Non vogliamo certo ergerci a profeti e, pertanto, ci guardiamo bene dal profetizzare che stiamo vivendo i tempi dell’Apocalisse. Può darsi che non siano affatto gli ultimi tempi in assoluto, però siamo convinti che lo siano in senso relativo; che siano, letteralmente, gli ultimi tempi dell’Europa e della nostra civiltà, così come l’abbiamo conosciuta. E così come l’abbiamo percepita quando eravamo bambini: una civiltà cristiana, ordinata, imperfetta ma ragionevolmente a misura d’uomo, dove il bene era ancora il bene (anche se non sempre veniva praticato) e il male era ancora male (anche se non sempre veniva evitato); dove il vero e il falso, il buono e il cattivo, il giusto e l’ingiusto, il bello e il brutto erano ancora delle coppie oppositive molto chiare, e non formavano la marmellata odierna dove tutti i contrasti si stemperano e si sciolgono, non perché subentri una forma di arricchimento reciproco, ma perché ogni cosa si appiattisce e si omologa sullo stampo dell’universo consumista, ormai imperante a trecentosessanta gradi.