Che cosa dobbiamo farne dei morti? Strategie di confronto con il grande tabù
di Ilaria Bergamaschi
Nella società contemporanea ci si è assuefatti a un sistematico occultamento sociale della sofferenza e della morte. Si è perso il “momento del cordoglio”, arrivando a farsi vanto di averlo progressivamente ridotto a un fatto psicologico individuale, lasciando decadere quel supporto collettivo che è, invece, indispensabile per venire a patti con un evento che difficilmente si può fronteggiare da soli.
A noi occidentali del XXI secolo l’etimologia di tutto il lessico legato al “pianto” sembra rivelare qualcosa di oscuro e inafferrabile; il verbo latino plango – da cui esso deriva – aveva, infatti, il significato originario di “battere”, “colpire” e poteva riferirsi al gesto di far risuonare uno strumento a percussione come anche al tipico rumore prodotto da un panno svolazzante scosso dal vento, al vigoroso agitarsi delle ali degli uccelli o ancora allo scrosciare delle onde che si frangono sugli scogli…