La nostra civiltà è giunta al capolinea?
Una straordinaria analisi di Francesco Lamendola
Non vogliamo certo ergerci a profeti e, pertanto, ci guardiamo bene dal profetizzare che stiamo vivendo i tempi dell’Apocalisse. Può darsi che non siano affatto gli ultimi tempi in assoluto, però siamo convinti che lo siano in senso relativo; che siano, letteralmente, gli ultimi tempi dell’Europa e della nostra civiltà, così come l’abbiamo conosciuta.
E così come l’abbiamo percepita quando eravamo bambini: una civiltà cristiana, ordinata, imperfetta ma ragionevolmente a misura d’uomo, dove il bene era ancora il bene (anche se non sempre veniva praticato) e il male era ancora male (anche se non sempre veniva evitato); dove il vero e il falso, il buono e il cattivo, il giusto e l’ingiusto, il bello e il brutto erano ancora delle coppie oppositive molto chiare, e non formavano la marmellata odierna dove tutti i contrasti si stemperano e si sciolgono, non perché subentri una forma di arricchimento reciproco, ma perché ogni cosa si appiattisce e si omologa sullo stampo dell’universo consumista, ormai imperante a trecentosessanta gradi.
Se gli uomini non commetteranno l‘irreparabile follia di dare la parola agli arsenali atomici, è possibile – anche se non molto probabile – che la storia non sia giunta al capolinea; ma è certo che al capolinea sta giungendo velocemente una civiltà, la nostra; e, con essa, stanno implodendo tutti i valori, tutte le certezze, tutte le cose per le quali pensavamo che fosse bello e giusto lavorare, e, se necessario, anche sacrificarsi.
Così, a spanne, ci sentiremmo di dire che la civiltà europea ha ancora qualche anno, forse perfino qualche decennio, da vivere ancora; più che da vivere, da agonizzare, sempre più miseramente, sempre meno dignitosamente: ma non di più. È molto difficile pensare che abbia ancora cinquanta o cento anni da vivere. Vivrà, ma non sarà più quella: non assomiglierà più in nulla a quella che abbiamo vissuto, che abbiamo amato e, qualche volta, disprezzato: ma anche quando l’abbiamo disprezzata, lo abbiamo fatto per troppo amore, perché l’avremmo voluta vedere più forte, più fiera di sé, più coerente, più combattiva.
Vivrà, ma sarà diventata una periferia mondiale ibrida e insignificante, nella quale si daranno battaglia le due forze che la stanno distruggendo: il fondamentalismo islamico e il progressismo massonico-radicale. Sarà una bella lotta: come quando due pesci abissali si scontrano nel buio e cercano di divorarsi l’un altro, spalancando a dismisura le loro formidabili fauci, dilatando i loro stomaci enormi.
Vivrà, ma senza più coscienza di se stessa e neppure del proprio passato. I suoi futuri abitanti prenderanno il posto degli Europei e ne erediteranno i tesori, ma senza saperli apprezzare, anzi, faranno a gara per distruggerli: i fanatici islamisti distruggeranno le cattedrali e i musei in nome del loro puritanesimo religioso, i massoni radicali li distruggeranno per fare posto alle nuove cattedrali della modernità, in nome del dio Denaro e delle divinità minori della pornografia, del narcisismo, del materialismo edonistico. Un lupo divorerà l’altro: chi vivrà, vedrà se sarà il fanatismo islamico a divorare il consumismo, o se sarà questo a divorare quello.
Noi, per adesso, possiamo fare ben poco, anzi, non possiamo fare nulla, se non parlare apertamente, come Cassandra o come Don Chisciotte, ed essere derisi, compatiti, insultati, perseguitati: destino che sempre è riservato agli annunciatori della verità in un mondo impazzito, che non vuole udirla, non vuole vederla, e che prende in odio quanti gli ricordano che essa, comunque, esiste: che piaccia o che non piaccia.
