T’imploro, mamma… non lasciare che recidano i fiori
di Selvaggia
Ho acceso la tv, come ogni sera, per stordire il silenzio e riempire vuoti di presenze che ghiacciano l’aria, per coprire la tristezza che schizzava fuori dal maglione, per ottundere i pensieri che la mente voleva vomitarmi addosso.
Gli occhi assenti a guardare il video che mandava immagini che non vedevo, mentre piano mi scivolavo dentro, oltrepassando la pelle, incrociando vecchie ferite mescolate alle nuove, quelle appena generate dal mondo, che sanno ancora di carne bruciata e ossa spezzate.
Ho abbassato il volume e ho accettato di attraversarmi ancora una volta, disseppellendo cadaveri di dolori mai realmente trapassati, incontrandomi di nuovo con l’amarezza generata dalle delusioni, cercando risposte ai miei secolari “perché”, ripercorrendo gli errori, le lacerazioni, gli sbandamenti, i traguardi raggiunti e quelli lasciati alle spalle, con la pretesa di voler comprendere anche e soprattutto quello che si sottrae ad ogni regola di logica e di giustizia.
Gli incontri con me stessa avvengono spesso, ciclicamente, mi scavano solchi nello stomaco e pioggia di lacrime, riproducendo il senso di desolazione e smarrimento propri della depressione, ma non li temo più di tanto, perché so che vanno via se non li osteggio e addirittura li faccio accomodare dentro me, trattandoli come vecchi compagni venuti a farmi visita…