Quel fenomeno chiamato Morte
Dr. Mario Rizzi
“Se dovessi analizzare fra i tanti scopi, il più urgente da portare avanti, non avrei esitazione: togliere la paura della morte”. (Giuditta Dembech in “Quinta dimensione”)
Alcuni pensieri, prima di iniziare…
“Quindi, lasciate che i morti partano tranquillamente verso quei luoghi dove devono andare. I vostri genitori, i vostri amici, non aggrappatevi a loro, non tratteneteli col vostro dolore e la vostra sofferenza, e soprattutto non cercate di chiamarli per comunicare con loro: li importunereste e impedireste loro di liberarsi. Pregate per loro, inviate loro il vostro amore, pensate che si liberino e si elevino sempre più nella luce. Se li amate veramente, sappiate che sarete un giorno con loro. Questa è la verità. Quante volte ve l’ho già detto: là dove è il vostro amore, là un giorno sarete anche voi“. (Omraam Mikhael Alvanhov)
“Come sarebbe interessante scrivere la storia delle esperienze fatte da un uomo in questa vita dopo essersi suicidato nella precedente; di come egli adesso inciampi sulle stesse esigenze che si erano presentate prima, finché non arriva a capire che quelle esigenze vanno appunto esaudite. Le impressioni della vita passata conferiscono una direzione alla vita presente“. (Tolstoi)
Il regno della Paura della Morte è prossimo alla fine
“Conoscerete, e la verità vi farà liberi”. (Gesù di Nazareth).
Il regno della paura della morte è ben prossimo alla fine, e presto inizierà un periodo di conoscenza e certezza che lo scalzerà dalle radici. Per eliminare la paura della morte basta elevare l’argomento su un piano più scientifico, e in tal senso insegnare come si muore. C’è una tecnica del morire, come c’è una tecnica del vivere, ma in Occidente è in gran parte perduta, e anche in Oriente non è ormai conosciuta che da piccoli nuclei di saggi.
Prima che si concluda il prossimo secolo, la morte, finalmente, sarà intesa come non esistente, almeno nel senso attuale. La continuità di coscienza sarà allora così diffusa e sviluppata, e tanti saranno gli uomini di notevole levatura capaci di vivere simultaneamente nei due mondi, che l’antica paura della morte sparirà, e i rapporti fra piano fisico e astrale saranno così accertati e controllati scientificamente che le attività medianiche, grazie al cielo, cesseranno del tutto.
Una volta la Morte era considerata importante
Una volta la morte occupava un posto importante tra le preoccupazioni umane. Non era ancora diventata la cosa anonima, rigettata ed incompresa delle nostre società moderne. Oggi si muore in ospedale, sovente soli ed abbandonati, il lutto non si porta più, i funerali sono svolti quasi sempre in forma strettamente privata. Però, appena un secolo fa, la morte, ben lungi dall’essere esclusa dalla società, era al contrario presente ed integrata nelle nostre società occidentali, ammessa ed accettata come un aspetto, una fase importante della vita dell’essere umano.
Molto presto i bambini venivano a contatto con l’esperienza della morte. La potevano osservare sia per la strada che in casa. L’alta mortalità di allora e la promiscuità presente nelle case, costituivano due dei molti fattori che consentivano di avvicinare la morte ed imparare a prendere confidenza con essa. Oggi la morte è diventata un’estranea. Nascosta quando è vicina, banalizzata dai mass media quando è lontana, la morte viene esclusa dalle nostre più importanti preoccupazioni e diventa sempre più una sconosciuta.
Così, più la morte è sconosciuta, più sembra un fatto definitivo e più diventa un trauma. Pertanto, oggi, occorre riscoprire la morte perché, in questi ultimi decenni, il mondo scientifico ha trattato la morte come un oggetto di studi puramente medici, di psicologia o di statistica e l’ha resa di fatto ancora più inafferrabile e dunque più inquietante.