Papa Francesco, per esempio, all’indomani dello sgozzamento del parroco di Rouen, si è affrettato a dire che questa non è una guerra di religione: benissimo, la chiami come preferisce, allora; e così la chiamino tutti coloro i quali si sono precipitati a fare eco alle sue parole, il Presidente Mattarella in testa. Resta il fatto che nella guerra di religione ci siamo dentro, fino al collo; che ce l’hanno dichiarata, anche se non avremmo – e non abbiamo – la benché minima voglia di sostenerla; e che non abbiamo voglia di farla, e neppure di difenderci, perché siamo interamente assorbiti da cose ben più importanti, come l’affermazione dei diritti degli omosessuali e la celebrazione dei loro “matrimoni”: tanto per fare un esempio delle nostre attuali priorità.
Il lungo periodo di pace di cui l‘Europa ha goduto dopo il 1945 – divisa e asservita ai due blocchi contrapposti, atlantico e sovietico, il primo dei quali non aveva e non ha neppure il suo centro nevralgico in Europa – ha avuto l’effetto di creare l’illusione che la pace sia un dato definitivo e in qualche modo naturale; così che gli Europei, svirilizzati, debosciati, fiaccati moralmente e spiritualmente, si sono abituati a pensare che non ci sia bisogno di lottare per difendere ciò che si ama e ciò in cui si crede. Si sono dimenticati che una civiltà non può sopravvivere se vanno perdute le virtù militari; e che la perdita delle virtù militari implica la perdita delle virtù civili. Gli Europei non sono più nulla, perché i popoli cui appartengono non hanno saputo né fondersi in una entità superiore, né ritornare a credere e ad amare se stessi in quanto popoli, con tanto di confini che vanno difesi, e dunque con tanto di eserciti e di polizie per assicurare tale difesa.
È chiaro ormai a chiunque lo voglia vedere che è in atto un piano, pensato e voluto dall’alta finanza internazionale, mirante alla distruzione delle diverse identità e culture e alla creazione di una massa amorfa di cittadini-consumatori totalmente passivi e manovrabili. Nel contesto di tale piano, l’Europa deve essere definitivamente distrutta, perché rappresenta un ostacolo oggettivo sulla via della mondializzazione. Inoltre, dato che il nucleo forte della civiltà europea, ciò che l’ha resa grande e ciò che conferisce ai suoi membri una autentica consapevolezza di sé, è il cristianesimo, e precisamente il cattolicesimo, anche questo deve essere distrutto.
Distruzione che muove sia dall’esterno – servendosi della islamizzazione forzata, mediante la politica buonista dell’accoglienza di masse strabocchevoli d’immigrati africani e asiatici – sia, soprattutto, dall’interno, mediante una infiltrazione massonica, mirante a operare una silenziosa mutazione genetica del cattolicesimo, eliminando e sostituendo, cellula dopo cellula, il suo organismo, per sostituirlo con qualcosa di essenzialmente diverso: una religione gnostica e sincretistica, in cui l’identità cattolica finirà per sparire, e tutto questo verrà chiamato “progresso”, ”aggiornamento” e “ritorno allo spirito del Vangelo” (e dell’immancabile, onnipresente “spirito del Concilio”, quasi che gli altri concili, prima del Vaticano II, non siano mai esistiti) dai teologi “cattolici” e dagli stessi pastori della Chiesa.
Tutto questo, dicevamo, è chiaro, per chi lo voglia vedere; ma, lungi dal giustificare atteggiamenti di vittimismo, dovrebbe renderci ancora più consapevoli della necessità di una rivoluzione copernicana del nostro modo di pensare, di sentire, di essere, proprio per non farci risucchiare, omologare e stritolare da questo gigantesco meccanismo di appiattimento e distruzione della nostra identità, non solo di europei, non solo di cristiani (nel senso che un europeo, anche se ateo, non può non dirsi cristiano), ma proprio di esseri umani.
