, sentì una voce che gli disse di non andare in quel rifugio, ma di scappare in mezzo alla campagna.
Aveva paura di andare all’aperto, pensando che lì sarebbe stato più facile morire; ma la voce fu talmente insistente che lui seguì l’indicazione. Dopo pochi secondi, il rifugio dove si erano recati tutti gli altri fu bombardato e perirono tutti. Nessuno si salvò. Osservando il capannone che saltava in aria con dentro i suoi compagni, Pietro si inginocchiò in mezzo ai campi facendosi il segno della croce e ringraziando Dio.
Un vecchio scarpone perso per strada
Ma le sue peripezie non finirono lì. Qualche tempo dopo si trovava in Polonia: mentre correva a perdifiato in mezzo alla campagna insieme a molti altri compagni di lavoro, per raggiungere un treno che li avrebbe deportati in un altro campo, Pietro perse uno scarpone – molto largo a causa del fatto che lo aveva preso da un suo compagno morto – ma nonostante fosse di vitale importanza per non ghiacciarsi i piedi e per berci dentro, lui continuò a correre senza darsene cura.
Ecco, però, che di nuovo una voce gli ordinava in modo autoritario di tornare indietro a recuperare lo scarpone. Pietro non le dava ascolto, ma la voce insisteva in modo perentorio, ordinandogli di fermarsi e di tornare a cercare lo scarpone. Rendendosi conto che, effettivamente, con il piede scalzo avrebbe presto avuto seri problemi, decise allora di tornare sui suoi passi alla ricerca dello scarpone mentre i compagni salivano sul vagone. Dopo pochi secondi, apparve dal nulla un bombardiere americano, che colpì il treno e tra boati e fiammate, morirono tutti. Inebetito, con in mano lo scarpone ritrovato, Pietro osservava l’enorme esplosione in mezzo ai campi… ancora una volta si era salvato la vita.
Una pentola gli salvò la vita
Nella fabbrica dove lavorava, i kapò mettevano sulle stufe le pentole contenenti il loro cibo per riscaldarlo. Una mattina dovettero abbandonare in fretta e furia la fabbrica, a causa di un’incursione aerea nemica. La confusione era grande e mentre tutti scappavano, un kapò afferrò Pietro ordinandogli di tornare indietro alla fabbrica per recuperare la sua pentola lasciata sul fuoco. Pietro si rifiutava, non ci voleva andare, lo supplicava di non mandarlo, ma il kapò arrivò a minacciarlo con la pistola in pugno: se non ci fosse andato, lo avrebbe ammazzato lui stesso.
Ad un certo punto, Pietro sentì la solita voce che gli diceva di andare, quindi, con il cuore in gola, corse più forte che poteva per recuperare la pentola. Mentre entrava in fabbrica, però, sentì un enorme scoppio; il rifugio dove tutti erano andati, incluso il suo aguzzino, era saltato in aria uccidendoli. Pietro ancora una volta in modo miracoloso si salvò la vita e sedendosi a terra al sicuro, si fece anche una sostanziosa mangiata non prevista.
Predestinazione e libero arbitrio
In questa straordinaria storia si può cogliere un messaggio importante. Noi abbiamo il libero arbitrio e possiamo prendere le decisioni che desideriamo. Se Pietro non avesse ascoltato il suo animo più profondo, probabilmente non avrebbe dato retta a quelle voci e sarebbe morto da molto tempo.
La ragione, la logica, i condizionamenti e gli altri esseri umani, in sostanza, ci portano sempre o spesso lontano dalla nostra vera essenza a noi solo conosciuta. Quando l’agire è invece dettato dal sentire, non possiamo mai sbagliare strada.
La vicenda di quest’uomo, oggi novantenne, è un bell’esempio che ci dice che quando diamo retta ai messaggi che riceviamo da dentro, siamo protetti e non abbiamo nulla da temere. La volontà divina e quella terrestre si allineano e tutto si svolge secondo il programma.
Le incredibili vicende che hanno salvato la vita a Pietro, dimostrano inoltre che occorre avere fiducia in ciò che sentiamo e non lasciarsi trascinare altrove per insicurezza o debolezza. Anche quando la scelta dettata dal sentire, in prima battuta risulta infelice o errata, occorre resistere e attendere lo svolgere degli accadimenti.
Non esistono errori ma solo esperienze. Tutto è esperienza e anche i percorsi più dolorosi sono alla fine forieri di luce e beatitudine, ovunque essi portino. Allinea, dunque, il tuo corpo fisico con quello mentale e poi con quello spirituale. Volerai come mai avresti immaginato.
Articolo di Marco Cesati Cassin
Fonte: https://www.karmanews.it/14243/luomo-che-non-doveva-morire/
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