Il Cancro del conflitto di interessi
di Gioia Locati
C’è una voce critica (e, a ben guardare anche una forma di autodenuncia). Si solleva dai reparti di oncologia, da chi cerca di fermare il cancro.
L’insofferenza emerge dagli oncologi ospedalieri che, più degli altri camici bianchi, utilizzano i “protocolli di cura”. Nonostante i protocolli siano paragonabili a binari di un treno in viaggio, il macchinista ha pur sempre la possibilità di decidere qualche variazione di percorso. In questo margine di discrezionalità può insinuarsi un conflitto di interessi. Gli oncologi ne sono consapevoli e chiedono, sia di informare i pazienti, sia (!) di NON ricevere direttamente denaro da Big Pharma.
Da un’indagine condotta dal Collegio dei primari oncologi ospedalieri, Cipomo, apparsa sul British Medical Journal, è emerso che il 62% degli oncologi ha dichiarato, in forma anonima, di aver ricevuto denaro direttamente dalle aziende farmaceutiche negli ultimi tre anni. Per il 68% degli intervistati, l’intera categoria ha un conflitto di interessi con le industrie. L’82% ha dichiarato che la maggior parte della propria formazione in oncologia è supportata dalle aziende. Il 75% pensa che l’industria spenda troppo in marketing rispetto a ciò che investe in ricerca e innovazione…