La meditazione come addestramento alla morte
Ogni forma di meditazione è essenzialmente un modo per trascendere l’ego. In questo senso, la meditazione imita la morte, che non è altro che la morte dell’ego stesso.
Se una persona progredisce abbastanza bene nella meditazione, qualunque sia l’approccio prescelto, arriverà al punto in cui sarà stato così esaustivamente “testimone” del processo del trascendere mente e corpo, che alla fine assisterà alla morte dell’ego, risvegliandosi come anima sottile o anche come spirito. E questo è di fatto vissuto come una morte. Nello Zen è chiamata la “Grande Morte”. È un’esperienza che può essere abbastanza facile, una trascendenza relativamente tranquilla del dualismo soggetto/oggetto, oppure, poiché si tratta di una sorta di vera morte, può anche essere terrificante. Ma sia che il processo avvenga con leggerezza o drammaticamente, lentamente o velocemente, il sentimento di essere un essere separato muore, si dissolve, e ci si trova con un’identità che di fatto precede l’identità ordinaria ed è più elevata, un’identità con lo spirito universale e come spirito universale…