di Roberto Minotti
L’interazione etica, questa dimensione purtroppo dimenticata negli ultimi decenni, in nome del progresso e del benessere economico, sarà l’elemento ispiratore della presente riflessione, nella quale cercheremo di interrogarci sui malesseri che affliggono la persona in quest’era globale, ormai sotto scacco.
L’etica, come sappiamo, è lo studio dei costumi e delle abitudini delle genti o, come affermava Aristotele nell’Etica Nicomachea, è la filosofia che si occupa del bene dell’uomo, ovvero la sua felicità. Eppure, l’uomo attuale, ponte tra due millenni, così ambizioso, così performante, così libero, non sa quasi nulla di felicità e appare mortalmente stanco e incapace di riconoscere le vere fonti per il suo benessere.
L’individuo postmoderno, come un albero malato, affonda le sue radici in un ground impalpabile, senza più sostanza, un terreno divenuto sterile per il diniego della relazione e per l’incapacità di pensare ad un reale spazio condiviso. La smania di indipendenza, alimentata dagli illusori modelli conformistici, delle politiche neoliberiste, hanno posto le condizioni per lo sgretolamento del tessuto sociale, esaltando l’autonomia dell’individuo a scapito della dimensione collettiva. Il XX secolo è stato la culla delle nuove tecnologie mediatiche, “ispirate” dalla comunicazione senza più frontiere, in cui l’individuo ha assistito, paradossalmente, al suo progressivo isolamento, un isolamento collettivo costantemente monitorato dai social network…
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