La Morte è solo un intervallo, così come la vita
“La verità segreta del mondo, è che tutte le cose sussistano per sempre e non muoiano, ma si sottraggano per un po’ alla vista e in seguito facciano ritorno. Niente muore; gli uomini si fingono morti e si sottopongono a finti funerali e a dolenti necrologi, mentre loro stanno là, a guardare dalla finestra, belli sani e a posto, in qualche nuova guisa foggiati”. (Ralph Waldo Emerson)
La morte per l’uomo medio rappresenta il cataclisma finale che coinvolge la fine di tutte le relazioni umane e la cessazione di tutta l’attività fisica. Essa gli sembra analoga al lasciare una stanza illuminata e calda, amichevole e familiare, dove i suoi cari sono radunati, per andare fuori nella notte fredda e buia.
Purtroppo le persone non sanno, o lo dimenticano, che ogni notte, nelle ore di sonno, esse cessano di essere attive nel piano fisico ed iniziano a vivere e funzionare a un livello del tutto differente. Il fatto che non sono in grado di riportare nella coscienza del cervello materiale il ricordo di quell’uscita, e di ciò che hanno fatto, fà dimenticare loro che hanno già raggiunto una certa facilità nel lasciare il corpo fisico. Questo è il motivo basilare per cui falliscono nel mettere in relazione il sonno con la morte.
La morte, dopo tutto, è solo un lungo intervallo in cui non vi è più la tangibile esistenza nel piano fisico; colui che si pensa morto è solo “andato fuori” per un tempo maggiore di quello relativo al sonno ordinario. Il processo del sonno ordinario è assai simile a quello della morte. La sola differenza che distingue questi due fenomeni consiste nel fatto che nel sonno la funicella o cordone d’argento (o corrente di energia) lungo la quale passa la forza vitale che collega il corpo materiale con quelli sottili resta collegata, e costituisce il mezzo che, al risveglio, permette di ritornare nel corpo denso. Nella morte, invece, questa funicella vitale si spezza ed il ritorno non è più possibile. Quando questo succede il corpo fisico, mancando dei principi di coerenza che lo tenevano insieme, si disintegra.
La morte, se solo potessimo rendercene conto, è una delle attività che abbiamo già praticato in tante occasioni. Noi, infatti, siamo morti molte volte e moriremo ancora e poi ancora. La morte è essenzialmente una questione di coscienza; siamo coscienti per un breve periodo sul piano fisico, ed un momento dopo ci ritiriamo su un altro piano dove siamo attivamente coscienti. Fintanto che identifichiamo noi stessi con il nostro corpo, la morte sarà per noi causa di un grande timore: timore le cui origini risalgono alla notte dei tempi.
Non appena ci renderemo conto di non essere dei “corpi” ma delle “anime” che abitano nei corpi, ci troveremo pure in grado di focalizzare la nostra coscienza in ogni forma fisica (o piano di esistenza). Saremo pure in grado di focalizzarla in ogni direzione entro la forma di Dio, e non conosceremo più il fenomeno chiamato “morte”.
La morte non esiste. Esiste invece l’ingresso in una vita più piena; una vita libera dalle limitazioni create dal corpo fisico. Il processo di brutale separazione tanto temuto non ha affatto luogo, se non nel caso di morte improvvisa e violenta. Gli unici fenomeni veramente sgradevoli sono un istantaneo e terribile senso di morte e imminente distruzione, e qualcosa che si avvicina ad un elettroshock. Niente altro.
Per i meno evoluti, la morte è letteralmente un sonno di oblio, questo perché la mente non è sufficientemente sveglia per reagire e l’area che contiene la memoria è praticamente vuota. Per un onesto ed intelligente cittadino mediamente la morte non è altro che la continuazione della vita in piena coscienza; egli può, nella sua vita nell’aldilà, portare ancora avanti i suoi interessi e le tendenze che aveva durante la vita fisica. La sua coscienza ed il suo senso di consapevolezza sono gli stessi e non si sono alterati. Egli non nota una gran differenza e spesso ignora addirittura di essere passato attraverso l’episodio della morte.
Perché si teme la Morte?