Di più: il disegno attualmente perseguito dalle grandi lobby finanziarie internazionali è, dal loro punto di vista, perfettamente logico e naturale: esse fanno il loro mestiere, perché tale è la loro prospettiva, tale la loro cultura, tali le cose in cui credono: il dominio, il denaro, il controllo dell’altro. Siamo noi che non stiamo facendo il nostro mestiere: perché se il mestiere dei ladri è quello di rubare, il mestiere dei falsari è quello di falsificare la moneta, e il mestiere degli assassini quello di uccidere, il nostro mestiere invece – di noi persone “normali”, cittadini europei e figli di una civiltà cristiana che ha duemila anni di storia alle spalle – non è, non dovrebbe essere, quello di lasciarci derubare, truffare, assassinare; di lasciarci spogliare di quanto di meglio abbiano costruito, materialmente e spiritualmente; di lasciarci strappare la nostra identità, la nostra ragion d’essere, la nostra anima.
È logico che il Diavolo si sforzi di trascinare gli uomini al male; sono gli uomini che dovrebbero stare in guardia contro le sue insidie e le sue lusinghe; e quali siano le sue lusinghe preferite, lo si sa benissimo: la vanità innanzitutto; poi il denaro, il potere, la lussuria. Invece gli uomini non stanno affatto in guardia, sia perché non credono più nell’esistenza del Diavolo, sia perché hanno deciso di relativizzare tutti i valori, e negano il bene e il male come principi oggettivi; e la cosa più triste, e anche più vergognosa, è che in questo relativismo etico e in questo indifferentismo religioso sono caduti, come pere mature, un gran numero di teologi, vescovi e sacerdoti; ci sono fondate ragioni per credere che ci sia caduto anche il papa.
Così, gli Europei della presente generazione sono rimasti come un gregge senza più pastori: inermi e ciechi davanti al pericolo, vittime predestinate docili e consenzienti. Perciò, ciascuno fa il suo mestiere, tranne noi: gli islamici, nel perseguire il disegno di conquista dell’Europa; i finanzieri massoni, in quello di asservire l’Europa e il mondo; solo gli Europei non stanno facendo il loro: quello di difendersi e di lottare per conservare la propria identità e la propria essenza spirituale. Perché il problema è proprio questo: per voler difendere la propria essenza spirituale, bisogna averne una; e molti Europei, a questo punto, probabilmente l’hanno persa. Non sono più niente, non sono più nessuno: massa amorfa, disponibile per qualunque forma di condizionamento e per qualsiasi manipolazione.
A questo estremo livello di degradazione, gli Europei sono scesi a poco a poco, un gradino dopo l‘altro, ma con estrema determinazione: chiamandolo, anzi, un progresso, una conquista. La causa principale di ciò è stata il ripudio del cristianesimo e l’adesione alle pseudo religioni partorite dall’illuminismo: la ragione libera e spregiudicata, il progresso, la scienza, e poi le religioni secolarizzate del liberalismo, della democrazia moderna, del socialismo, del marxismo, del fascismo, del nazismo, infine del radicalismo gnostico-massonico: l’ultima, questa, che riassume e compendia tutte le altre, dopo che esse hanno miseramente fallito, una dopo l’altra, messe alla prova dei fatti.
L’onesto e laborioso cittadino europeo d’un tempo, sostenuto dall’etica del risparmio e della famiglia e dalla fede cristiana, si è trasformato in un babbeo presuntuoso e saccente, in un piccolo narciso bramoso soltanto di piaceri e sempre pronto ad invocare diritti; che non ama più niente e nessuno tranne se stesso, che non vuole aver figli – se non per rivalsa, in quanto non ha più l’età biologica o in quanto omosessuale militante e gonfio di “pride”, di orgoglio; in un minuscolo tiranno che vorrebbe imporre le proprie idee, senza rendersi conto di non avere idee, perché quelle che ha, le ha ricevute belle pronte, oppure sono solo il rovesciamento e lo stravolgimento blasfemo di quelle che gli sono state trasmesse dai genitori e dai nonni.
Il risultato è che in Europa tutti si credono esperti di qualsiasi cosa e tutti vorrebbero comandare, nessuno è disposto a riconoscere la propria incompetenza, nessuno è disposto a obbedire: si è instaurata, come temeva un acuto osservatore quale Tocqueville, la peggiore delle dittature, quella della massa, che peraltro, è una dittatura solo apparente: la massa va, infatti, dove vogliono le élites mondialiste, balla al suono del pifferaio magico e corre verso il precipizio, con il cuore contento e col riso sulle labbra.
A questo punto, la domanda è la seguente: esistono ancora margini di recupero in una situazione già tanto compromessa? Esiste ancora una sia pur remota possibilità di scongiurare la catastrofe che incombe sulla nostra civiltà, sui nostri popoli, sul futuro dei nostri figli? Bisogna essere lucidi e onesti e avere il coraggio di dire: molto probabilmente, no; molto probabilmente, è troppo tardi per fare qualsiasi cosa; e, del resto, non si nota nemmeno un diffuso soprassalto delle coscienze, un significativo risveglio di consapevolezza, per cui tutto lascia credere che l’Europa, per opera dei suoi finanzieri, industriali, dei suoi politici e dei suoi intellettuali, continuerà a discendere lungo la china, sempre più in basso.
Continuerà a preoccuparsi di mandare in galera i medici che non vogliono prestare la loro opera all’aborto volontario, e i giornalisti o gli scrittori che avranno recato offesa alle lobby omosessuali, per aver criticato il matrimonio omosessuale, le adozioni da parte delle coppie omosessuali e la pratica dell’utero in affitto. Questa, l’analisi in termini puramente umani: la civiltà europea è giunta al capolinea; e l’Europa, in quanto tale, è finita.
In termini cristiani, le cose stanno diversamente. Ciò che è impossibile all’uomo, è sempre possibile a Dio. Per il cristiano, la civiltà che ha accolto la parola di Gesù, e che da quasi duemila anni si è diffusa nel mondo, trovando in Europa il suo centro unificatore ed il suo serbatoio di energie spirituali, non è stata una costruzione puramente umana. Mentre le civiltà degli Egizi, degli Assiri, dei Maya, degli Aztechi, hanno avuto un inizio e una fine, e sono scomparse nell’oblio, la civiltà cristiana, che ha avuto e ha tuttora in Europa il suo centro nevralgico, già più d’una volta è stata sorretta, aiutata, salvata dalla mano provvidenziale di Dio.
Da quando il Vangelo di Gesù Cristo si è diffuso nell’area dell’antico Mediterraneo, e poi ha messo salde radici in Europa, la civiltà che da essa è germogliata – la civiltà cristiana – ha un compito non solo storico, ma anche soprannaturale da svolgere. Permettere che essa vada completamente in rovina, sarebbe come vanificare il mistero dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù. Non è possibile che ciò accada. Gesù stesso ha raccomandato ai suoi discepoli di aver fede, pregare sempre e confidare in Lui; e li ha rassicurati sul fatto che nessuna forza potrà mai prevalere sulla Chiesa da Lui fondata. Perciò, forse il Diavolo non ha fatto bene i suoi conti: e può darsi che non sia detta l’ultima parola…
Articolo di Francesco Lamendola
Fonte: http://www.ilcorrieredelleregioni.it/
Ribuongiorno, scusate Mauro e Beatrice, tempo fa avete scritto un post riguardo i social, per intenderci ora lo proponete in alto a sx, condivido ciò che scrivete nella prima parte….
Non riesco a comprendere invece le 2 righe successive dove scrivete che non ci accorgiamo dei post che non vediamo nella nostra Home. Per cortesia mi spiegate?
È semplicemente un gioco di parole per descrivere la censura: le persone vengono tenute all’oscuro di certe realtà, ciò che non devono vedere, non lo vedono! Una tecnica facile, vecchia come il mondo. Il risultato è un’umanità che non può neanche immaginare in quale commedia stia vivendo. Negli anni abbiamo visto scomparire dal web tante idee, tanti siti, tanti studiosi. Noi siamo minacciati continuamente di chiusure varie, questo perché è il potere che gestisce l’informazione, e l’informazione contro il potere viene ostacolata, tutto qui. Recentemente abbiamo subito un grave danno dal potere, un danno economico, mirato…. un giorno scriviamo un articolo per descrivere la nostra storia, una storia di continua censura appunto…
Ciao Patrizia, grazie!!!
certo, tutto chiaro…
Vuol dire che siete nel giusto.
Vi ammiro, non mollate.