“Sono certo di essere già stato qui, ora come mille altre volte prima d’ora, e spero di ritornarvi altre mille”. (Goethe)
Per l’uomo medio dotato di raziocinio, la morte è un punto di crisi catastrofico. E’ la cessazione e la fine di tutto ciò che ha amato, di tutto quanto gli è familiare e che può essere desiderato; è il rovinoso ingresso nell’ignoto, nell’incertezza, e la brusca conclusione di tutti i piani e progetti. Fondamentalmente i motivi per cui la morte incute paura sono i seguenti:
– l’ignoranza su chi siamo e i relativi dubbi circa l’immortalità,
– il terrore che risveglia in noi l’ignoto e l’incomprensibile,
– il dolore di lasciare i propri cari o perderli per sempre,
– l’attaccamento al corpo con cui ci si è identificati,
– l’attaccamento alle cose terrene (denaro, immobili, posizione, ecc.),
– la reazione, che risale dal subconscio, a una morte violenta sperimentata in una vita passata,
– errati e terrorizzanti insegnamenti sull’Inferno.
Platone, per evitare che i suoi allievi si attaccassero alle cose terrene, li invitava a fissare la loro attenzione sulle cose del mondo dell’aldilà, vera patria dell’uomo. Molti filosofi seguirono e ripresero questo stesso discorso e, tra essi, anche sant’Agostino. Valgono per tutti le parole dell’apostolo Matteo: “Non ammucchiate tesori sulla terra, dove le tarme ed i vermi divorano tutto, dove i ladri bucano le pareti e rubano. Ma accumulate tesori in Cielo, dove né tarme né vermi rovinano tutto, dove i ladri non bucano le pareti e non rubano. Perché là dove è il vostro tesoro sarà anche il vostro cuore“ (Mt 6:19-21).
La Morte rappresenta un episodio traumatico perché…
Fondamentalmente la morte rappresenta un fenomeno traumatico perché la gente è convinta di essere il proprio corpo, mentre il corpo non è che un “vestito di carne” che indossiamo per la durata di una vita. Esso ci è necessario per fare esperienze altrimenti impossibili; una di queste è lo sviluppo dell’Io, ovvero la coscienza individuale.
La morte è solo un periodo in cui viviamo nei mondi sottili in attesa di rinascere in un altro corpo fisico per fare altre esperienze nel modo terreno. Quando finirà questo “entrare ed uscire”? Quando avremo raggiunto una perfezione, tale per cui non avremo più bisogno di un corpo fisico, in quel momento avremo conseguito la resurrezione “dalla carne”, non “della carne” come la Chiesa ci insegna.
Dr. Mario Rizzi
Tratto da: “La Luce oltre la soglia – Una raccolta di testi per conoscere il mondo dell’Aldilà e farselo amico“, Dr. Mario Rizzi
Fonte: http://www.viveremeglio.org/
La resurrezione cristiana è insegnata o creduta da molti, come riprendere il proprio corpo, che è assurdo per vari motivi. C’è poi, la rimozione psicologica della morte, quando si dice “non ce l’ha fatta”, “Mario vive”(scritte sui muri). Anche gli applausi ai funerali (invece della riflessione e del silenzio) si prestano a più interpretazioni.
Ilcorpo quando muore diventa o meglio torna ad essere terra.L’anima torna a Dio perché appartie a Dio. L’essere composto di anima e coprpo quindi con la morte non esiste più come tale perché il corpo diventa polvere e l’anima torna a Dio. Qui vale l’esempio della corrente elettrica che circola etenamente mentre lampadine e vari aggeggi che la corrente alimenta hanno un termine di vita e quindi una volta invecchiati e non più funzionanti vanno a finire nella spazzatura. :’anima non ha la memoria del corpo che lapossedeva appartiene a Dio. Sarebbe interessante leggere commenmti partendo da questi presupooposti.
Per troppi secoli la Chiesa ha disprezzato il corpo quale occasione di peccato. Ora rivaluta la triade corpo, mente ed anima, funzionalmente uniti. Dopo la morte ci potrebbe essere un salto quantico, forse versione scientifica delle apparizioni.
Mi chiedo se dire ai morti nel silenzio di una stanza che sono stati buoni padri o buoni mariti, insomma che abbiamo gratitudine verso loro, sia una forma di evocazione che gli impedisca un cammino spirituale. Visto che ho ricevuto dei segnali ogni tanto da parte sua.
La straordinaria metafora biblica del “cordone d’argento” ispirò un libro di poesie che si può scaricare gratuitamente da qui.